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BERLUSCONI, ELEZIONI ANTICIPATE E IL RISCHIO FINI: NON SUPERERA’ IL 4%

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(WSI) – Berlusconi sa che non è finita e non finirà, che i media insisteranno sui festini e le donnine, che le vicende giudiziarie torneranno a lambirlo, che «i miei nemici» — come definisce l’indistinta coalizione di interessi a lui ostile — cercheranno di tenerlo sotto pressione.

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Ma la variabile oggi è Fini. Perché se da una parte il Cava­liere è certo che il presidente della Camera continuerà a di­stinguersi – tenendo in fibrillazione governo, partito e mag­gioranza – dall’altra non riesce ancora a capire quale sia il vero obiettivo del «cofondatore» del Pdl. Era scontato che il premier lo accusasse di «tradimento», «ingratitudine» e «slealtà» do­po il suo discorso di Gubbio. Così com’era chiaro che l’ex lea­der di An avrebbe pubblicamen­te detto ciò che da tempo spie­gava nei colloqui riservati: e cioè che «Berlusconi per difen­dersi si è consegnato nelle ma­ni di Bossi», che «il Pdl è ridot­to a una sorta di Forza Italia al­largata », che «se spegnessero la luce nella stanza del governo e lì dentro ci fosse Tremonti non si sa cosa gli accadrebbe».

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È vero che il tema sollevato da Fini sulla vita interna del nuovo partito è assai sentito, persino il capogruppo Cicchitto – subito dopo il congresso – so­steneva che «d’ora in poi la de­mocrazia telefonica usata da Berlusconi in Forza Italia non potrà più bastare». Ma a Gub­bio Fini si è spinto oltre, criti­cando la politica dell’esecutivo e – secondo il premier – «ali­mentando speculazioni» sul de­licato tema delle inchieste di mafia. I tentativi di rattoppo non hanno nascosto lo sbrego, semmai l’hanno reso più evi­dente. In più Bossi è tornato ad attaccare in modo veemente il presidente della Camera, con il quale – dopo il varo del decreto sicurezza – aveva tentato di stringere un accordo, se è vero che era andato a trovarlo di per­sona a Montecitorio: «Gianfran­co, tienimi fuori dalle tue be­ghe con Silvio. Io non c’entro nulla e non voglio finirci in mezzo». Non è andata così.

E comunque resta senza ri­sposta l’interrogativo del Cava­liere: dove vuole arrivare Fini? Finora sono state valutate due ipotesi. La prima è quella che il premier definisce «la sindrome da Elefantino», riferimento alla lista presentata da Fini alle Eu­ropee del ’99, e con la quale l’al­lora capo di An provò a conqui­stare la leadership del cen­tro- destra. Quell’operazione fal­lì. E fallirebbe anche stavolta, a detta di Berlusconi, che ha com­missionato subito un sondag­gio per rilevare l’appeal elettora­le dell’alleato: «Se si presentas­se con una sua lista e con le sue idee, non andrebbe oltre il 4%». Ma prospettive di terzo polo non ce ne sono, anche Monteze­molo ha voluto mettere a tace­re i boatos. Inoltre Fini non in­tende «ballare da solo», sebbe­ne si senta solo nel Pdl. Tanto che la mattina dell’attacco di Feltri sul Giornale notò che nemmeno Gianni Letta l’aveva chiamato per solidarizzare.

C’è allora l’altra ipotesi: quel­la cioè che Fini immagini un precipitare degli eventi per fat­tori al momento non noti. La sentenza della Consulta sul «lo­do Alfano» è vissuta nel Palaz­zo come una sorta di sentenza sulla legislatura. Però non ba­sta a spiegare tutto. Eppoi «io non me ne andrò mai, mai», ri­pete il Cavaliere, conscio che la sua immagine internazionale è irrimediabilmente rovinata, ma forte del consenso nel Paese. Anche i dirigenti del Pd l’hanno constatato nel primo rilevamen­to riservato che hanno ricevuto da Ipsos dopo la pausa estiva. Nonostante le polemiche e gli scandali, da luglio a settembre Berlusconi ha perso solo un punto nell’indice di fiducia (50,7%), restando davanti a tut­ti gli altri leader, anche loro tut­ti in calo. Di più: il Pdl, in trend positivo da luglio, è arrivato al 38,2%. E la forbice nelle inten­zioni di voto per coalizioni è au­mentato di un punto e mezzo, con il centrodestra oggi al 49,4% e il centrosinistra al 37,9%.

«E allora: cosa devo chiarire con Fini?», s’infuria il Cavalie­re. Forse il premier dovrebbe valutare una terza ipotesi, esa­minata da alcuni dirigenti del Pdl. È un altro scenario, non quello del «Fini contro Berlu­sconi », ma quello del «Fini do­po Berlusconi», magari logora­to dagli attacchi. Ecco la sfida. Ecco la scommessa.

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di Francesco Bei

Nonostante le smentite, resta molto alta la tensione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. I due si vedranno stasera alla cena offerta a Villa Madama da Fini agli altri presidenti dei parlamenti del G8, ma è improbabile che in quella cornice così ingessata ci sia spazio per un incontro di chiarimento.

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«Anche perché», ha ripetuto ieri Fini a Gianni Letta, che lo ha chiamato varie volte per implorare un riavvicinamento con il Cavaliere, «quello che ho detto a Gubbio è solo una parte dei problemi che abbiamo sul tavolo». E dunque servirà tempo per un faccia a faccia che, allo stato, dovrebbe tenersi a metà della prossima settimana. Ma c´è anche da tener conto della forte irritazione del Cavaliere nei confronti del suo antagonista.

Raccontano che Berlusconi sia uscito dai gangheri ascoltando un passaggio in particolare dell´intervento pronunciato da Fini alla scuola quadri del Pdl a Gubbio (organizzata per 8 anni da Bondi come scuola di Forza Italia e che il premier considera quindi come casa sua).

È stato quando Fini, respingendo lo «stillicidio» di attacchi contro di lui, ha buttato lì una frase sibillina: «A differenza di altri, io non mi diletto con grembiulini e compassi». Con chi ce l´aveva? Tutti hanno guardato immediatamente i forzisti sotto al palco, dove sedevano alcuni nomi in odore di massoneria.

Ma il Cavaliere ne ha dato un´altra interpretazione (quella autentica a sentire i finiani) e ai suoi ha consegnato questo sfogo: «Ma Fini è impazzito? Le procure mi accusano di essere il mandante delle stragi e adesso lui rispolvera di nuovo questa storia della P2?». Insomma, il clima è ancora questo. Berlusconi si sente sotto assedio – tanto che oggi ha annullato la visita alla Fiera del Levante appena gli è stato riferito che Patrizia D´Addario avrebbe provato ad intrufolarsi – e ha individuato proprio in Fini uno di quelli che provano ad abbattere con l´ariete il portone del fortilizio.

Nell´ambiente che ruota attorno al presidente della Camera si ascoltano infatti questi ragionamenti: «L´affondo sulle stragi è stato il primo segnale, quello sulla P2 il secondo. Se Feltri e gli altri pretoriani di Berlusconi continueranno ad attaccare Fini, arriveranno altri contraccolpi». A Gubbio del resto l´umore prevalente è tutto contro il presidente della Camera, persino tra gli uomini che provengono dalle file di An, passati armi e bagagli tra i berluscones. Se ne è avuto un assaggio alla cena dei parlamentari del Pdl alla “Taverna del lupo”, riservata e chiusa ai giornalisti. Alla presenza di Renato Schifani è andato in scena un vero processo corale a Fini, ovviamente in contumacia. «Adesso è arrivato persino ad accusare Berlusconi di essere il capo della mafia», ha tuonato un forzista.

Mentre un senatore proveniente da via della Scrofa ha ironizzato: «Si lamenta della mancanza di democrazia del Pdl, ma fatevelo dire da chi c´era: quando stavamo in An la linea politica di Fini l´apprendevamo sempre dai giornali». Tutti contro Fini appassionatamente. Con tanta foga che Fabrizio Cicchitto, dopo l´accorato intervento dal palco contro le tesi del presidente della Camera, pare abbia dovuto farsi misurare la pressione.

La sostanza del problema è che Fini e Berlusconi hanno in mente due partiti radicalmente diversi. Il Cavaliere pensa a un movimento che ne assecondi le intuizioni e faccia la “ola”, l´ex leader di An ha in mente un partito di iscritti, che discute. «Il Pdl è importante – ragiona Denis Verdini, uno dei tre coordinatori nazionali – ma la leadership lo è di più. Oggi ho fatto un esperimento andando a spasso per Gubbio con mia moglie. Su 12 persone che mi hanno salutato, tutte e dodici mi hanno detto di averci votato perché c´era Berlusconi. Votano lui, non il Pdl, chiaro?».

Le ostilità tra Fini e Berlusconi sono così profonde, i caratteri così diversi, che molti dubitano ormai che i due possano resistere a lungo sotto lo stesso tetto. Non è sfuggito l´appello fatto ieri dal palco di Gubbio da un applauditissimo Renato Brunetta: «Gianfranco, stai con noi». Già, fino a quando?

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