Economia

Brexit: no deal guasterebbe la festa alle banche centrali

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Mentre manca meno di un mese alla Brexit e si fa strada l’ipotesi di un no deal, le banche centrali si trovano di fronte il peggiore degli incubi, ovvero quello di una nuova fase di incertezza economica. Incertezza, che rischia di far saltare i piani di normalizzazione del costo del denaro, su cui erano finora impegnati.

È quanto sottolinea il ricercatore George Pickering in un articolo pubblicato  sul sito del Mises Institute. in cui mette in evidenza, che restando in Gran Bretagna “i responsabili delle politiche monetarie della Banca d’Inghilterra hanno indicato che in caso no-deal,  si verificherebbe un’inversione dell’attuale normalizzazione dei tassi di interesse”.

Stessa storia per Federal Reserve che, grazie alla ripresa relativamente forte dell’economia statunitense, negli ultimi due anni, è stata in grado di alzare più velocemente i tassi di di interesse rispetto ad altri paesi. Il tasso sui Fed Funds ora si attesta al 2,5%, in rialzo rispetto allo zero del periodo 2008-2015. Ma ora la musica è cambiata. Il governatore Jerome Powell ha affermato più volte intendere che la Fed da ora in poi adotterà un approccio paziente.

Per quanto riguarda, infine, a Banca centrale europea, Pickering sottolinea che l’istituto di Francoforte “ha reagito, prevedibilmente, alla minaccia anche ipotizzando  un nuovo ciclo di spesa di incentivi tramite prestiti bancari a basso costo”.

A questo proposito, solo pochi giorni fa Luis de Guindos, vicepresidente della Bce, in un’intervista a ‘Le Monde’, ha detto che una Brexit no deal “rappresenterebbe un rischio macroeconomico notevole nel momento in cui l’economia europea è già fragile”. De Guindos ha ricordato che “la contrazione del pil britannico potrebbe raggiungere 8% secondo la Banca d’Inghilterra. Questo meccanicamente peserebbe sull’economia della zona euro”.