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Banche: nuovo no di Ubi a ops Intesa. Ma gli azionisti premiano l’offerta

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Non è bastato il ritocco al rialzo dell’offerta da parte di Intesa San Paolo. Ieri, per la seconda volta, il Consiglio di Amministrazione di Ubi ha detto no all’Ops dell’istituto di credito guidato da Carlo Messina, in quanto l’offerta “ancora non riflette il suo reale valore e non riconosce agli azionisti di UBI Banca il contributo apportato al valore complessivo della combined entity e un adeguato valore delle sinergie prospettate da Intesa”.

Il cda dell’istituto bergamasco ritiene inoltre che

“l’offerta continui a porre a carico degli azionisti di UBI Banca gran parte dei rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi Strategici dell’operazione definiti da Intesa. Il Corrispettivo Incrementato, seppur aumentato attraverso la componente in Denaro, non remunera adeguatamente tali rischi, persistendo, inoltre, una allocazione del valore e delle sinergie sfavorevole agli azionisti di UBI Banca attesa l’invarianza della Componente in Azioni ISP”.

Adesione azionisti supera il 26% del capitale

Cà de Sass offre 1,7 azioni di nuova emissione in cambio di un’azione Ubi. Con l’aggiunta della componente cash il premio offerto, rispetto al valore delle azioni Ubi allo scorso 14 febbraio, sale al 44,7%. Una proposta considerata allettante dagli analisti. E sta riscuotendo consensi nell’azionariato di Ubi.

Le adesioni all’opas sono al momento al 26,406% del capitale della banca guidata da Victor Massiah, grazie all’apporto, nella giornata di ieri, di oltre il 9% del capitale, il dato più alto dall’avvio dell’opas.

Gli azionisti di Ubi hanno a disposizione ancora tre giorni di Borsa aperta, fino al 28 luglio, per apportare le proprie azioni. Tra i grandi soci è arrivato il sì delle Fondazioni Crc (5,9%) e Banca del Monte di Lombardia (3,9%), di Cattolica (1%) e del patto dei soci bresciani (8%) mentre quello degli azionisti bergamaschi ha ritirato il suo no lasciando “libertà di adesione” agli aderenti.

L’efficacia dell’offerta è subordinata al raggiungimento di almeno il 50% di Ubi più un’azione, ma Cà de Sass punta al 66,7% in modo da garantirsi il controllo dell’assemblea straordinaria e procedere alla fusione con Ubi.

Infine, il Consiglio sottolinea che “l’Autorizzazione Antitrust dispone che, nel caso in cui ISP non riesca a dismettere sportelli di proprietà di UBI Banca, ISP sarà obbligata a cedere sportelli di sua proprietà idonei a produrre nei mercati interessati effetti almeno equivalenti a quelli derivanti dalla cessione di sportelli UBI Banca, con potenziali effetti negativi sul perseguimento delle prospettive di sviluppo reddituale sottese agli Obiettivi Strategici dell’Operazione”.