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COMPRO INVENZIONI E LE RIVENDO

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(WSI) – Lo «gnomo» colleziona dinosauri e vecchie macchine da scrivere, fotografa panorami e commercia in invenzioni. Alcuni dicono ne abbia comprate già cinquemila. Di certo il suo gruppo, «Intellectual Ventures», presenta ogni anno all’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti circa 300 nuove richieste di protezione della proprietà intellettuale. Molto altro di Nathan Myhrvold, e dei circa 300 milioni di dollari del suo fondo d’investimento, non si sa: indizi quali fabbriche o capannoni mancano, lui tratta solo in idee, ma le tiene segrete.

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«La proprietà intellettuale è il software del futuro – assicura con una certa frenesia -. E noi siamo il secondo più grande produttore del sistema universitario californiano». Questo primato contribuisce a fare di Myhrvold, fisico quantico, ex capo delle tecnologie di Microsoft, multimilionario con Bill Gates prima del quarantesimo anno d’età, quello che i detrattori definiscono per l’appunto uno «gnomo». Un parassita delle idee. Dal software alle nanotecnologie, dalle scienze della vita ai semiconduttori, Myhrvold in effetti compra invenzioni, le finanzia, le rivende, fa causa alle grandi imprese che le usano senza averne licenza e cerca così di ottenere compensazioni milionarie. Perché c’è chi punta i suoi soldi sull’acciaio di General Electric o sulle merci di Wal-Mart; il suo fondo invece invece paga gli investitori con il valore dell’ingegno. O, almeno, lo promette.

«Ma sì, mi va bene che mi chiamino gnomo – afferma il 47enne Myhrvold in un’intervista sul sito web della sua compagnia -. Ho la pelle dura, sono abituato agli insulti bassi e sporchi: alla lunga paga». Il riferimento è ovviamente alla precedente esperienza di Myhrvold nel dominio dell’immateriale. Ai suoi esordi con Gates, molti erano scettici sulla scommessa di un’impresa che prometteva di vendere un bene inafferrabile come un programma elettronico, separato dalla macchina-computer. Ora «Intellectual Ventures», il fondo che Myhrvold ha creato con l’ex collega di Microsoft Edward Jung, muove un passo più in là nel cosiddetto dominio dell’«etereo».

La sua azienda (fondata nel 2003) è un fondo d’investimento non quotato in Borsa, si presenta come una «compagnia di invenzioni» e mira a sviluppare un «portafoglio di brevetti», come altri lo fanno con le azioni di Wall Street. E sarà per questo, ma la trasparenza non è certo il suo forte. Non ha risposto alle ripetute richieste di informazioni. Nessuno in realtà sa bene quanto guadagni e come funzionerà alla lunga il suo modello di business. Di sicuro campioni tecnologici come la stessa Microsoft, Intel, Sony, Nokia, Apple, eBay non hanno smentito indicazioni di fonti vicine a Myhrold stesso che li annoverano fra i suoi investitori. I critici, che a Silicon Valley abbondano, sostengono che i grandi gruppi stanno partecipando al progetto di «Intellectual Ventures» per mettersi al riparo dai ricorsi legali dello «gnomo» sui diritti di sfruttamento delle loro stesse tecnologie.

Ma Myrhvold non cavalca solo le invenzioni altrui. Collabora con circa 50 università e ha creato una sua scuderia di 22 scienziati di punta in tutte le discipline: fra loro Robert Langer del Mit di Boston (uno dei primi 25 al mondo nelle biotecnologie, secondo Forbes ), Edward Harlow della Harvard Medical School e Leroy Hood dell’Institute for Systems Biology di Seattle. A scadenze regolari, la squadra si riunisce in «sessioni inventive» multidisciplinari per dare il via a progetti brevettabili. Lì un chirurgo del cervello può parlare agli ingegneri dei problemi con i suoi strumenti e insieme provano a sviluppare nuovi macchinari. Vero che, per il momento, «Intellectual Ventures» ha ottenuto un unico brevetto in proprio, concesso a dicembre scorso per un metodo per catturare immagini attraverso una serie di microlenti.

Eppure almeno i toni sono quelli dei visionari dell’innovazione. «Pensiamo liberi come in cielo», dice Langer del Mit. «Oggi le grandi imprese non osano più fare ricerca fuori dagli schemi – rincara Myhrvold -. Noi lo facciamo e i nostri scienziati invece non hanno venduto il loro cervello». Nell’attesa che, anche così, prima o poi il loro portafoglio immateriale diventi tangibile come carta moneta.

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