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Coronavirus: primo italiano contagiato. Settanta persone in quarantena

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Primo contagio accertato in Lombardia da coronavirus. Si tratta di un 38enne italiano, originario di Castiglione d’Adda e dipendente dell’Unilever di Casalpusterlengo, risultato positivo al test del covid-19 e attualmente ricoverato in Terapia intensiva all’ospedale di Codogno in provincia di Lodi.

Primo contagio a Lodi

A comunicarlo nella notte l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. Il paziente poi è stato trasferito all’ospedale Sacco di Milano, considerando che le sue condizioni si sono aggravate. In isolamento al Sacco anche la moglie. L’uomo ha riferito di aver cenato con un amico rientrato a gennaio dalla Cina, un manager che lavora a Fiorenzuola d’Arda e che trascorre la maggior parte dell’anno in Cina. Per lui, l’ipotetico paziente zero, solo una lieve febbre verso metà febbraio ma si è deciso comunque l’isolamento in ospedale.

Abbiamo già ricostruito sia i contatti dei medici, degli infermieri, dei familiari più stretti a cui abbiamo già fatto i tamponi. Sono già stati messi tutti in isolamento o chiamati a stare in isolamento al loro domicilio.

Così l’assessore lombardo precisando che si tratterebbe di una settantina di persone poste sotto controllo. Il virologo Roberto Burioni dalla sua pagina Facebook afferma:

“Le ultime notizie mi portano a ripetere per l’ennesima volta l’unica cosa importante: chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni. Spero che i politici lo capiscano perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili”.

Nei giorni scorsi si era sollevata una polemica proprio tra Burioni e la Regione Toscana, in vista del rientro dalla Cina di 2.500 cittadini orientali che abitano nell’area di Firenze e Prato. Il governatore Enrico Rossi ha deciso di non sottoporre tali persone alla quarantena, scelta criticata proprio da Burioni.

“Non riesco a capire per quale motivo la Regione Toscana si intestardisca ad affermare che la quarantena non è necessaria. Sarebbe un minimo sacrificio per i 2.500 cittadini che porterebbe però una grandissima sicurezza per tutti gli altri. Nessuno pretende che vengano rinchiusi in un carcere: basterebbe chiedergli di rimanere a casa per due settimane. La stessa cosa che molte multinazionali chiedono ai loro dipendenti che tornano dalla Cina”.