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Banche italiane: da Moody’s a Fitch e Credit Suisse. Arriva il coro dei pessimisti

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Tagli di target price, conferme di outlook negativi per l’intero settore, analisti che scuotono la testa pensando al futuro, e chi più ne ha, più ne metta: in questo momento il destino delle banche italiane appare davvero poco confortante. Non che, a livello globale, almeno per quanto riguarda le altre economie sviluppate, il quadro sia proprio ottimistico per i finanziari.

Certo è che non si può non notare come questa settimana sia stata piuttosto dura per gli istituti di credito italiani. L’ultima scure sui titoli quotati a Piazza Affari è arrivata da Credit Suisse, che ha operato un taglio sui target price di alcuni titoli appartenenti al comparto. L’obiettivo sul prezzo di Unicredit è stato ridotto infatti da 2,8 a 2,65, quello di Intesa San Paolo è stato abbassato da 2,8 a 2,75 euro, e Mps ha visto il proprio target price scendere da 1,3 a 1,25 euro.

Il giudizio di Credit Suisse è arrivato prima della diffusione dei risultati di bilancio delle banche. “Crediamo che ci potranno essere ulteriori downgrade sul fronte degli utili a causa dell’alta imposizione fiscale e, in alcuni casi, per le fee income più basse”, ha scritto l’istituto, spiegando la revisione al ribasso operata.

Ma il coro dei pessimisti sulle banche italiane è piuttosto popolato. Ieri è stata la volta di Fitch che ha reso noto di prevedere che la redditività delle grandi banche italiane continuerà a rimanere sotto pressione nella seconda metà del 2010 e nel 2011, come risultato di un contesto di bassi tassi di interesse e di una modesta crescita economica prevista per i prossimi due anni.

Secondo quanto riportato da Reuters Italia, Fitch ha rilevato che il maggior rischio a cui si espongono le principali banche italiane nel breve-medio termine è il deterioramento della qualità dell’attivo visto negli ultimi 18 mesi a giugno 2010.

Ma non finisce qui. Anche gli analisti di Matrix Corporate Capital, lo scorso 25 ottobre, non hanno risparmiato giudizi negativi sul nostro settore bancario (anche se in questo caso la scure ha colpito anche le banche spagnole).

Di fatto, Andrew Lim, anaista di Matrix, ha scritto in una nota che Unicredit e Banco Santander si confermano tra quegli istituti di credito italiani e spagnoli che “sono significativamente sotto capitalizzati”. Di conseguenza, secondo Lim, queste banche dovranno far fronte a molte pressioni che potranno costringerle a raccogliere nuovi finanziamenti.

Lim spiega infatti che banche come Unicredit e Banco Santander, che sono viste dai mercati come troppo grandi per poter fallire, potrebbero aver bisogno di un capital ratio pari al 10%, quando invece al momento dispongono di un livello “appena al di sopra” del minimo del 7% che le autorità di regolamentazione hanno chiesto di rispettare entro il 2012.

“Aumenteranno le pressioni del mercato affinché queste banche europee affinché aumentino il capitale e/o riducano i dividendi”, ha scritto Lim, secondo quanto riporta Bloomberg. L’analista ha emesso così un rating “reduce” su Santander, Unicredit e Intesa San Paolo.

Il problema, insomma, è il bisogno di nuovi capitali. Lo stesso Financial Times, lo scorso 24 ottobre, ha scritto che le banche italiane sono tra le meno capitalizzate in Europa. “Il risultato – ha scritto il quotidiano britannico- è che mentre le banche di tutto il mondo stanno assistendo al recupero graduale delle loro valutazioni, dopo aver raccolto nuovi capitali e aver assistito alla crescita dei propri profitti, e mentre gli istituti europei nel complesso stanno aumentando la capitalizzazione di mercato, l’Italia rimane indietro”.

Il Financial Times prevede che la conseguenza di un tale atteggiamento sarà così il taglio dei dividend.

E che dire infine di un altro grande nome che si è scagliato contro le banche italiane: si è trattato di Moody’s, nel cui ultimo rapporto si legge che: “le prospettive del sistema bancario italiano restano negative a causa delle modeste proiezioni a breve termine di redditivita’ e del protrarsi del quadro operativo sfavorevole”. Carlo Gori, Vice President, Senior Analyst ed autore del rapporto, ha poi precisato che “oltre alla scarsa redditività, le previsioni sono influenzate dai bassi livelli di capitale e riserve delle banche italiane, insufficienti a far fronte ai crescenti problemi connessi alla qualita’ degli attivi”.

Detto questo, un’apertura all’ipotesi di ricapitalizzazione è arrivata proprio ieri dal presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti, che ha affermato che le Fondazioni bancarie sono pronte a sostenere agli istituti di cui sono azionisti se con le nuove regole di Basilea 3 servirà nuovo capitale. Lo stesso Guzzetti ha ammesso infatti che con tali nuovi norme gli istituti di credito italiani rischiano di essere svantaggiati sul fronte dei requisiti patrimoniali degli Istituti di credito.

Intanto oggi, nel commentare la situazione del settore Alessandro Frigerio, di RMJ Sgr, in una intervista rilasciata a Class Cnbc, ha affermato che in effetti “le singole storie italiane” non stanno piacendo al mercato.

“Detto questo, se si guarda alla recente performance dei titoli Unicredit e Intesa SanPaolo, si nota anche che questi hanno sovraperformato il trend del titolo del colosso americano Bank of America”. Continuando, Frigerio ha ricordato che il settore bancario italiano è comunque alle prese “con una trasformazione di pelle che investe l’intero sistema finanziario a seguito del biennio clamoroso 2008-2009”.

Infine, l’esperto non esclude che l’annuncio di un aumento di capitale a cui è stato costretto Banco Popolare possa essere “il primo passo per diventare target all’interno di un contesto di un processo di consolidamento”.