Economia

Bce, quali conseguenze del rialzo tassi su mutui e debito pubblico italiano?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Dopo oltre dieci anni, ieri la Bce ha alzato i tassi di interesse di 50 punti base. Una decisione inevitabile di fronte a un’inflazione che si avvicina pericolosamente alla doppia cifra. Quello dei tassi di interesse è il principale strumento di politica monetaria di una banca centrale per contenere il surriscaldamento dei prezzi. Obiettivo primario della Bce è, infatti, il mantenimento della stabilità dei prezzi, ovvero un’inflazione intorno al 2%. Ma quali saranno le ripercussioni di questa mossa sulla vita di cittadini e imprese?

Mutui più cari

Se le banche dell’eurozona pagheranno un costo maggiore per prendere in prestito denaro dalla Bce, alla fine anche i prestiti e i finanziamenti a tasso variabile (mutui) a imprese e cittadini saranno di conseguenza più costosi. Il parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile è l’Euribor che, come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso Bce. Solo la formula del mutuo a tasso fisso protegge dalle variazioni successive dei tassi di interesse.

Di quanto potrebbero salire le rate dei mutui? In una elaborazione del Codacons sull’aumento dei tassi deciso dalla Bce e i mutui a tasso variabile, si arriva al seguente calcolo: ipotizzando un mutuo da 200 mila euro per l’acquisto di una prima casa a Roma, un finanziamento a tasso variabile salirebbe in totale di 14.640 euro in caso di finanziamento a 20 anni, di 18.300 euro per un mutuo a 25 anni e di 21.960 euro per un mutuo a 30 anni. Va ovviamente considerato – e lo precisa anche il Codacons – che l’andamento dei tassi variabili subisce modifiche in negativo o in positivo durante la vita del finanziamento, con effetti diversi sulla spesa di chi ha acceso un mutuo.

Maggiore costo del debito pubblico

Lo Stato, per finanziarsi, emette periodicamente dei titoli, come i Btp Italia, e se i tassi di riferimento salgono dovrà pagare nei prossimi anni una cedola maggiore agli investitori. Questa, in teoria, sarebbe una notizia positiva per i risparmiatori. Tuttavia, chi ha in portafoglio titoli acquistati in passato ad un tasso di interesse più basso subisce una perdita di valore in conto capitale: quei titoli oggi valgono di meno perché è possibile acquistarne di nuovi, che pagano un tasso di interesse più elevato dei precedenti.

Dal punto di vista dello Stato, l’aumento dei tassi questo potrebbe comportare un aggravio della situazione per quei Paesi già molto indebitati, come l’Italia. Va detto però che, nel caso dell’Italia, una elevata durata media del debito, pari a circa 7 anni, con oltre il 70% a tasso fisso, frena le ripercussioni di un aumento dei tassi e, quindi, dello spread.

Rafforzamento dell’euro

Dalla stretta monetaria scaturisce anche un rafforzamento del tasso di cambio dell’euro che, al momento, ondeggia intorno alla parità con il dollaro. Proprio l’aumento del valore del dollaro, al quale abbiamo assisto in questi mesi, è conseguenza della serie aggressiva di aumenti dei tassi operata dalla Federal Reserve.

Una moneta debole favorisce turismo ed esportazioni ma, al contrario, penalizza quei Paesi che importano molti beni, in particolare materie prime.

Rallentamento della crescita

Il rischio generalizzato di una stretta monetaria è quello di una frenata della crescita, dovuta a una contrazione dei consumi e degli investimenti da parte delle imprese. Ma, d’altro canto, va osservato come possano essere ben più gravi le conseguenze di una inflazione galoppante.