Società

C’E’ UN NUOVO SINDACATO, SI CHIAMA CORRIERE

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In materia di ricchezza e povertà, l’informazione italiana dimentica sempre due massime che per me sono auree. La prima è di Margaret Thatcher, la seconda di Winston Churchill. Mi è tornato in mente ieri, leggendo il Corriere e la Stampa, due grandi testate “borghesi”, si sarebbe detto un tempo.

Che cosa diceva la Baronessa di Ferro? Che l’accumulazione della ricchezza è un processo eticamente neutro. E vero che la ricchezza comporta tentazioni. Ma altrettanto fa la povertà, concludeva colei che ha rimesso in piedi la Gran Bretagna. E Churchill? Lui diceva che il vizio del capitalismo è la divisione ineguale di talenti e ricchezze. Ma la caratteristica per antonomasia del socialismo è l’eguale divisione della miseria. Mi si obietterà che naturalmente siamo in Italia, e che quelle taglienti verità non sono mai state condivise se non da sparute minoranze.

Mi è tornato in mente ieri, a proposito di due editoriali del Corriere della sera e della Stampa. Evidentemente concepiti a supporto del fatto che ieri si teneva per la campagna elettorale la conferenza operaia del Pd, a Brescia, con intervento di Walter Veltroni che per l’occasione incontrava i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Il leader del Pd ha annunciato come pronto il disegno di legge da adottare nel primo Consiglio dei ministri dopo l’eventuale sua vittoria, per l’introdu zione del cosiddetto «compenso minimo legale». Su LiberoMercato abbiamo già dedicato due pagine a spiegare come tale proposta sia confusa e pericolosa.

Non risponde a nessuno dei profili noti nella letteratura e nella prassi concreta dei diversi regimi di Welfare: non è il salario minimo orario, non è il reddito minimo garantito, non è la Negative Income Tax proposta nel 1962 da Milton Friedman, non è il credito d’imposta sul reddito ai bassi salari che vige negli Usa a livello federale dal 1975. È un pasticcio di cavallo e allodola – direbbe Eugenio Scalfari con un’immagine a lui cara – che si presta a distorcere domanda e offerta di lavoro, e a ulteriori distorsioni sul fronte delle ore lavorate.

LA SBANDATA DEL CORRIERE

Ma lasciamo perdere, non siamo qui a parlare di Veltroni, bensì di come la “grande” informazione copra questi temi. Ieri era l’ottimo Dario Di Vico, a vergare sul Corriere il fondo nel quale veniva presentata una buona tesi, ma con argomenti a mio modesto giudizio assai singolari. La tesi è che la Triplice sindacale ha perso per l’ennesima volta l’occasione di avanzare una proposta seria in materia di propria rappresentanza e modelli contrattuali. Verissimo. Gli argomenti singolari: la Cisl che cercherebbe di giocare di sponda con un nuovo governo di centrodestra contro la Cgil, il fatto che nel frattempo ci si continua a iscrivere al sindacato ma «cresce nel frattempo il consenso verso i partiti moderati», vuoi perché questi hanno una maggiore sensibilità per il Nord – anche se non lo scrive così, Di Vico, parla di «cultura del territorio» per non urtare le sensibilità del Pd – «vuoi per i riflessi di un populismo fai-da-te che accomuna destra protezionista e sinistra radicale».

Così, Di Vico e il Corriere. I fatti come li vediamo noi, invece. Accusare la Cisl di Bonanni di voler scavalcare la Cgil è affermare l’esatto opposto della linea che ha portato il leader della Cisl a succedere a Savino Pezzotta: io lo considero quasi un torto, ma il leader della Cisl lo ascrive a primo suo merito, quello di estenuarsi in mediazioni infinite pur di non perdersi per strada la Cgil e l’unità sindacale, ed è per questo che sulla riforma dei modelli contrattuali non c’è stato uno straccio di passo avanti concreto. Bonanni non lo firma, un patto per l’Italia senza la Cgil, e accusarlo del contrario sarebbe più adatto e comprensibile sulle colonne di Liberazione.

Quanto poi al fatto che tra i salariati a basso reddito i consensi al centrodestra siano maggioritari che alla sinistra – D’Alema lo ha riconosciuto da Napoli, addirittura con una punta di civettuola accusa alla loro bassa scolarizzazione e al loro basso consumo di libri e giornali – scrivere che ciò dipenda dal populismo faida-te è una legittima opinione politica che schiera chi la scrive e il giornale per il Pd, ma non risponde affatto a tonnellate di studi sui comportamenti elettorali, che dal 1994 hanno messo a fuoco questa come una delle caratteristiche della “presa” berlusconiana.


ERA LA STAMPA, BELLEZZA


Sulla Stampa, poi, un documentatissimo editoriale firmato da Francesco Ramella, fine studioso. Sul fatto che la diseguaglianza dei redditi tra gli italiani sia maggiore che nei paesi di “capitalismo regolato”. Qui il discorso sarebbe lungo e tecnico. Ma il problema non è tecnico. Il problema è la conclusione che se ne trae sul quotidiano della Fiat. La sinistra pensi di più alla redistribuzione. Quando, per noi, dovrebbe occuparsi invece assai di più di liberare le energie della crescita, rinunciando al suo statalismo e alla sua cultura fatta di prelievi fiscali e contributivi sempre al rialzo.

Corriere e Stampa fanno benissimo il loro mestiere, e la mia è solo libera critica e non certo scandalizzata censura. Solo che il loro mestiere, negli anni, è cambiato. La stragrande maggioranza dei colleghi ha oggi la testa a sinistra. Liberi di pettinarsi così. Ma basta dirlo, e saperlo.

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