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BRASILE BATTE ARGENTINA

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Il Brasile batte l’Argentina. Ma non e’ calcio, e’ l’esodo da un paese all’altro.

Nell’ultimo anno, oltre un centinaio
di imprese argentine si sono trasferite, totalmente o
parzialmente, in Brasile. Una trentina solo
nell’ultimo trimestre. In questo stesso periodo, altri
280 imprenditori hanno consultato l’ambasciata
brasiliana di Buenos Aires per seguirne le orme.

Due i principali notivi della fuga: la
svalutazione – cominciata nel gennaio del 1999 – del
60% che ha ridotto dal 30 al 40% i costi in dollari in
Brasile (dove un operaio percepisce 3,57 dollari
all’ora contro i 5,63 di un argentino e, secondo
l’indice Big Mac, paga un hamburger 1,61 dollari
contro i 2,50 del collega) e la caterva di sussidi che
offrono diversi stati brasiliani, terreni gratis
compresi.

Ma anche un mercato sei volte piu’ grande di
quello argentino. Il 75% delle imprese che hanno abbandonato la
terra del tango per quella del samba, sono
multinazionali o grandi e medie aziende locali. Tra esse anche
la Magneti Marelli o, per specifiche produzioni, Fiat
e Pirelli. L’esodo riguarda per lo piu’ il settore
auto ed il suo indotto. Ma anche tessili, calzature ed
alimentari. Molte se ne sono andate per vendere i
loro prodotti in Argentina a prezzi decisamente piu’ alti.

Le restanti sono piccole imprese. Alle quali il
Brasile offre ponti d’oro (l’ambasciata di Buenos
Aires ha approntato una guida in tal senso), compresi
viaggi di esplorazione nei suoi stati, con tanto di
soggiorni pagati.

Per il governo argentino sono gia’ sorci verdi.
L’esodo, secondo l’Unione Industriale argentina che
esige drastiche misure per far fronte alla crisi, e’
gia’ costato 10.000 posti di lavoro in un paese con il
14% di disoccupazione.

Gli imprenditori pretendono incentivi e sussidi.
Non manca pero’ chi sostiene, come il presidente
dell’Iveco Giancarlo Boschetti, che e’ la
convertibilita’, cioe’ la parita’ tra peso e dollaro,
”a ridurre terribilmente la competitivita’ argentina
e ad uccidere l’economia del paese”. E che ha anche
avvertito: ”Se nel giro di due o tre mesi non cambia
la situazione, andremo ad investire e produrre camion
in Brasile”.

Ma, per ora, la svalutazione e’ una via d’uscita
impossibile. In Argentina, contrariamente al Brasile,
aziende e consumatori sono fortemente indebitati in
dollari: la rinuncia alla convertibilita’
significherebbe problemi enormi. Anche se, secondo
l’analista Daniel Muchnik, ”se non si fermera’ questa
emorragia di imprese, si finira’ per perdere il treno
degli investimenti”.