Società

BERLUSCONI: SE CAMBIA MAGGIORANZA, SI VOTA

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Dopo la pronuncia della corte Costituzionale sia Fini che Bossi sono stati solidali (salvo il distinguo di Fini sulle critiche al Capo dello Stato) esclude, quindi, che qualcuno di abbia il retropensiero di una crisi e di un ‘governo del presidente’? Lo chiede a Berlusconi Bruno Vespa, nel suo ultimo libro di prossima uscita. “Lo escludo nel modo piu’ assoluto – replica il premier -. Se mai dovesse verificarsi un cambiamento di maggioranza, ma e’ un’ipotesi che non esiste, ci tengo a dirlo chiaro, sarebbe inevitabile il ricorso ad elezioni anticipate”.

“Con Umberto Bossi ho sempre trovato accordi ragionevoli”. Parla, sempre intervistato da Bruno Vespa per il suo ultimo libro in prossima uscita, il presidente del Consiglio. Vespa ricorda a Berlusconi che quando in aprile i giornalisti gli chiesero a Vienna se avrebbe votato a favore del referendum che sposta il premio di maggioranza dalla coalizione alla lista, lui rispose di si’, nonostante la posizione della Lega fosse diversa. “Non ho motivo di cambiare opinione – risponde il presidente del Consiglio – Se il Popolo della Liberta’ fosse un’impresa e l’amministratore delegato votasse contro gli interessi della sua azienda dovrebbe dimettersi. Ma con la Lega, ripeto, non ci sono e non ci saranno elementi di contrasto”.

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Al di la’ di visibili differenze caratteriali, il suo rapporto con Fini e’ quello di sempre?, chiede a Berlusconi Bruno Vespa nel suo ultimo libro di prossima uscita. “Si’, certo – replica Berlusconi – Fini si e’ dimostrato un alleato leale e un politico lungimirante. A lui mi lega un solido rapporto di amicizia e di stima. Anche con i parlamentari che vengono da An il rapporto e’ ottimo. E’ naturale che la direzione del PdL e l’Ufficio di Presidenza discutano di proposte nuove non incluse nel nostro programma elettorale, come per esempio quella di concedere in anticipo la cittadinanza agli immigrati. Si discute, si vota e la decisione della maggioranza vincola la minoranza”. Anche su temi etici? “Sui temi etici il partito assume certo una sua posizione, ma riconoscendo ai singoli parlamentari una piena liberta’ di coscienza e di voto”.

Pensa di poter fare con Casini un discorso strategico che riporti il suo partito nel centrodestra in maniera stabile? Lo chiede, a Silvio Berlusconi, bruno Vespa nel suo ultimo libro di prossima uscita. “L’Udc – ragiona Berlusconi -e’ con noi nel Partito del Popolo Europeo, che e’ la grande famiglia della liberta’ e della democrazia in Europa. Negli altri paesi dell’Unione i partiti popolari non si alleano con la sinistra, non sono disponibili ad allearsi con una parte o con l’altra. Questo non e’ casuale. E’ la conseguenza del fatto che i nostri valori, i nostri programmi, la nostra economia sociale di mercato, sono concezioni alternative a quelle della sinistra. Questo avviene persino in Paesi nei quali esiste una sinistra socialdemocratica e riformista vera, a differenza di quella con cui abbiamo a che fare in Italia che ha cambiato piu’ volte nome, dal Partito Comunista al Partito Democratico, ma non ha mai rinnegato le sue radici e non ha mai, sostanzialmente, cambiato la sua politica e il suo modo di condurre la lotta politica. Dunque – ne conclude il premier – la collocazione strategica dell’UdC non puo’ che essere nel centro destra, e noi attendiamo fiduciosi che questo avvenga”.

Infine Berlusconi dice a Bersani: “Cambi registro. Chi mi insulta, insulta milioni gli italiani”. Il premier: “Per dialogare è necessario essere in due, e soprattutto avere rispetto dell’avversario, non insultarlo e demonizzarlo come il Pd di Franceschini e di Veltroni ha fatto ogni giorno”. E rivolto a Bersani: “Se cambia registro, apriamo il dialogo”. Infine: “Chi insulta me, insulta tutti gli italiani che mi hanno votato”. Per questo il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ritira le denunce nei confronti dei due quotidiani ‘Repubblica’ e ‘L’unita’.

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Il rientro di Silvio: al mio fianco solo i falchi

di Vincenzo La Manna

Pasqua è lontana, «ci sarà modo per far volare di nuovo le colombe». Adesso non è aria, «al mio fianco voglio solo falchi». Silvio Berlusconi lo pensa da giorni. E lo fa capire a chi gli fa visita a Villa San Martino, a chi lo contatta via telefono. Non è tempo di miti consigli: serve una controffensiva per evitare il rischio di lungo logoramento. E dopo dieci giorni di convalescenza forzata, complici febbre e scarlattina, «scalpita per riprendersi il palcoscenico», riferisce un ministro. D’altronde, è da due settimane, se si aggiunge la trasferta in Russia – ospite di Vladimir Putin -, che il premier non mette piede nella capitale.

Così, smaltiti i postumi della malattia, da domani «tornerà a martellare come un fabbro», è il pronostico-auspicio ricorrente. Tanto per cominciare contro quelle toghe rosse che «mirano a sovvertire il responso elettorale». Perché, per dirla stavolta con le parole di Giorgio Stracquadanio, «per ristabilire la democrazia, visto che parte della magistratura è impegnata in una battaglia politica, non basta più un’aspirina, è necessaria la chirurgia». Suonerà più o meno così pure il pensiero di Berlusconi, pronto però a tirare le orecchie anche in casa sua, nel Pdl – vedi sponda finiani – dove «qualcuno che rema contro si trova sempre».

D’altronde il ragionamento di fondo, rilanciato nelle ultime ore dall’inquilino di Palazzo Chigi, non muta d’una virgola: «Sia chiaro a tutti, io non mi fermerò neppure dinanzi a una condanna, ma ricordatevi che a me non interessa scaldare la sedia». Come dire, «sono stato eletto dal popolo per governare e portare avanti le riforme», a cominciare dalla giustizia, pur senza perdere di vista l’obiettivo più ampio di una moderna riscrittura della Carta. Ma «se mi continuano a mettere i bastoni tra le ruote», si sappia che «io sono pronto a tornare al voto».

Di certo, soluzione da extrema ratio: anche il presidente del Consiglio è consapevole del rischio che si corre, a prescindere, ogni volta che si chiamano gli elettori alle urne. Ma in ogni caso tiene il punto, per far capire magari «a suocera e nuora di turno» quale potrebbe essere il punto d’arrivo. Intanto, il Cavaliere è pronto a intestarsi la campagna elettorale in vista delle Regionali. E poco importa che qualcuno provi a sconsigliarlo, avvertendolo del potenziale effetto boomerang, qualora la consultazione s’inquadri come una sorta di referendum sulla sua leadership. Ma tant’è. Lui considera strategica la discesa in campo, anche a rischio di sovraesposizione, dato che sta riflettendo su un «massiccio» programma di comizi e interventi sul piccolo schermo.

Prima, però, ci sono da sciogliere alcuni nodi, soprattutto al Nord, visto che la «quadra» sulle candidature non si è ancora trovata. A questo servirà l’incontro con Umberto Bossi e Gianfranco Fini – con cui gioca in pieno accordo questa partita – che si terrà a inizio settimana (giovedì è fissata la riunione dell’Ufficio di presidenza del Pdl). E se per Lazio e Campania i giochi sembrano fatti, in favore di Renata Polverini e Nicola Cosentino, su Lombardia e Veneto – e di rimando sul Piemonte – si è in pieno stallo. Primo, perché la Lega sotto sotto mira al Pirellone, palazzo a cui Roberto Formigoni s’incatenerebbe pur di non mollare, ma su cui potrebbero transitare inchieste giudiziarie che preoccupano il Cavaliere.

Secondo, perché consegnare Veneto e Piemonte al Carroccio sarebbe uno smacco troppo grande da superare, per chi guida il Pdl da quelle parti, ma non solo. Certo, Giancarlo Galan potrebbe entrare nel governo, nell’ambito di un mini-rimpasto, ma i punti interrogativi restano.
Da legare in parte anche in chiave Regionali l’accelerazione che il presidente del Consiglio vorrebbe dare all’abbassamento delle imposte. Così, scongiurata la rottura definitiva con Giulio Tremonti, non molla sul taglio dell’Irap. Se ne parlerà con molta probabilità a febbraio, a ridosso delle elezioni, dopo il calcolo esatto delle entrate provenienti dallo scudo fiscale (la scadenza del 15 dicembre potrebbe essere prorogata). E nella speranza che la ripresa porti maggiori risorse nelle casse dello Stato.

Settimana cruciale, dunque, per il premier. Per nulla intenzionato a mollare il dossier Abruzzo. Mercoledì, infatti, farà di nuovo tappa all’Aquila. Nel programma provvisorio, il saluto ai rappresentanti delle Forze Armate, nel giorno della loro Festa nazionale. A seguire, pranzo in caserma a Coppito, poi trasferimento a Fossa e Villa Sant’Angelo per l’inaugurazione di due villaggi di casette di legno, realizzati in collaborazione con la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Provincia di Trento. Lunedì prossimo, invece, potrebbe di nuovo fare «cucù» ad Angela Merkel: il 9 novembre il premier volerebbe in Germania, per il ventennale della caduta del Muro di Berlino.

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