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Bossi: «Silvio? Una mezza calzetta»

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Berlusconi manderà a casa il governo? «Berlusconi è un pò una mezza calzetta, ha paura». Lo dice il leader della Lega, Umberto Bossi, secondo il quale «c’è tutto un paese che vuole strozzare Monti e lui ha paura di mandarlo via».

“O CADE MONTI O FORMIGONI” «Io voglio far cadere la giunta in Lombardia. Lo ripeto o cade il governo Monti o cade la giunta della Lombardia». Lo ha detto Umberto Bossi parlando alla Camera lanciando un nuovo ultimatum a Silvio Berlusconi.

BERLUSCONI: “NON CI SFILIAMO” «Chi è stato responsabile dando il suo sostegno al governo non può tirarsi indietro». Lo ha detto il leader del Pdl Silvio Berlusconi lasciando la Camera dopo aver votato la fiducia al Milleproroghe

“DIFFICILE CRITICARE MONTI” «La situazione è molto difficile. Il governo sta operando con prudenza e credo che in questa situazione sia difficile avanzare delle critiche fondate. No, non mi aspettavo di più». Lo ha affermato Silvio Berlusconi, esprimendo un giudizio sull’azione del governo.

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Bossi vs Berlusconi, c’eravamo tanto odiati. Dal “mafioso di Arcore” alla “mezza cartuccia”

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“Mezza cartuccia” è ancora poco, per gli standard di Umberto Bossi. L’altra grande frattura con Silvio Berlusconi, consumata nel 1994 con la caduta del primo governo del Cavaliere, aprì una stagione di insulti senza precedenti nella storia politica italiana. Per il leader leghista, l’ex alleato era diventato “il mafioso di Arcore”, “il grande fascista”, nonché un “suino”. E via così.

Tra il 1994 e il 1999, la Lega ha condotto una durissima campagna contro il Cavalier “Berluskàz” o “Berluskaiser”. Il primo filone prendeva spunto dalle inchieste palermitane sui rapporti tra Cosa nostra e la Fininvest. Per Bossi, “Berlusconi è l’uomo della mafia, un palermitano che parla meneghino, nato nella terra sbagliata e mandato su apposta per fregare il Nord”, scrive sulla Padania il 19 agosto 1998. “La Fininvest è nata da Cosa Nostra. Ci risponda, Berlusconi, da dove vengono i suoi soldi”. Silvio “riciclava i soldi della mafia” (7 luglio 1998), o meglio “quel brutto mafioso” guadagna “i soldi con l’eroina e la cocaina (Corriere della sera, 15 settembre 1995). Il secondo filone dipinge l’ex e futuro alleato come un fascista, anzi “il grande fascista di Arcore” (10 aprile 1995, La Repubblica). Berlusconi è “peggio di Mussolini” (16 giugno 1998, La repubblica), “un mostro antidemocratico” (11 febbraio 1995), “suino Napoleon” (4 luglio 1995, La Stampa), “Nazista, nazistoide, paranazistoide” (14 gennaio 1995, Corriere della Sera). In più è un “incapace”, una “febbre malarica”, con una “tendenza alla vaccaggine” (13 gennaio 1995, Corriere della sera).

Bossi lo dice chiaro: “Bisogna che si mettano in testa tutti, anche il Berlusconi-Berluskàz, che con i bergamaschi ho fatto un patto di sangue: gli ho giurato che avrei fatto di tutto, che sarei arrivato fino in fondo, per avere il cambiamento. E non c’è villa, non c’è regalo, non c’è ammiccamento che mi possa cambiare strada… Berlusconi deve sapere che c’è gente che ne ha piene le tasche e che è pronta a far il culo anche a lui” (1 novembre 1994).

Bossi è incontenibile. Per lui, Berlusconi è “Wanna Marchi”, “bollito”, “povero pirla”, “ubriaco da bar”, “piduista”, “molto peggio di Pinochet”.

Berlusconi, di rimando, definiva Bossi “un uomo dalla mentalità dissociata”, “ladro di voti”, “pataccaro”, “cadavere politico”, “sfasciacarrozze” con il quale “non mi siederò mai più allo stasso tavolo”.

Poi all’avvicinarsi delle elezioni politiche del 2001, i due leader del centrodestra capirono che solo una nuova alleanza avrebbe garantito la vittoria nel collegi elettorali del Nord e quindi nel Paese, come in effetti avvenne. Cinque anni di insulti sanguinosi furono archiviati, Berlusconi ritirò la montagna di querele contro Bossi e La Padania. Con l’avvento del governo di Mario Monti, la saga ricomincia.

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