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Borsa Milano, rally scatenati +3,88%. Si scommette su QE, euro rischia $1,24

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MILANO (WSI) – Borsa Milano accelera al rialzo nell’ultimo giorno di contrattazioni della settimana. Dopo aver rotto al rialzo la resistenza di 19.700, il listino Ftse Mib punta verso i 20.000 punti. L’indice chiude sui massimi intraday, complice anche il rialzo di Wall Street. I buy scatenati sono alimentati comunque soprattutto dalle parole proferite durante un congresso che si è tenuto a Francoforte dal presidente della Bce Mario Draghi. Ftse Mib +3,88% a 19.955 punti.

Forti rialzi dei titoli bancari. Mps +2,3%, Bper +4,6%, BPM +3,8%, Banco Popolare +5,11%, Intesa SanPaolo +4,7%, Unicredit +5,3%, Ubi Banca +4%. Riguardo ai titoli di altri settori Cnh Industrial +4%, Enel +4,4%, Eni +4,3%, Finmeccanica +3,79%, Tenaris +4%, Prysmian +4,1%, Pirelli +3,65%, Mediaset +4,5%.

Il banchiere centrale ha parlato del problema di bassa inflazione in Europa, di quelle che potrebbero essere le ripercussioni sull’economia e anche del rischio che si verifichi una stretta monetaria involontaria, nel caso in cui la Bce adottasse solo misure convenzionali. D’altronde l’arsenale della Bce è quasi vuoto, dal momento che i tassi di rifinanziamento sono stati portati a zero, e su tale fronte non si può più agire. Fondamentali le manovre di tipo straordinario, che Draghi ha tutta l’intenzione di promuovere.

Gli investitori tornano a scommettere così sul QE e sul mercato valutario l’euro ha una reazione immediata, scendendo sotto la soglia di $1,25 e rischiando anche quota $1,24.Euro/dollaro -1,10% a $1,24. Dollaro/yen -0,50% a JPY 117,61. Euro/yen -1,58% a JPY 145,84.

Effetto lampo anche sul mercato dei titoli di stato, con il rendimento sul BTP decennale che ha testato nuovi minimi record.

“Draghi non ha la bacchetta magica, ma i partecipanti al mercato vogliono credere che ci saranno più misure in arrivo – ha commentato in una intervista rilasciata a Bloomberg Stephane Ekolo, responsabile strategist in Europa presso Market Securities, a Londra – Gli ultimi commenti di Draghi possono essere visti anche come un insieme di rassicurazioni, dal momento che da essi si evince che la politica accomodante resterà in vigore ancora per un bel po’”.

Si guarda con favore all’annuncio della Banca centrale People’s Bank of China, che ha reso noto di aver offerto 50 miliardi di yuan (l’equivalente di $8,17 miliardi) di finanziamenti a breve termine, al fine di contrastare la contrazione di liquidità nel sistema finanziario. “Gli investitori attendono qualche misura di allontamento monetario dalla Cina, sulla scia dei deboli dati economici sul paese che sono stati pubblicati – ha commentato Mari Oshidari, strategist presso Okasan Securities Group, nella sede di Hong Kong – Il sentiment è miglioramento, visto che ci si sta focalizzando su misure espansive di politica monetaria in aree come Europa e Giappone, fattori che alleviano i tumori sulla fine del QE negli Stati Uniti”. Spinta agli acquisti soprattutto dopo l’annuncio della Banca centrale del taglio dei tassi di riferimento.

Recupero dei prezzi del petrolio a New York, che si avviano a concludere la prima settimana positiva dallo scorso settembre.

L’azionario giapponese, in particolare l’indice allargato Topix, termina invece la prima settimana negativa dallo scorso 24 ottobre, con il Nikkei, indice benchmark della borsa di Tokyo e migliore questo trimestre tra i 24 indici dei paesi avanzati monitorati da Bloomberg, in flessione -1% negli ultimi cinque giorni di contrattazione.

Focus su Shanghai, in rialzo +1,4%. L’indice è balzato +18% quest’anno, con i flussi di investimento che si sono diretti in Cina in attesa del collegamento della borsa cinese con quella di Hong Kong, che è iniziata lo scorso 17 novembre.

Riguardo alle commodities, i futures sul petrolio +0,40% a $76,15, il prezzo dell’oro +1,19% a quota $1.205,10 l’oncia.

Metà dei 20 analisti che hanno partecipato a un sondaggio di Bloomberg prevede che l’Opec taglierà l’offerta nel prossimo meeting di Vienna, al fine di frenare il tonfo dei prezzi. L’altra metà non stima alcun cambiamento. In sette anni dall’inizio del sondaggio, è la prima volta che gli analisti sono così divisi.

(Lna-DaC)