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BERLUSCONI-MILLS, ECCO IL FILE SEGRETO

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(WSI) – Il 5 febbraio 2004, mentre ascoltava il suo cliente David Mills rievocare una volta ancora la storia dei suoi rapporti con la Fininvest e spiegare che con le sue testimonianze reticenti aveva “tenuto Mr. B fuori da un mare di guai”, il fiscalista Bavid Barker annota su un pezzetto di carta due parole: “Subornazione di testimone”. Ai suoi occhi, i 600 mila dollari che il legale inglese di Silvio Berlusconi aveva incassato dal “braccio destro” del Cavaliere, Carlo Bernasconi, non potevano essere altro che il prezzo del silenzio. La somma, o una parte della somma, sborsata dagli uomini Fininvest per evitare che Mills rivelasse ai magistrati come il leader di Forza Italia avesse bonificato nel 1991 in Svizzera 21 miliardi di lire a Bettino Craxi; come avesse violato le leggi anti-trust italiane e spagnole controllando attraverso prestanome la maggioranza della vecchia Telepiù e di Telecinco; e come centinaia di milioni di dollari fossero stati sottratti dai bilanci del gruppo per finire sui conti personali della famiglia Berlusconi.

“Ci parve tutto molto strano: a che titolo Mills aveva ricevuto soldi da Bernasconi? Era per caso il suo figlio adottivo?”, ha ripetuto in aula con humour britannico Barker quando è stato ascoltato nel processo che vede Mills e Berlusconi imputati per corruzione in atti giudiziari. Un dibattimento da fermare a tutti costi: a colpi di ricusazione dei giudici e persino facendo ricorso a leggi unanimemente considerate incostituzionali. Un processo da bloccare, non solo per il timore della sentenza, ma anche per quello della requisitoria. Gli onorevoli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo non vogliono infatti che il pm Fabio De Pasquale ricostruisca pubblicamente tutti gli aspetti di una vicenda definita, nel 2004, dallo stesso Mills in uno sconcertante documento inedito “molto insolita” come “sono stati anche, a dir poco, insoliti i miei ultimi nove anni”.

È la carta segreta dell’accusa che ‘L’espresso’ ha potuto leggere: due paginette sperdute tra le centinaia di migliaia di atti che De Pasquale vorrebbe ripercorrere nel suo intervento finale. È un file cancellato dal computer di Mills, ma recuperato dai detective di Londra. Scorrendolo si scopre che Bernasconi nel 1999 promise all’avvocato molto più dei 600 mila dollari fatti poi rientrare in Inghilterra. Ma che invece, scrive il legale inglese a un misterioso interlocutore, “voleva farmi un regalo di circa 500 mila sterline”. E questa non è l’unica sorpresa del processo Berlusconi-Mills. Di che cosa si sia finora discusso in tribunale gli italiani del resto non lo sanno. Le tv non si sono fatte vedere. I giornalisti nemmeno, salvo qualche cronista inglese e alcuni stoici colleghi milanesi che, da marzo 2007, hanno seguito le udienze riuscendo però a pubblicare ben poco.


Per questo, nel luglio dello scorso anno, il duo Ghedini-Longo ha detto chiaro e tondo che quello contro Berlusconi “è un processo di cui meno si parla e meglio è per il cliente”. Per questo ora la requisitoria di De Pasquale fa paura. Se il pm riuscirà a intervenire, butterà sul tavolo nuovi documenti, i file di Mills, i bonifici bancari giunti da poco per rogatoria, le testimonianze rese in un aula semideserta, che raccontano come, secondo l’accusa, per 13 anni il Cavaliere e i suoi uomini abbiano tentato di risolvere le loro grane giudiziarie distruggendo prove, pianificando versioni di comodo e versando milioni di sterline al loro avvocato londinese. Al centro del processo infatti non c’è solo la presunta mazzetta contestata dall’accusa. C’è anche un pagamento di 2 milioni e 400 mila sterline, definito da Mills “inaspettato”, versato a titolo di compenso professionale, su esplicito consenso del presidente del Consiglio, dopo un incontro avvenuto ad Arcore nel luglio del 1995.


Insomma, se il processo venisse stoppato dopo la requisitoria, ma prima della sentenza, su Berlusconi resterebbe una macchia indelebile capace di azzoppare le sue aspirazioni di successione a Giorgio Napolitano al Quirinale. E ancor peggio potrebbero andare le cose se, come prevedibile, dopo il fermo di un anno del dibattimento, che il Parlamento dovrebbe votare il prossimo 27 luglio, il tribunale decidesse di stralciare (a causa dell’approvazione del lodo Schifani bis) la posizione del premier da quella di Mills. In quel caso si andrebbe a una sentenza contro il solo avvocato inglese che, nell’eventualità di una condanna o di una prescrizione, finirebbe per avere effetti politici anche sul Cavaliere (per l’accusa Mills è il corrotto, Berlusconi il corruttore, mentre Bernasconi è morto nel 2001).

Sul momento comunque il problema maggiore per il premier è la requisitoria di De Pasquale. Mills, come è noto, all’una di notte del 18 luglio del 2004 ha confermato davanti ai pm il contenuto di una lettera in cui confessava al proprio commercialista di aver ricevuto nel 2000, 600 mila dollari dopo una serie di colloqui con “una persona legata all’organizzazione di B” (Bernasconi). Poi però ha ritrattato. E ha indicato come fonte del denaro un altro suo cliente: l’armatore di Salerno Diego Attanasio. Ma in aula Attanasio è stato categorico: “Mai dati o prestati 600 mila dollari a Mills”.

L’analisi dei conti esteri gestiti dal legale londinese e le dichiarazioni di altri clienti hanno quindi dimostrato come Mills confondesse il suo patrimonio personale con quello di chi gli aveva affidato soldi in gestione. Tanto che ora De Pasquale, pur non essendo stato in grado d’individuarne l’origine esatta, lo dice chiaramente. E nel capo d’imputazione, riformulato pochi mesi fa, parla di “denaro confluito, e di seguito occultato, nella massa di fondi ($10 mln) di proprietà di Attanasio movimentati – su istruzioni di Mills – a Londra, in Svizzera e a Gibilterra”. Non per niente tra le carte il pm milanese conserva uno schema da cui emerge come Mills, prima d’incassarla, abbia fatto circolare quella somma decine di volte (anche avanti e indietro) su conti suoi e della clientela.


La difesa di Berlusconi però teme soprattutto altri documenti: i file spuntati fuori dal pc di Mills nel febbraio del 2006, quando la Metropolitan police ha fatto irruzione nella sua abitazione. Uno di questi è la bozza della memoria con cui Mills aveva ritrattato la sua confessione del 2004. In due righe, non presenti nell’originale depositato, si cita un incontro, avvenuto nel novembre del 2002, tra Mills, l’attuale deputato Alfredo Messina (ex direttore finanziario di Mediaset) e gli “avvocati Fininvest” alla vigilia della deposizione del legale londinese nel processo (in cui era imputato Berlusconi) Sme-Ariosto.


Un episodio che conferma come al di là degli attacchi di facciata – Mills fino ad allora era sempre stato trattato ruvidamente dai difensori del Cavaliere – i rapporti tra lui e il gruppo Berlusconi fossero in realtà più che buoni. Del resto proprio Mills, nella carta segreta di De Pasquale, un memorandum intitolato ‘Il dividendo Fininvest e Carlo Bernasconi-Confidenziale’, scrive: “Carlo mi assicurò che lui e il suo boss (Berlusconi, ndr) si erano resi conto che avevo fatto quel che dovevo fare e niente di più. Capì anche quanto la saga Berlusconi fosse stata distruttiva per la mia carriera”. Poi prosegue, ricordando che Bernasconi “rimase inorridito” quando seppe che buona parte del denaro che gli era stato dato da Fininvest nel 1995 (i 2,4 milioni di sterline) non era stata riscossa da Mills, ma dai suoi partner di studio che lo avevano costretto a dividere la somma (1,5 milioni di sterline al netto delle tasse) con loro.

Per questo Bernasconi decise di dargli mezzo milione di sterline. Vediamo come: “Nel settembre ’99 Carlo mi chiamò e mi disse che aveva avuto un successo eccezionale in quell’hedge fund (che gli avevo consigliato, ndr) e voleva condividerlo con me. Disse che lui, e non soltanto lui (non fu più preciso né io insistetti – non penso intendesse Berlusconi stesso, ma altri della Fininvest), era molto dispiaciuto per me e che voleva farmi un regalo di circa 500 mila sterline. A dire il vero si scusò che (quella cifra, ndr) non fosse tanto quanto i miei partners mi avevano preso. (…) disse che il regalo sarebbe stato in parte in un hedge fund e parte in contanti. Alla fine mi trasferì 600 mila dollari, valore facciale, nel Torrey Fund (il fondo consigliato da Mills, ndr) nell’ottobre 1999 e mandò l’equivalente di 250 mila dollari alla mia banca di Londra”.


Non è chiaro che cosa sia esattamente questo memorandum; Mills, come Berlusconi, rifiuta di farsi interrogare in aula. È probabile però che si tratti di una bozza delle spiegazioni preparate per il fisco inglese che proprio nella primavera del 2004 gli stava facendo le pulci. Nel documento il legale tende infatti a tenere fuori Berlusconi dal giallo politico-finanziario. Esattamente come ha scritto in una lettera ufficiale del 4 maggio inviata agli uffici delle tasse.


Resta il fatto che in quei mesi, con chiunque parlasse o a chiunque scrivesse, Mills faceva risalire ‘il tesoro’ ai suoi affari con la Fininvest. Non con altri clienti. Federico Cecconi, l’avvocato di Mills, ostenta sicurezza: “Dagli atti risulta che quelle somme sono da ricondurre a soggetti ed entità diversi da Bernasconi o da manager Fininvest-Mediaset”. Il Cavaliere, invece, è tutt’altro che tranquillo. E per essere sicuro di vincere conta sulle Camere: la legge blocca processi passerà a fine mese.

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