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Caccia agli evasori fiscali, spesso una causa persa

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Roma – Sulla carta la macchina informatica messa in piedi per far venire alla luce gli evasori fiscali è assolutamente impressionante. All’Agenzia delle Entrate, si ostenta una certa sicurezza sull’efficacia del sistema incentrato sui cosiddetti controlli sintetici. Ma diversi esperti sono scettici: nonostante tutto, spiegano, chi modo per evadere il Fisco lo si trova. Oppure, si può scommettere sullo scarso rischio statistico di subire un controllo.

Tanti evasori, tantissimi contribuenti su cui vigilare, ma i controlli che annualmente l’amministrazione tributaria riesce poi ad effettuare veramente sono sempre relativamente pochi.

È vero che le possibilità di affinare gli accertamenti offerte dal nuovo sistema che collega tante banche dati sono notevolissime. Di un contribuente si possono conoscere tutti i dati fiscali e previdenziali; se possiede una automobile, un natante, un aereo o un elicottero; i movimenti di tutte le sue utenze telefoniche ed energetiche; la sua situazione assicurativa; se ha immobili o terreni; i movimenti finanziari; infine, attraverso lo «spesometro» si può sapere se ha effettuato pagamenti per importi superiori a 3.600 euro.

È sempre possibile intestare un bene mobile o immobile alla classica società di comodo; ma se si vuole evitare un accertamento automatico è necessario che questa società dichiari redditi per un valore minimo.

Si può sempre intestare qualcosa a una società effettivamente attiva, facendo finta che si tratti di un bene strumentale necessario al lavoro; ma ormai la convenienza è ridottissima, visto che per un auto si può dedurre su quattro anni il 40% del valore, con un tetto di soli 18.000 euro.

C’è sempre il vecchio sistema del prestanome, ovvero un anziano nullatenente che diventa fittiziamente proprietario di una villa o di una barca. Ma in questo modo, seguendo la traccia della villa e della barca, il faro dell’accertamento sintetico si sposterà inevitabilmente dall’evasore al prestanome.

Insomma, il sistema sembra a prova di bomba. Tanto più che nel giro di pochi mesi l’arsenale informatico dei vigilantes del Fisco si arricchirà di una sorta di «arma fine di mondo»: i dettagli dei movimenti bancari di ogni contribuente italiano con tanto di dare ed avere. Dati che, intrecciati con tutti gli altri, permetteranno di elaborare liste di potenziali evasori su cui condurre accertamenti di una precisione e sofisticatezza davvero impressionante.

Il guaio, spiegano gli addetti ai lavori, è che l’escalation tecnologica del Fisco sicuramente vedrà una escalation creativa altrettanto importante degli evasori. La strada maestra, intanto, è quella delle operazioni all’estero. Non tutti si possono permettere di disporre di una società collocata in un paese «paradiso fiscale», ma certamente questo renderà molto complicato il lavoro degli uomini del Fisco.

Oppure, come nel caso dei natanti – e lo si è visto dopo il varo della «tassa sul lusso» del governo Monti – è sufficiente collocarli in un paese straniero, come la Croazia o Malta. Altro trucco molto utilizzato per le automobili, è l’acquisto di un veicolo in un paese estero: si compra oltre frontiera, e si utilizza la vettura in Italia.

In realtà ci sarebbe una legge che imporrebbe l’obbligo di immatricolazione di un’auto acquistata all’estero nel registro nazionale entro sei mesi: ma è una norma che come altre non viene di fatto applicata.

E infine, ci sono milioni di contribuenti da controllare, ma ogni anno i controlli effettivi sono solo 250mila. E se tutto questo non basta, qualcuno può pensare che il gioco dell’evasione valga comunque la candela: se si verrà nonostante tutto beccati, basterà pagare l’imposta dovuta più una sanzione modesta, il 16%. Per troppi è un affare davvero conveniente.

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