Società

BORSE: E’ UNA GRAN NOIA, DATECI UNO SPUNTO SPICY

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

(WSI) – Nella retorica ufficiale i mercati non dormono mai, così come non dormono i policy maker, sempre vigili e all’erta. Nella realtà delle cose, dopo due anni di stress ininterrotti, per la prima volta ci si trova in una condizione di relativa quiete.

Vuoi sapere cosa comprano e vendono gli Insider di Wall Street? Prova ad abbonarti a INSIDER: costa meno di 1 euro al giorno. Clicca sul link INSIDER

Per riposare, e ancora di più per dormire, gli esseri viventi non devono essere troppo deboli né troppo eccitati. Devono anche sentirsi sufficientemente al sicuro da insidie improvvise. Dall’agosto 2007 al marzo di quest’anno abbiamo vissuto condizioni di pericolo estremo. Da marzo in poi si sono susseguiti mesi di segno opposto, ma sempre convulsi. Recuperi tumultuosi delle borse e dei crediti, oscillazioni marcate nei tassi a lungo termine e aggiustamenti significativi nei tassi di cambio.

Ora tutto sembra trovarsi in una condizione di relativo equilibrio. I dati di sentiment non mostrano più l’estrema diffidenza verso il rischio che avevano fino ai primi di agosto ma non mostrano nemmeno livelli di esposizione particolarmente significativi.

Il petrolio è fermo da quattro mesi, il rame da due. L’oro è quasi immobile. I tassi di policy sono fermi quasi ovunque. I tassi a lungo stanno trovando un equilibrio a metà strada tra le paure di deflazione dei primi mesi dell’anno e le paure di inflazione diffusesi a maggio.

Anche le borse, curiosamente, si stanno fermando a metà strada. Dai minimi hanno recuperato il 50 per cento. Un altro 50 per cento e siamo di nuovo ai massimi. Il dollaro, dal canto suo, dopo il deprezzamento successivo alla fine del flight to quality, ha preso a muoversi sempre più lentamente e all’interno di un range piuttosto stretto.

Se i mercati sono andati gradualmente perdendo velocità, l’economia reale ha iniziato a percorrere la parte ascendente di una V. Passare dal meno 6 annualizzato di Pil nel primo trimestre al più 3, forse più 4, del trimestre in corso non è una U, è una V. Sono 9 o 10 punti di escursione, non certo pochi per economie mature come America ed Europa.

Pur trattandosi di una V (ancora più evidente in Asia), la ripresa in corso è debole se confrontata con quelle succedute a recessioni profonde dal dopoguerra a oggi. La relativa debolezza di questa ripresa non deve però fare pensare a un rischio particolare di double dip, almeno per il 2010. Chi ipotizza un double dip nei prossimi 12-18 mesi cita, come fa Roubini, il rischio che il petrolio risalga sopra i 100 dollari e quello di un’impennata concomitante dei tassi a lungo favorita, oltre che dall’ipotizzato aumento
del greggio, dall’enorme offerta di carta da parte dei governi.

In realtà, escludendo eventi geopolitici particolari, petrolio e materie prime, pur mantenendo un buon tono di fondo, non daranno vita a un rialzo paragonabile a quello del 2003. In primo luogo, come dopo ogni crisi (ma questa volta anche di più), ci saranno risparmi energetici duraturi. In secondo luogo la ripresa della produzione industriale di America ed Europa, pur vivace, sarà di dimensioni più modeste.

In terzo luogo la Cina, con gli acquisti massicci dei mesi scorsi, si è già portata avanti nella ricostituzione delle scorte di metalli e greggio.
Quanto ai tassi, l’inflazione vicina a zero si protrarrà ancora a lungo, probabilmente per tutto l’anno prossimo. Quanto agli anni successivi al 2010, il bull market modesto delle materie prime non darà grossi problemi, mentre la componente più delicata dell’inflazione, quella salariale, ben difficilmente rialzerà la testa per tutto il decennio. Cominciamo a riassorbire i 50 milioni di disoccupati creati da questa crisi e poi, nel caso, inizieremo a esaminare la questione.

Certo, si può ipotizzare, in linea di principio, un’inflazione programmata a tavolino dai policy maker per abbattere il valore reale del debito pubblico. Il fatto però che l’amministrazione Obama, nel giorno stesso in cui venivano comunicate le nuove pesanti proiezioni sull’evoluzione del debito pubblico fino al 2020 abbia sentito il bisogno di confermare a sorpresa Bernanke alla Fed fino a metà decennio ci sembra incoraggiante.

Bernanke alla Fed non sarà solo un argine alle tentazioni di fuoruscita inflazionistica dalla crisi, ma anche ai rischi di double dip. Jan Hatzius di Goldman Sachs esagera quando dice che in caso di bisogno la Fed raddoppierà ancora il suo bilancio (a dicembre aveva scritto che per stabilizzare la crisi la Fed avrebbe dovuto gonfiarsi fino a 10 trilioni e invece si è fermata già in gennaio a due e da lì non si è più mossa) ma coglie nel segno quando indica la disponibilità e l’apertura mentale per fare quello che sarà necessario per evitare ricadute nella recessione.

Anche sul piano delle politiche fiscali l’orientamento di fondo dei governi sembra corretto. L’idea, pare di capire, è che fatto finora 30 in termini di politiche espansive (salvataggi industriali, sgravi fiscali, opere pubbliche, incentivi alla rottamazione) si farà 31 se sarà necessario, ma non di più. In altre parole, niente rientro veloce dai disavanzi fin dai primi segni di ripresa (cioè da adesso) e anzi una certa disponibilità a fare ancora qualcosa nei prossimi mesi, dopo di che basta. Ovviamente si punterà a raddrizzare i bilanci più con l’espansione del Pil che con l’aumento delle tasse o il taglio delle spese, ma alla fine si ricorrerà a un mix di tutti e tre questi elementi.

Guardando al breve termine, i dati macro che si stanno susseguendo (e che non sono solo positivi, ma anche sorprendentemente positivi) verranno utilizzati dalle borse più per solidificare i livelli raggiunti che per fare nuovi massimi.

Il muro di cui ha parlato El Erian (il rialzo si sta scontrando contro un muro, aveva detto) non verrà sfondato con una manovra campale e spettacolare ma verrà comunque superato gradualmente (è già stato superato, a fare i pignoli) con piccole sortite e ritirate in rapida successione. La fase di riposo dei mercati durerà poco, ma quando finirà rimarremo comunque in un ambito di relativa normalità e non torneremo alla drammatica eccezionalità di questi ultimi due anni. Nei momenti di calma relativa il carry ridiventa ogni giorno più interessante.

Parliamo di carry di curva (lunghi di decennali contro breve) e di carry di cambio (dollaro australiano contro yen, valute emergenti contro dollaro). Il segreto, nella vita del carry trader, è sapersi accontentare e non farsi ingolosire. Mai. Suggeriamo ancora di restare sovrapesati sull’azionario. Nei prossimi due tre mesi il flusso di notizie macro continuerà a essere positivo. Se davvero i mercati hanno già scontato tutto, allora resteranno fermi, altrimenti saliranno ancora, anche se di poco. Non andranno trascurati i lavori di rifinitura. Le borse dell’Europa dell’est, per fare un esempio, nonostante i recuperi hanno ancora strada da percorrere.

Copyright © Il Rosso e il Nero, settimanale di strategia di Abaxbank per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved

*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.