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Con il governo tecnico risparmiatore sacrificato in nome delle banche

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Roma – Di trasparenza e costi dei servizi bancari non si parla più. La crisi finanziaria ha cambiato le priorità: oggi il risparmiatore viene sacrificato sull’altare della stabilità. Le banche continuano vendere alla clientela, a tassi inferiori a quelli di mercato, obbligazioni proprie con liquidità limitata; spesso «strutturate », cioè contenenti uno strumento derivato che il risparmiatore non sa come valutare. Complessità e opacità mascherano costi esorbitanti che rendono inadeguati i rendimenti (che le banche stesse ammettono nei fogli informativi).

Ci sono poi gli strumenti ibridi, dalla rischiosità elevata, collocati come semplici obbligazioni: i subordinati (ricomprati con profitto dalle banche dopo che il loro valore è crollato); o le convertibili, con clausole variate a favore della banca; o il famoso convertendo della Bpm: di fatto un contratto forward su azioni della banca.

L’oscar va a Casaforte di Mps: una cartolarizzazione degli affitti degli sportelli della banca (acquistati coi soldi della banca) e finanziato con un bond emesso da un veicolo ad hoc, e interamente collocato presso i clienti di Mps. Ci sono le polizze assicurative, di fatto normali strumenti finanziari, ma con commissioni esorbitanti (i «caricamenti» che arrivano facilmente al 7%).

L’industria del risparmio gestito rimane essenzialmente bancaria, captive e costosa; così non si sono sviluppati fondi-indice a costi risibili, in concorrenza agli Etf. C’è poi la discriminazione di prezzo: lo stesso servizio o strumento della stessa banca offerto a prezzi diversi a clienti diversi.

E “fogli informativi” sterminati per il costo dei servizi bancari (ho contato fino a 32 pagine!), che vengono contabilizzati singolarmente nei rendiconti dei clienti, senza che venga mai comunicata la somma totale pagata nell’anno. Rendendo difficili i confronti. La scarsa trasparenza è frutto della struttura assunta dal nostro sistema finanziario. Il processo di aggregazione ha trasformato le banche in grandi reti commerciali con una presenza
capillare sul territorio: banche-supermercato che necessitano di un volume crescente di commissioni, generate dalla vendita di prodotti agli sportelli. Venti anni fa, le commissioni rappresentavano il 30% del margine di interesse, al netto delle sofferenze; oggi supera il 100%.

Le banche dipendono quindi dalla capacità di estrarre commissioni, da un bacino di risparmio che la crisi sta erodendo. Una situazione aggravata da una pessima scelta di tempo: la svolta commerciale è avvenuta poco prima che internet rendesse obsoleta la distribuzione fisica dei servizi finanziari. Circa 60% delle transazioni avviene online; così si chiudono sportelli pagati a peso d’oro pochi anni fa.

La regolamentazione ha poi aumentato il costo del capitale per i prestiti, rendendo gli interessi un ricavo meno attraente. Inoltre le banche hanno acquisito il quasi monopolio dell’intermediazione dei flussi finanziari in Italia: Parmalat e Cirio hanno distrutto il mercato dei corporate bond; la crisi del 2008, quello delle cartolarizzazioni; per capitalizzazione e società quotate, la Borsa è tornata indietro di 25 anni e non è mai diventata un vero mercato della proprietà e del controllo; e i capitali stranieri sono tenuti fuori, con il pretesto dell’interesse nazionale.

L’intero onere di finanziare il sistema ricade pertanto sulle banche. I depositi non bastano più. Le obbligazioni sono diventate la prima fonte di finanziamento. Ma con la crisi dell’euro, si è inaridito il canale istituzionale ed estero per le banche italiane, che devono pertanto ricorrere sempre di più ai soliti clienti per collocare i bond, e a tassi inferiori al mercato.

Mors tua (risparmiatore), vita mea (banca). In nome della stabilità. Inutile poi invocare più concorrenza e regolamentazione, se non si ha il coraggio di invertire l’evoluzione del sistema finanziario, in direzione di una disintermediazione delle banche, una maggiore permeabilità ai capitali stranieri, e la costruzione di un mercato efficiente dei capitali.

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