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BERNANKE & C. OTTIMISTI SULL’ECONOMIA AMERICANA (MA ATTENTI ALLA BOLLA)

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Il comitato della Fed che decide sui tassi ha rialzato la stima per la crescita dell’economia Usa nel 2010, prevista fra il 2,5% e il 3,5%. Lo si legge nei verbali della riunione d’inizio novembre del Fomc. La stima precedente, fornita a giugno, era compresa fra 2,1 e 3,3%. Per il 2009 la stima e’ rivista ad un tasso compreso fra -0,4 e -0,1% dalla precedente forchetta compresa fra -1,5% e -1%. (Ansa)

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Fino ad oggi lo avevano detto soltanto gli economisti, gli addetti ai lavori o le autorità monetarie di paesi stranieri come la Cina. Ora anche la Banca centrale americana lo ammette: i tassi d’interesse a zero «possono alimentare la speculazione nei mercati finanziari» e falsare le aspettative sull’andamento dell’inflazione. Nel «minute» delle riunioni del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, tenutesi gli scorsi 3-4 novembre, si fa esplicito riferimento a questo rischio.

Questo non significa che la banca centrale americana intenda rialzare il costo del denaro che – si legge nel documento – rimarrà al livello attuale ancora a lungo. Almeno fintanto che le aspettative di inflazione rimarranno stabili e la disoccupazione continuerà ad aumentare. Ma con queste parole la Banca centrale Usa ha fatto chiaramente capire che è consapevole dei rischi.

La Fed, come la Bce, la Banca d’Inghilterra e le altre principali banche centrali in tutto il mondo, per far fronte alla stretta creditizia originatasi in conseguenza della crisi finanziaria, hanno messo in atto una politica di progressiva riduzione del costo del denaro. Una scelta obbligata quando i mercati crollavano e nessuno sapeva più che pesci pigliare.

Ma dopo che la tempesta è passata e i mercati hanno ripreso a crescere, in molti hanno iniziato ad approfittare di questa situazione. Con i tassi d’interesse a zero – è la tesi dell’economista Nouriel Roubini – gli investitori hanno preso in prestito denaro dove i tassi sono bassi (come negli Usa) per reinvestirli altrove. Sfruttando ad esempio il rally dei mercati emergenti (come quello cinese) o delle commodity (come l’oro e il petrolio). Questo, secondo l’economista, ha dato origine a una bolla nei mercati e ha contemporaneamente avviato la svalutazione del dollaro.

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New York, 24 nov. (Apcom) – La Federal Reserve ha detto che la ripresa economica degli Stati Uniti sarà probabilmente lenta e graduale e questo manterrà il tasso di disoccupazione molto elevato per i prossimi anni. E’ quanto è emerso della minute delle riunioni del Fomc, il braccio di politica monetaria della Banca Centrale americana, tenutesi negli scorsi 3 e 4 novembre, al termine delle quali i tassi di interesse sui fed funds sono rimasti invariati ai minimi storici. La maggior parte dei funzionari della Fed ritiene che l’economia e il mercato del lavoro impiegheranno “cinque o sei anni” per tornare in piena salute.

Le proiezioni per la crescita economica dell’anno prossimo sono comunque aumentate rispetto alla precedente riunione del 23-24 giugno. La crescita del Pil per l’anno prossimo viene vista tra il 2,5% e il 3,5%, mentre nella precedente riunione era stata stimata tra il 2,1% e il 3,3 per cento. Per il 2009 è prevista una contrazione complessiva intorno allo 0,25%, un miglioramento rispetto al -1,25% stimato in precedenza. “La spesa per consumi sarà probabilmente stimolata dal miglioramento dei prezzi delle case”, si legge nelle minute, “e da miglioramenti graduali nella disponibilità del credito”.

La Federal Reserve ha anche rivisto in calo le sue stime sulla disoccupazione negli Stati Uniti nel 2010: per l’anno prossimo il tasso di disoccupazione viene visto tra il 9,3% e il 9,7 per cento. Nella riunione precedente era stato stimato tra il 9,5% e il 9,8 per cento. Il meeting della Fed ha tuttavia avuto luogo due giorni prima che il dipartimento del Lavoro mostrasse un aumento del tasso di disoccupazione al 10,2% in ottobre, il livello più alto in 26 anni. Nonostante l’inflazione non sia percepita ancora come un rischio vicino, i funzionari Fed hanno mostrato di essere consapevoli di potenziali conseguenze impreviste del mantenere i tassi di interesse vicini allo zero e un enorme pacchetto di programmi di stimoli straordinari in bilancio. Queste politiche, si legge, “possono portare ad un’eccessiva assunzione di rischi nei mercati finanziari e ad un aumento delle aspettative di inflazione”.

La Fed, come segnalato anche dal presidente Ben Bernanke in un discorso recente, è ora molto attenta all’andamento del dollaro: un eccessivo deprezzamento del biglietto verde potrebbe far salire le aspettative di inflazione e i prezzi all’importazione. “I membri vedono la possibilità di questi effetti come relativamente basso, ma rimangono in allerta per questo rischio”, si legge.