Società

BORSA? NO, E’ IL MERCATO DEI BOND A DETTARE LEGGE

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*Leon Zingales, collaboratore di WSI, PhD in Fisica, e’ professore al Dipartimento di Matematica dell’Università di Messina e autore del blog IlCignoNero. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – La maggior parte degli osservatori reputa il mercato azionario l’indicatore privilegiato dello stato della crisi. Non e’ cosi’ (…).

In Fisica è noto come ogni particella debba essere rivelata con opportuni strumenti. Qualora cercassimo di acchiappare i neutrini usando retini per farfalle non osserveremmo nulla. Ciò non significa che i neutrini non esistono: si è semplicemente sbagliato lo strumento rivelatore.

I mercati azionari sono ormai completamente distaccati dal sistema reale e le fluttuazioni dei mercati obbligazionari sono semplici oscillazioni che servono a trasferire risorse dal parco buoi verso gli agenti informati. In questo senso i mercati azionari non sono più un indicatore della crisi. La FED è pesantemente intervenuta nel mercato azionario guidandolo con sapienza, mediante un classico effetto leva, onde consentire, mediante poche (si fa per dire) centinaia di miliardi di dollari, una adeguata ricapitalizzazione del sistema finanziario.

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Il vero terreno di battaglia si è spostato nel mercato obbligazionario, in particolare nella guerra per l’acquisto delle bombole di ossigeno per gli stati: la battaglia dei titoli sovrani. Le fluttuazioni dei mercati obbligazionari sono ben più pericolose. L’attacco contro la Grecia è ormai un caso da manuale con un meccanismo ben oliato: si attaccano i punti deboli della zona Euro, si fanno volare i rendimenti obbligazionari, si gonfiano i CDS e, nel contempo, per contraltare, si impone il dollaro come moneta di rifugio.

Ma il troppo è troppo: sottoporre a sollecitazioni sempre più ampie un sistema rigido come l’euro sta celermente conducendo la moneta unica verso il punto di rottura. Continuare la speculazione contro l’euro onde consentire la vendita dei TBills USA è ormai divenuto rischioso come buttare un cerino acceso dentro una pompa di benzina.

Nel momento in cui la fluttuazione sui Titoli di Stato amplificata dagli speculatori raggiunge una soglia critica il sistema esibirà una transizione di fase. Un repentino flusso di informazioni si propagherà per l’intero sistema mutando il suo stato termodinamico. Non si creda di poter isolare il possibile default della Grecia in un compartimento stagno sterilizzando il resto del sistema Euro. L’eventuale fallimento determinerà un effetto domino che contagerà in modo repentino molti altri paesi della zona Euro (Portogallo, Irlanda e Spagna, detti PIIGS) e poi si espanderà come un virus inarrestabile fino ai pachidermi: Gran Bretagna ed USA in primis.

L’errore (e direi anche l’orrore) degli economisti classici è credere che in il tempo sia omogeneo. In prossimità di una transizione di fase il tempo corre: ghiacciata una porzione di sistema, l’intero sistema celermente congelerà.

Si sono lanciati generici allarmi sul deterioramento dei conti pubblici, credendo che il tempo giochi a proprio favore consentendo graduali e poco dolorosi aggiustamenti; ormai il tempo dell’economia non si misura più in anni, tutto sta accelerando. Gli eventi precipitano: il punto critico è vicino e nei prossimi mesi (se non addirittura settimane) si ballerà parecchio.