Società

BANCA D’ITALIA A NEW YORK: PMI, TROPPE E MAL GESTITE

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Le PMI italiane sono troppe – sono milioni, la media nel nostro paese e’ di 3.9 dipendenti per societa’ – sono troppo piccole, private, carenti di risorse finanziarie e manageriali adeguate. Troppo spesso condizionate dalla conduzione familiare, non hanno saputo modellarsi per rispondere ai cambiamenti mondiali (globalizzazione, rivoluzione tecnologica e nascita dell’euro) degli ultimi dieci anni, non prendono rischi e non investono abbastanza nella ricerca e sviluppo.

E’ questo il succo del rapporto sulla trasformazione dell’organizzazione produttiva in Italia negli ultimi dieci anni curato dalla Banca d’Italia e presentato a New York da Matteo Bugamelli del Dipartimento di Ricerca di via Nazionale. Secondo lo studio sarebbe invece consigliabile favorire l’ingresso di societa’ di Private Equity e fondi venture capital stranieri per alimentare gli investimenti e le prese di rischio.

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Cosi’ come stanno le cose gli azionisti di minoranza non sono abbastanza protetti, le aziende preferiscono non buttarsi in investimenti rischiosi e non hanno il coraggio di cambiare le proprie strategie per adattarsi ai cambiamenti a livello mondiale che sono in atto da anni, sotto gli occhi di tutti. Le poche PMI che hanno avuto il coraggio di cambiare drasticamente le proprie strategie per diventare piu’ competitive hanno invece registrato una crescita di valore e produttivita’ tra il 2000 e il 2006.

Il paradosso delle PMI, come e’ stato definito da Bugamelli, e’ che si va alla caccia dell’innovazione senza investire a sufficienza nella ricerca e nello sviluppo. Alla voce R&D, nell’ultimo decennio l’Italia risulta essere il fanalino di coda dell’Ue a 15 – ovvero dei Paesi appartenenti al blocco prima dell’allargamento del 2004. Le spese nel Research & Development sono state pari all’1.2% del PIL italiano, contro il 2% dell’UE-15, mentre l’R&D finanziata dai privati si e’ attestata allo 0.5% contro l’1.1% dell’UE-15.

Anche il governo ha ovviamente le sue colpe. Il report critica l’inefficacia delle politiche degli ultimi dieci anni – l’unico provvedimento degno di lode e’ stato quello sulle liberalizzazioni del governo Prodi che porta la firma di Bersani. Il governo e’ accusato di aver imposto tasse societarie troppo alte (le piu’ elevate d’Europa), senza essere stato pero’ capace di sfruttare come si deve le entrate fiscali e le risorse finanziarie a disposizione.

Alcune riforme durante gli anni novanta avevano riscontrato successo,
ma quello di cui ha bisogno l’Italia industriale sono mercati output (i servizi in particolare) e input (lavoro) piu’ concorrenziali, tasse corporate piu’ basse e un governo piu’ piccolo, snello e stabile. Oltre ovviamente a stipendi piu’ alti (non aumentano dagli anni novanta). Per avere una corretta riallocazione dei posti di lavoro bisognerebbe aiutare i dipendenti, aumentando i costi sociali.