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Brexit, UK in ginocchio per mancanza di benzina. Londra fa passo indietro sui visti

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Brexit e pandemia, un connubio che sta mandato in tilt la ripresa del Regno Unito, alle prese con una mancanza di manodopera senza precedenti che ha portato anche alla penuria di benzina ai distributori di carburante.

Brexit, adesso manca anche la benzina

Sono degli ultimi giorni le immagini di code di macchine, che fanno scorta di benzina e pompe di servizio chiuse. La causa è la carenza di carburante. A mancare però non è la benzina di per sé, bensì gli autisti dei camion che dovrebbero portare il carburante alle stazioni di servizio. Sembrerebbe infatti che circa 25.000 conducenti di autocarri dall’Unione Europea partiti nel 2020 non siano mai tornati in Gran Bretagna, mentre 40 mila autisti sono in attesa del test per poter guidare gli automezzi pesanti.

Il Paese sta facendo i conti con l’amara evidenza che la Gran Bretagna ha bisogno degli immigrati europei, a dispetto della Brexit che ha chiuso le frontiere. Una situazione talmente critica da spingere il governo britannico a fare una parziale retromarcia sugli accordi post-Brexit e ha concedere fino a 10.500 visti di lavoro temporanei di cui 5mila ai conducenti di veicoli pesanti per il trasporto di carburante e generi alimentari e 5.500 al personale nel settore dell’allevamento di pollame.

La decisione è emersa durante il fine settimana dopo una riunione di emergenza a Downing Street, dove il gabinetto Johnson ha dovuto fronteggiare la crisi che sta travolgendo il Paese. A partire da quella appunto dei camionisti, si parla di una carenza di 100 mila personale.

I visti temporanei varranno per tre mesi, da ottobre fino alla vigilia di Natale, per garantire la distribuzione di beni e servizi nei mesi in cui la fornitura di approvvigionamenti ai consumatori è particolarmente sotto pressione. Il Natale dei britannici dunque si salva, ma cosa accadrà dopo, non è ancora possibile dato sapere.

Coldiretti: a rischio 3,6 mld di export Made in Italy

Prima dell’emergenza benzina, è stato il settore alimentare a subire gli effetti della mancanza di manodopera. Brexit e Covid stanno creando nel Paese la peggiore carenza di cibo dalla seconda guerra mondiale.

Una situazione che potrebbe dare un duro colpo alle esportazioni del made in Italy: le difficoltà nelle consegne mettono in pericolo 3,6 miliardi di valore annuale delle esportazioni agroalimentari.  La denuncia arriva da Coldiretti, secondo cui  nel 2021 per la prima volta da almeno un decennio risultano in calo (-2%).

La Gran Bretagna – sottolinea la Coldiretti – si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono – continua la Coldiretti – i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano.

Nel primo semestre del 2021 le esportazioni agroalimentari Made in italy in Gran Bretagna sono calate in netta controtendenza -sottolinea Coldiretti – all’aumento del 12% che si è registrato in valore sul mercato mondiale secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat.

A pesare è stato – precisa la Coldiretti – il calo delle spedizioni dall’Italia di pasta (-27%) salsa di pomodoro (-14%), di formaggi (-6%) e vini e spumanti (-2%), in netta controtendenza a quanto avviene nel resto del mondo.