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CHI INVESTE NELLE BORSE VINCE

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(WSI) –
Escludendo la Borsa di Shangai
(+55% da inizio 2007 e quasi
triplicata negli ultimi due
anni), che in settimana ha avuto
l’onore delle cronache per
le dichiarazioni di Alan Greenspan,
ex presidente della
FED, su una sua inevitabile futura
«drammatica correzione
», non si sentono, di questi
tempi, particolari allarmi di
prossimi frenate sulle maggiori
piazze internazionali emergenti.

Eppure gli indici che la
Dow Jones confeziona per
Tuttosoldi, e che usiamo
quando vogliamo confrontare
i risultati dei money manager
dei fondi comuni italiani con i
benchmark sui quali operano,
indicano questa settimana
che da almeno tre anni a questa
parte tutte le Borse, le
emergenti ma anche quelle
americane ed europee, sono
state assai generose nell’offrire nell’offrire
performance. E a 5 e a 10
anni, per la prima volta da
tempo, i ritorni annui medi sono
tutti positivi dopo che anche
il Dow Jones Industrial
Average delle 30 blue chips
Usa denominato in euro è passato
dal -0,34% medio annualizzato
negli ultimi 5 anni rilevato
a metà maggio al +0,52%
del 22 maggio.

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I sottoscrittori di fondi comuni
italiani che hanno in portafoglio
fondi che si sono piazzati
sotto la media delle performance
delle categorie pubblicate
nella tabella di questa
pagina, in altre parole, possono
essere esposti al rischio di
qualche frenata senza aver
neppure beneficiato per intero
del trend positivo che, oggettivamente,
vari mercati
hanno sperimentato. Il Dow
Jones Wilshire Latin America
Index, il più brillante dei 2
indici internazionali dei mercati
emergenti che abbiamo
considerato nella presente
analisi, ha dato il 66,38% a un
anno, il 55,22% annuo sui tre
ultimi anni e il 43% annuo sui
5 anni, seguito dal Dow Jones
Wilshire Emerging Markets
Index con il 50,29%, il 45,04%
e il 35,02% rispettivamente.

Questi indici sono tutti denominati
in dollari, per cui il paragone
con i risultati della categoria
dei fondi italiani deve
tener conto della svalutazione
rispetto all’euro. Essa è stata
di circa il 6% nell’ultimo anno,
come si evince dalla differenza
tra il risultato del Dow Jones
Industrial Average in dollari
(+24,56%) e del Dow Jones
Industrial Average in euro
(+18,56%). Anche tenendo
conto del taglio dovuto alla valuta,
il +24,82% della media
dei fondi italiani azionari nei
Paesi Emergenti (la più alta di
tutte le 20 categorie maggiori)
è poco più della metà del
50,29% dell’indice citato.

E se
si prende il migliore di tutti,
Pioneer Investment Azioni
America Latina, si nota che
con +41,51% non solo è più basso
dell’indice generale degli
Emergenti, ma significativamente
inferiore del suo benchmark
specifico, l’indice Dow
Jones Wilshire Latin America
che ha reso il 66,38%: “depurata”
del 6% valutario, la performance
dell’indice supera quindi
il migliore dei fondi catalogati
tra quelli dei Paesi emergenti
di circa 20 punti percentuali,
anche se è l’unico specializzato
in azioni dell’America latina.
Il Dow Jones Wilshire Asia/
Pacific Index ha reso il 16,79%,
il 21,65% annuo su 3 anni e il
15,64% annuo su 5 anni, mentre
il Dow Jones Asia/Pacific Index
il 14,07%, il 20,47% e il
15,21%: sono i due indici, anch’
essi denominati in dollari, che
possono servire per il raffronto
con i risultati della categoria
dei fondi azionari Pacifico.

Dopo
aver tolto il 6% di perdita valutaria,
i due benchmark risultano
entrambi superiori della
media della categoria, che è stata
pari al 7,91%. In questo caso,
il migliore, Bipitalia Hend.
Oriente con +27,73%, ed altri 11
fondi della famiglia hanno però
almeno dato più dell’8%, mentre
21 sono finiti sotto i benchmark
e sotto la media, e 8 di
questi 21 hanno segnato una
performance addirittura negativa:
quelli specializzati sulla
Borsa giapponese.

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