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AVANTI POPOLO, ALLA RISCOSSIONE

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*Oscar Giannino e’ Vicedirettore Finanza&Mercati. Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Caro direttore, l’ho scritto dal primo giorno della formazione del governo, che con Vincenzo Visco alle Finanze avremmo riavuto di fronte il più lucido e temibile avversario di chi pensa che viene prima l’individuo e poi lo Stato, prima la crescita e poi la ridistribuzione, prima la libertà e poi quel minimo di vincoli necessari a tenere in piedi il consorzio civile. La scommessa è vinta, caro direttore.

La prima Finanziaria del governo Prodi-bis è una esplosione nucleare statolatrica. Contraddice una serie di impegni assunti dall’Unione e dai suoi leader in campagna elettorale, e dunque tradisce in primis il proprio stesso elettorato. È stata preceduta da mesi di finti confronti tra parti e controparti, ma perpetrando solo all’ultim’ora sul tavolo tre espropri uno più grave dell’altro, e approfittando del connivente sciopero della stampa, perché il Paese sapesse solo troppo tardi e a cose fatte.

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È la definitiva disillusione di chi pensava che Tommaso Padoa-Schioppa potesse essere il punto di riferimento ragionevole di un’ala riformista del centrosinistra capace di tenere a bada l’ala antagonista. Consegna all’Italia il triste primato di essere l’unico Paese dell’Ocse che decide in maniera autolesionista di andare controcorrente, e di rimettere mano a una risalita massiccia del prelievo fiscale su persone e imprese, quando da un quindicennio cresce di più chi abbassa le imposte. Vediamo di dare al lettore esempi concreti per far capire che le accuse non sono mosse da spirito di contrapposizione, ma si basano su dati di fatto.

Oggi a Milano Prodi e Padoa-Schioppa spiegheranno ai giornali “amici” che la loro Finanziaria è tutt’altra cosa rispetto alla macelleria di cui li accusiamo. Si diffonderanno nel chiarimento dei 33,4 miliardi di euro in cui si articola la manovra. Ma delle loro riaggregazioni invito apertamente a diffidare. Il segno della Finanziaria è l’aggravio fiscale: i 10 miliardi di contenimento della spesa pubblica sono sopravvalutati, mentre nascono nuove Agenzie come quella per l’autonomia scolastica ed è ridicolo visto il centrosinistrra non ne ha mai voluto sentir parlare.

Alla cifra di 33,4 miliardi si giunge non certo per rispettare il tetto di deficit del 3% contrattato con Bruxelles – sarebbe bastata una cifra pari a un terzo della manovra – bensì per avere decine di miliardi aggiuntivi a disposizione del governo, da contrattare col sindacato e amministrati dai cosiddetti «incentivi alla crescita». E come si arriva alla maxi stangata espropriatrice? Attraverso tre plateali sbugiardamenti di impegni che l’Unione aveva preso.

Fino a poche ore prima del Consiglio dei ministri a coloro che gli crede vano Visco spergiurava che l’aggravio del prelievo sulle persone fisiche avrebbe riguardato solo coloro che avevano più di 70 mila euro l’anno. In tutta la campagna elettorale l’Unione ha gridato che non avrebbe mai ritoccato le aliquote dell’ex Irpef. Ebbene Visco e l’Unione mentivano: tutte le aliquote sono state riviste, e gli aggravi iniziano a riguardare i 9 milioni di soggetti che hanno un reddito tra 15mila e 26.500 euro – che passano da un aliquota dal 23 al 27%; penalizza un milione e mezzo di contribuenti che stanno tra i 28mila e i 33.500 euro di reddito – che passano da un’aliquota del 33 a una del 38%; e altri 600 mila, tra i 55mila e i 75mila euro di reddito, che passano da un’aliquota del 39 a una del 41%; infine tartassa al 43% (invece che al 39), i 250mila compresi tra 75mila e i 100mila euro di reddito.

Sono 11 milioni di contribuenti colpiti da aggravi di aliquote sul reddito, e gli aumenti partono da una fascia bassissima. Dice Visco che il meccanismo delle detrazioni riequilibra la progressività maggiore introdotta nel sistema: in realtà le detrazioni azzerano la propria portata tra i 40 e i 50 mila euro di reddito. Il colpo basso sul tfrSecondo colpo bassissimo a sorpresa: l’esproprio del Tfr alle imprese.

Fino a 24 ore prima del Consiglio dei ministri la stessa Confindustria è stata mantenuta all’oscuro del furto colossale di liquidità che lo Stato compie ai danni dei suoi iscritti e di tutte le altre imprese. Anticipando al 2007 la riforma del Tfr il governo Prodi non farà decollare i fondi complementari privati che servono tanto al mercato finanziario: sapendo che sarà lo Stato a incamerare il 65% dell’inoptato e contando sul fatto che lo Stato stesso certo non fallisce, i lavoratori saranno scoraggiati a optare per i fondi, e alla Tesoreria di Stato passeranno tra i 6 e i 9 miliardi di euro l’anno. È pura contabilità creativa, tanto che la stessa Finanziaria è costretta a mettere le mani avanti perché bisognerà vedere che cosa dirà Eurostat, di queste risorse acquisite dalle imprese allo Stato per finanziare opere pubbliche e incentivi allo sviluppo.

Per le imprese è una doppia mazzata: hanno visto ridursi nel 2007 a metà del 60% dei 5 punti promessi lo sgravio Irap poco più dunque del punticino che era stato considerato, quando lo aveva ridotto il governo Berlusco ni – ma in più si vedono rapinate di liquidità nelle loro mani a costo bassissimo. Padoa-Schioppa nella conferenza stampa di palazzo Chigi ha seraficamente osservato che le imprese non hanno da lamentarsi: quelle risorse le possono ottenere dalle banche. A costo più che doppio del 3% del Tfr, però: e con ciò il governo fa contente le banche, mettendosi più che in pari con il minor cuneo fiscale loro negato.

Il doppio regalo alla Fiat

Fermiamoci ancora un momento sulle imprese: in Finanziaria tutte vengono deluse e vedremo ora quali più colpite, però ci sono due sorprese-regalo a favore della Fiat. È ovvio che la supertassa sui Suv e il maxisgravio sulla tassa d’immatricolazione dei veicoli ad emissione Euro4 è un regalo indiretto alla Fiat, visto che non produce supercar ed è forte nelle utilitarie. Ma il regalo vero è lo strappo alla riforma Maroni che viene fatto concedendo alla Fiat la mobilità lunga a spese della collettività in deroga alla riforma pensionistica, ciò che giustamente il governo Berlusconi, il ministro Maroni e il sottosegretario Sacconi avevano sempre negato a Torino.

Per i signori di Confindustria, veder premiata solo l’azienda del loro presidente è una bella lezione. I farmaceutici si beccano una bella scoppola tutta per loro, visto che si taglia di 800 milioni il loro margine annuale. I concessionari autostradali sono freddati per decreto, dal momento che Di Pietro ottiene la riscrittura imperativa e non contrattata dei meccanismi tariffari sin qui vigenti. Sarà contento Montezemolo, insieme ai sindacati confederali, ma per tutti gli altri imprenditori l’alternativa è tra la notte fonda, e la delusione amara.

Veniamo poi al terzo esproprio: quello sul lavoro autonomo. Per l’intera campagna elettorale la Margherita ha predicato che si sarebbero innalzati solo i contributi al lavoro parasubordinato, per lottare contro il precariato. Bugia assoluta: oltre che su parasubordinati di 3 punti, i contributi salgono di oltre 2 punti anche per i milioni di lavoratori autonomi. Salgono persino di uno 0,3% per tutti i dipendenti, tanto per non smentire che il segno della manovra è incassare il massimo di risorse.

Ma se si somma la prima mazzata a tutti i redditi medi italiani, la se conda alle imprese che non siano a Torino e producano automobili, la terza all’Italia di chi lavora in proprio, e infine la potatura generale che si dà a tutto il risparmio inalzando al 20% il prelievo sui Bot, plusvalenze azionarie e compravendite di titoli, ecco che il segno politico della finanziaria di Visco diventa inequivocabile.

Romano fa contenti i sindacati

È una manovra che fa felice Epifani e Montezemolo. Che getta polvere negli occhi di chi vive con 15-20 mila euro l’anno, per carità milioni di italiani rispettabilissimi, ma che per il resto consegna all’Italia la bandiera di unico Paese bolivarista d’Europa. Se pensate che a ciò si aggiungono nuove imposte locali – come la “tassa di scopo” che potranno raccogliere i Comuni per costruire opere pubbliche – che si reintroduce il mussoliniano capo-caseggiato, visto che il condominio diventerà sostituto d’imposta per i lavori fatti in appalto da terzi, se immaginate che cosa potrebbe capitare visto che ogni Comune potrà assumere semplici diplomati per renderli ispettori fiscali e ficcare il naso nei vostri affari, se aggiungete che naturalmente i denari per i contratti dei dipendenti pubblici sono raddoppiati rispetto al “tetto invalicabile” posto inizialmente da Padoa-Schioppa, siete solo a un cinquantesimo degli aggravi scritti nella finanziaria fiscal-comunista che vi aspetta dietro l’angolo.

Maurizio Sacconi ha contato 58 diversi aggravi. Io di mio sono a più di 70. E ancora non ho capito bene se davvero possiamo dormire sonni tranquilli sul fronte delle successioni e donazioni, che nel testo della Finanziaria c’erano sotto forma di imposta di registro con franchigia ristrettissima sulla prima casa, e praticamente risibile su tutto il resto con aliquote da incubo. Mi auguro che il centrodestra ora sappia che cosa fare.

Ma, in ogni caso, ci dovremo pensare noi, anche e per primi se da soli. Spieghiamolo a tutte le Unioni industriali provinciali di Confindustria, il bel capolavoro che coi loro giornali hanno regalato all’Italia, l’odio riservato a chi cresce di più, scoraggiato, e rapinato dal governo. Mi dispiace ma io lo dichiaro: di fronte a questo, evadere la rapina di Stato è pura autodifesa. Irriducibile battaglia di libertà.

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