Economia

Bad bank: ore decisive. Governo si è mosso troppo tardi

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ROMA (WSI) – Dopo il nuovo allarme lanciato da Bruxelles sulla situazione critica delle banche italiane, va in scena un faccia a faccia decisivo tra il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan e la commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager. I 201 miliardi di euro in crediti deteriorati in pancia alle banche italiane costituiscono una fonte di rischio importante a breve termine, secondo le autorità europee.

Ecco perché non c’è tempo da perdere e va trovata una soluzione percorribile senza violare le norme europee. Il sistema bancario va risanato al più presto, il problema è che le condizioni alle quali questa ristrutturazione avverrà saranno molto più sfavorevoli ora che è entrato in vigore il programma dei bail-in di quanto non lo sarebbero stato invece cinque anni fa o anche un anno fa. Ma i vari esecutivi, da Berlusconi passando per Letta e arrivando fino a Renzi, hanno continuato a sostenere che il settore finanziario italiano è solido.

Secondo le indiscrezioni trapelate, ogni banca potrebbe essere affiancata da una propria bad bank, alla quale vengono ceduti i pacchetti di crediti deteriorati, come spiega Fubini.

“Se poi quei pacchetti finissero per fruttare alla bad bank acquirente meno di quanto questa li abbia pagati – per esempio perché gli immobili a copertura dei debiti si rivelano invendibili – allora scatterebbe la garanzia pubblica con un pieno indennizzo”.

Il valore delle garanzie non deve essere né troppo alto, né troppo basso, altrimenti il piano equivarrebbe a degli aiuti di Stato. Rifacendosi al piano di garanzia dei debiti bancari successivo al crac di Lehman Brothers, Padoan vorrebbe che l’assicurazione pubblica, come la si potrebbe chiamare, costi lo 0,7% o al massimo lo 0,8% del valore teorico del prestito in default. Vestager, ex ministro danese, punta a qualcosa di più.

La garanzia dovrebbe essere in ogni caso a pagamento, dice Federico Fubini sul Corriere della Sera, e molto probabilmente sarebbe “fornita da una controllata della Cassa depositi e prestiti, per chi la vuole nel momento in cui ricompra da una banca un pacchetto di crediti deteriorati”.

Si potevano evitare inutili perdite

È chiaro a tutti come il governo abbia gestito grossolanamente e sbadatamente una questione spinosa come quella dei prestiti inesigibili (Non Performing Loans) iscritti nei bilanci dei suoi istituti di credito ed ereditati in gran parte dalla crisi dei mutui subprime. È un po’ come se Renzi e ministri si fossero svegliati in colpevole ritardo, rendendosi conto all’ultimo che dal primo gennaio sarebbe entrato in vigore il piano di bail-in.

Con un intervento governativo le perdite sarebbero state inferiori e meglio gestibili. Eppure quando le decisioni furono prese sul piano europeo, le autorità italiane c’erano eccome e votarono a favore tutti, tranne Lega Nord e MoVimento 5 Stelle che anziché opporsi preferirono astenersi.

Va ricordato che con le nuove norme del bail-in – tra le condizioni imposte dalla Germania per poter arrivare all’unione bancaria europea – non saranno più i contribuenti a pagare per il salvataggio delle banche in crisi, bensì i creditori, gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti con più di 100 mila euro in banca. È una misura sulla carta più equa di quella del bail-out, perché risparmia i paesi dell’area euro esterni alla vicenda e anche i contribuenti della nazione di provenienza degli istituti che non hanno alcuna colpa e non hanno corso alcun rischio nel piazzare i loro investimenti.

Allo stesso tempo con il piano di bail-in entrato in vigore quest’anno gli istituti meno capitalizzati e con maggiore incidenza di crediti deteriorati “potrebbero andare incontro a crisi di fiducia con conseguenze estremamente negative sul piano della sostenibilità del business”, come sottolineato da Alessandro Guzzini, AD di Finlabo SIM.

“Purtroppo l’Italia si è mossa tardi sul tema, perdendo l’opportunità di fare un’operazione diversa come quella spagnola in cui, grazie all’intervento governativo, la svalutazione media delle sofferenze è stata ‘appena’ del 55%; ora invece le regole sono cambiate, ed interventi che non siano in linea con i valori di mercato sono considerati aiuti di stato e vanno quindi incontro al divieto della commissione Europea”, ha spiegato in modo molto lucido Guzzini.

In questi giorni che hanno visto un attacco speculativo sui mercati contro il sistema italiano, c’è più di un analista e gestore che ha fatto notare come si potrebbe esssere trattato di un affondo proveniente da Bruxelles proprio per influenzare le delicate trattative sulla bad bank in corso tra Italia ed Europa.