Società

BERLUSCONI NEGAVA PURE
CON LA MONDADORI

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(WSI) – Ieri Berlusconi ha smentito che dietro la scalata di Ricucci
a Rcs ci sia lui, sotto qualunque forma e in qualunque
veste, sia politica che come finanziere. Ubaldo Livolsi
lavora in proprio – prosegue la risentita smentita.

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Ed è
anzi una pura espressione di odio e pregiudizio nei confronti
del premier, che qualcuno si azzardi a dire «finalmente
si è capito chi c’è dietro Ricucci»: per la cronaca,
non si parla certo solo dell’Unità, di Repubblica e naturalmente
del Corriere della Sera che è parte in causa, o di Enzo
Biagi che annuncia il suo scontato addio se arriva il Cavaliere;
ma a dirlo è in prima persona da Porto Cervo
il presidente di Confindustria Montezemolo, che
non a caso affonda il colpo annunciando il sostegno
alla Margherita.

Nel frattempo,
la Gemina dei
Romiti ne approfitta
per annunciare
l’uscita definitiva
dalla partita Rcs e
la cessione del suo
residuo poco più dell’1% della
società, offrendolo proquota
agli altri aderenti del patto, e incassando
una cinquantina di milioni
che serviranno in parte a rilevare
dagli altri soci le quote di Aeroporti
di Roma non controllate dai
Romiti. I tempi dell’operazione
non sono ancora definiti perché tutti i soci dovranno pronunciarsi.
Ma i Romiti non vogliono restare in mezzo a
bagarre che dovessero scoppiare nel recinto di Mediobanca.

Proprio ieri Danilo Coppola ha annunciato di esservi
cresciuto da poco più dell’1% al 4%, e di prefiggersi
si raggiungere presto il 5% di piazzetta Cuccia. E Tarek
Ben Ammar ha definito la scalata a Rcs «legittima ma io
non ci sto», esplicitamente motivando la scelta con la preferenza
di tenere buoni i rapporti con i soci di Mediobanca,
in vista di altre future partite. Ed ecco che in tutto questo
improvvisamente scoppia il caos. Perché non ci sono
santi. Mentre i berluscones della maggioranza insorgono
a difesa della smentita del premier, la sinistra – anche se
con variegate sfumature – non crede affatto che dietro Ricucci
non ci sia Berlusconi. E sembra di tornare a un momento
e un copione già recitato, in passato.

Tra il settembre
e il novembre del 1989, sale la febbre in Mondadori. Il
Caf è preoccupatissimo del ruolo crescente che vi svolge
De Benedetti dopo la morte di Mario Formenton, e Andreotti
e Craxi sparano a palle incatenate contro «inusitate
concentrazioni mediatiche che vedono
imprenditori sostituirsi con il loro peso preponderante
nell’informazione alla politica
nazionale». Berlusconi è in Mondadori con
una piccola quota, che ha ottenuto quando
ne ha rilevato Retequattro, affidatagli da
Cuccia dopo la disastrosa gestione Formenton.
Ma fervono gli acquisti sul mercato delle
azioni privilegiate, buone nelle assemblee
straordinarie a preparare eventuali colpi di
mano. Berlusconi nega per mesi di essere dietro gli acquisti,
con la stessa intransigenza della sua smentita di ieri su
Rcs. Fino ad annunciare che gli eredi Formenton, Leonardo
e Cristina, hanno cambiato idea su De Benedetti e cedono
a lui. Persino Piero Ottone c’era cascato,alle smentite.

Ne vennero 15 anni di guerre giudiziarie, una crisi di
governo sulla legge Mammì e un lodo Ciarrapico che
spartì le testate anche se i processi continuarono. Ma resta
il fatto che, con quel precedente, la smentita di Berlusconi
di ieri oggettivamente lascia il tempo che trova. Stavolta
Piero Ottone non ci casca.

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