Società

BERLUSCONI OSSESSIONATO DALLA SENTENZA MILLS

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(WSI) – «Hanno preparato la ghigliottina. Ecco cosa stanno facendo quelli di Milano». Da giorni stava montando la rabbia. Lo scontro con la magistratura era diventato un suo chiodo fisso. Ma ieri, quando sul suo tavolo è arrivata la notizia che il processo Mills andrà avanti e che anzi verranno stretti i tempi delle udienze, Silvio Berlusconi non è riuscito più a tenersi. I giudici, ormai, sono diventati una ossessione per lui.

Ieri, allora, nonostante l´impegno del Consiglio europeo, ha più volte chiamato Roma per farsi aggiornare. Ha parlato con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e con il suo consigliere Nicolò Ghedini. Perché ormai, è il suo ragionamento, la sfida con il tribunale di Milano va giocata «alla luce del sole». Con un dialogo diretto con l´opinione pubblica.

In un primo momento il Cavaliere aveva fissato una conferenza stampa a Roma all´inizio della prossima settimana. Un appuntamento organizzato per rivolgersi «direttamente» agli italiani e contestualmente presentare il cosiddetto Lodo Schifani bis. «La gente dovrà sapere cosa sta accadendo – ha ripetuto prima di incontrare i giornalisti a Bruxelles – tutti dovranno sapere che vogliono mettere un capo di governo sotto ricatto. Vogliono tagliargli la testa ribaltando i risultati elettorali».

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L´accelerazione impressa dai giudici milanesi, però, ha rivoluzionato l´agenda. La paura è improvvisamente salita. Le questioni europee e l´impasse vissuta dall´Ue dopo lo stop irlandese, aspetti secondari. L´attacco ai pm non poteva più attendere. Per un semplice motivo: ormai quella con i magistrati è una vera e propria corsa contro il tempo. Il premier – e i suoi legali – si sono convinti che a Milano non solo respingeranno la ricusazione della Gandus, ma faranno di tutto per chiudere il dibattimento prima che le norme «salva-premier» diventino legge.

E se così sarà, quelle stesse misure non avranno più alcun effetto visto che la sospensione dei processi è possibile solo nella fase dibattimentale. Lo «scudo» studiato per riparare il presidente del consiglio verrebbe così demolito.

E le «garanzie» reclamate nei due incontri con Giorgio Napolitano, si rivelerebbero inesistenti: «Avevo chiesto un gesto di buona volontà. A questo punto, però, anche io non posso fornire garanzie sulle mie scelte». Tant´è che anche sul Colle ieri è scattato l´allarme rosso. I contatti con l´Anm non sono mancati. Il presidente della Repubblica deve ancora scegliere quando e se ricevere la delegazione dell´Associazione.

Sa che questo potrebbe essere il primo capitolo di un conflitto istituzionale. Segue con «preoccupazione» la guerra in corso tra poteri dello Stato e nello stesso tempo cerca di mettere a punto una strategia della pace.

Ma nella «corsa» a due, pure il capo dell´esecutivo decide di affrettare il passo. Del resto la stessa ricusazione della Gandus verrà discussa entro il prossimo 10 luglio: troppo presto perché il decreto sulla sicurezza venga approvato dalla Camera. O forse abbastanza «puntuale» per cadere – è il suo sospetto – durante il vertice del G8 convocato in Giappone, a Sapporo, dal 7 al 9 del prossimo mese. Scatenando così un putiferio mediatico durante il summit dei «grandi» della Terra. Tutti granelli che per Berlusconi rischiano di trasformarsi in una valanga. O meglio, in un incubo.

Quello del 1994, l´anno in cui cadde il suo primo governo. E rispetto al quale coglie diverse analogie. Il pressing dei giudici insieme ad una certa insofferenza della Lega. Eppoi la posizione assunta dal Csm. La pratica aperta martedì scorso proprio da Palazzo dei Marescialli a tutela dei magistrati di Milano, ad esempio, lo ha colpito. «Io ricuso il presidente del Tribunale – ha detto allarmato – e loro un secondo dopo annunciano la tutela? Ditemi se non c´è un disegno?».

«Io però – si è sfogato con i suoi anche nel volo di ritorno da Bruxelles a Roma – non mi faccio mettere sotto ricatto». La prima mossa, dunque, sarà la prossima settimana il varo ufficiale del Lodo Schifani: un ddl del governo per sospendere i processi delle cinque più alte cariche dello Stato e dei giudici costituzionali. Un provvedimento che secondo Palazzo Chigi verrà approvato a Montecitorio entro luglio e al Senato entro ottobre.

Stavolta vuole andare fino in fondo. E, novità, a frenarlo non c´è più il capo delle «colombe», ossia Gianni Letta. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, su questa vicenda non ha azionato il suo «freno». Anche perché in gioco non c´è solo una condanna ma il futuro politico del Cavaliere: «Mi vogliono ghigliottinare adesso, azzopparmi», ripete. E quell´ «azzopparmi» ha un unico riferimento: la candidatura al Quirinale messa in cantiere per la fine della legislatura.

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