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BORSE: ATTENZIONE CHE TRA POCO SI RIPARTE

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Bruce Steinberg e’ il chief economist di Merrill Lynch. Ecco l’intervista che ha concesso, a New York, a Wall Street Italia.

D: Le borse americane hanno appena archiviato il primo semestre. Possiamo dire di aver raggiunto il fondo?

R: Probabilmente stiamo costruendo un fondo proprio in questi giorni. I profitti societari ricominceranno a crescere presto ed e’ difficile pensare ad una borsa depressa ancora per lungo tempo.

D: Quali sono le prospettive per l’economia Usa nella seconda meta’ dell’anno alla luce del confortante dato definitivo sul PIL del primo trimestre, risultato in crescita del 6,1%?

R: Per quel che abbiamo visto finora, il tasso di crescita del PIL nel primo semestre viaggia intorno al 4,5% e credo che questo sara’ all’incirca il tasso anche per la seconda parte dell’anno. Quindi ritengo che la ripresa economica stia proseguendo a un buon ritmo.

D: Che cosa ci puo’ dire per quanto riguarda l’Europa?

R: Penso che anche l’Europa sia sulla strada del recupero. Tuttavia il ritmo e’ inferiore rispetto a quanto avviene da noi. Il tasso di crescita del vecchio continente dovrebbe attestarsi intorno al 2-2,5% per la seconda parte dell’anno.

D: Quando torneremo a vedere un tasso di crescita incoraggiante dei profitti societari negli Stati Uniti?

R: Penso che un miglioramento si vedra’ gia’ dalla stagione degli utili appena iniziata. Gli investitori avranno piu’ sorprese positive che negative.

D: Quali settori faranno meglio degli altri in questo scenario?

R: A fare meglio saranno quelli che sono stati piu’ colpiti dalla recessione, vale a dire i settori maggiormente ciclici. Tra questi non includerei i tecnologici, che pure mostreranno un miglioramento, ma non saranno in grado di ritornare tanto facilmente ai tassi di crescita del passato. Le materie prime di base, gli industriali e i beni di consumo primari dovrebbero registrare un rimbalzo dei profitti piu’ consistente di altri settori.

D: Proviamo a fare un paragone tra l’economia americana e quanto e’ successo in Giappone in passato. Nel 1990 in borsa a Tokio e’ scoppiata la bolla, ma l’economia ha continuato a resistere ancora per un anno e mezzo grazie al mercato immobiliare. In seguito il Giappone e’ entrato in una recessione che dura ormai da 10 anni. Puo’ succedere la stessa cosa negli Stati Uniti?

R: No. Il paragone, che pure ogni tanto qualcuno si azzarda a fare, non e’ proponibile. In Giappone la bolla speculativa era proprio sul mercato immobiliare, non sulla borsa. Al culmine della sopravvalutazione, il terreno su cui sorge il palazzo imperiale nipponico valeva quanto tutta la California. Questa e’ quella che io chiamo una vera bolla!

Negli Stati Uniti non esiste nulla del genere. Inoltre a causare tanti problemi in Giappone sono stati i prestiti concessi dalla banche, garantiti da proprieta’ immobiliari il cui valore era tremendamente gonfiato. Questo ha finito per contagiare tutto il sistema finanziario nipponico.

In America al contrario il sistema finanziario e’ piuttosto sano. Ci sara’ anche stata una bolla in borsa pero’ questa non e’ stata sostenuta dai soldi prestati dalle banche.

D: Quindi non si puo’ parlare di bolla speculativa per il mercato immobiliare Usa?

R: No. Direi che l’espansione del mercato immobiliare e’ dovuta a tassi sui mutui particolarmente convenienti. Quando l’economia ripartira’ gli investitori torneranno a privilegiare altri tipi di asset e la vendita di immobili rallentera’.

D: Veniamo ai cambi. La debolezza del dollaro e’ una delle novita’ sul mercato finanziario. Quale puo’ essere l’impatto di un biglietto verde deprezzato sull’economia reale in Europa?

R: Per quanto riguarda l’economia reale, un dollaro debole e’ principalmente un vantaggio per gli Stati Uniti e uno svantaggio per l’Europa. In particolare quest’ultima si e’ avvantaggiata nell’export dall’avere una valuta debole negli ultimi due anni. E’ probabile che gli effetti negativi di una valuta forte per l’Europa vengano compensati dalla minore inflazione interna e dal fatto che l’economia mondiale in genere e’ sulla strada del recupero.

Per gli Stati Uniti il discorso e’ opposto. Avere una valuta meno forte si tradurra’ in un vantaggio per l’export e per il settore manifatturiero in genere. Naturalmente una volta che le corporation americane tradurranno in dollari i profitti fatti all’estero ne trarranno un beneficio e si rafforzeranno.

D: Parliamo di politica monetaria. Il 26 giugno, in piena crisi WorldCom, la Federal Reserve ha deciso di lasciare inalterati i tassi e l’atteggiamento (“bias”). Quando ci sara’ la prossima mossa su questo fronte, e soprattutto, dato l’attuale clima economico, quali sono le possibilita’ di un ulteriore taglio?

R: Non credo che un altro taglio dei tassi sia possibile a meno di sviluppi attualmente imprevedibili. L’economia sta crescendo bene e non c’e’ alcun bisogno di ulteriori stimoli. D’altra parte non mi aspetto nessuna nuova mossa fino all’ultimo trimestre di quest’anno, quando l’atteggiamento della banca centrale americana diventera’ restrittivo.

D: Veniamo alla crisi di fiducia degli investitori americani. Quest’anno la borsa e’ stata investita da ogni genere di scandalo. Il piu’ recente, e probabilmente non l’ultimo, e’ stato quello di WorldCom (WCOME – Nasdaq). Quanto e’ grave il problema e che cosa si puo’ fare per risolverlo?

R: Il problema e’ grave. Tuttavia non credo che l’economia in generale corra il rischio di essere infettata dalla ramificazione di questo problema, a meno che ad essere colpiti in maniera massiccia siano i bilanci delle istituzioni finanziarie che hanno prestato i soldi alle aziende. E’ chiaro che quanto e’ avvenuto ha messo in luce la necessita’ di dotarsi di nuove regole che obblighino i responsabili a fare correttamente il loro dovere.

L’economia reale rispondera’ ai fattori tradizionali che la influenzano: i tassi di interesse e i profitti societari. I primi sono al minimo storico. E i secondi sono sulla via del recupero.

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