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BORSE: TORNA LA FIDUCIA, MA I FONDAMENTALI…

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Anche se la fiducia è tornata sui mercati finanziari internazionali, non tutti i fondamentali dell’economia globale forniscono un quadro incoraggiante. Dalla metà di marzo il Toro domina le borse mondiali, il mercato delle nuove emissioni si sta riprendendo, insieme all’attività di fusioni ed acquisizioni. Malgrado ciò, è ancora molto difficile essere sicuri che la lunga fase di depressione delle borse sia finita, anche perché i mercati devono ancora far fronte a questioni di lungo termine. Prima tra queste lo squilibrio nell’economia globale, con il disavanzo commerciale statunitense pari a 500 miliardi di dollari all’anno. A delineare il quadro è il Financial Times, in una lunga analisi dedicata alle borse mondiali e pubblicata oggi.

L’incertezza sulla futura direzione dei mercati azionari dipende anche dal fatto che negli ultimi 3 anni le borse sonostate oberate da eventi esterni, osserva il FT, come gli attacchi terroristici dell’11 settembre, la guerra in Iraq o i collassi di Enron e WorldCom. Un attacco nucleare, biologico o chimico contro il mondo occidentale potrebbe far crollare i mercati del 20-25% in breve tempo, ma tale possibilità non può essere considerata, rileva il quotidiano, nella tradizionale analisi finanziaria. Gli investitori pessimisti sulle prospettive delle borse saranno pure in minoranza, aggiunge il quotidiano britannico, ma, anche se sbagliassero sull’entità del potenziale disastro,le loro preoccupazioni potrebbero invece riguardare le questioni giuste. Gli alti livelli di indebitamento e la necessità di correzione del disavanzo commerciale americano potrebbero infatti pesare sull’economia globale per un certo periodo.

Un ritorno ai livelli di guadagni visti durante il Toro degli anni ’90 e’ altamente improbabile, prevede il quotidiano, e la teoria finanziaria standard suggerisce la stessa cosa. Se i ratings del mercato rimanessero invariati, il rendimento per gli investitori in azioni sarebbe uguale al rendimento del dividendo più la crescita del dividendo. Considerando un rendimento inferiore al 2% del mercato Usa, anche se i dividendi crescessero di un tasso reale del 3%all’ anno, il rendimento reale per gli investitori sarebbe inferiore al 5% e quello nominale del 7% (sulla base diun’ inflazione al 2%). Tali rendimenti, conclude il FT, saranno anche meglio di quelli delle obbligazioni e dei contanti. Ma bisogna chiedersi se, qualora si rendessero davvero conto di tali cifre, gli investitori sarebbero così entusiasti dell’attuale rialzo. (ANSA).