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Aumento Iva ha soffocato spese e in Giappone ora è paranoia deflazione

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TOKYO (WSI) – La cappa di deflazione avvolge i cieli del Giappone e soffoca il premier Abe. Il suo governo paga la decisione di aver aumentato l’Iva troppo presto. L’obiettivo era ridurre il fardello del debito pubblico, il più pesante al mondo, ma l’effetto secondario è stato che la spesa delle famiglie è calata su base annua del 4%, per il settimo ribasso consecutivo registrato per mese.

L’inflazione più bassa dell’ultimo anno riportata in ottobre non farà che aumentare le pressioni sul primo ministro in vista delle elezioni anticipate. Le ricette della cosiddetta Abeconomics stanno finendo per rivelarsi un fallimento nel paese che non cresce veramente da anni.

Il mese scorso i prezzi al consumo sono calati al 2,9% su base annua, un’inflazione per lo più dovuta all’aumento della tassa sui consumi dal 5 all’8 per cento dal primo aprile.

Corretta dall’effetto dell’aumento, infatti, la componente cosiddetta ‘core’ è stata dello 0,9%. L’inflazione depurata dai prezzi dell’energia e degli alimentari freschi è stata dell’1% il mese precedente. Si tratta del livello più basso da ottobre 2013.

Il voto del 14 dicembre, presentato come un referendum sulle ricette economiche di Abe, rischia di diventare un incubo per il partito dei conservatori. Gli ultimi dati macro rappresentanto infatti un balzo all’indietro rispetto alle conquiste che l’Abenomics sembrava aver ottenuto.

In particolare preoccupano i consumi e l’inflazione. Il dato sui prezzi al consumo rende più improbabile il raggiugimento dell’obiettivo del 2% stabilito dalla Banca del Giappone (BoJ). Disperatamente alla ricerca di un modo per scongiurare la spirale delfattiva, la BoJ lo scorso mese ha sorpreso i mercati annunciando che avrebbe allargato il suo programma di stimolo attraverso l’acquisto di asset a 80mila miliardi di yen (676 miliardi di dollari) all’anno.

“Nonostante la mossa a sorpresa della BoJ, noi manteniamo la nostra idea che c’è una lunga strada davanti per raggiungere l’obiettivo del 2 per cento”, ha spiegato Credit Agricole

Non tutti i dati sono tuttavia negativi. A ottobre la produzione industriale è cresciuta dello 0,2%, meglio di quanto previsto, e sono aumentate le esportazioni. “E’ un set di dati positivi che suscita speranza per un futuro rilancio della produzione”, è il commento di SMBC Nikko Securities.

La disoccupazione intanto è lievemente scesa, al 3,5% dal 3,6%, mentre le vendite al dettaglio sono aumentate dell’1,4% a ottobre. Tuttavia, la spesa delle famiglie è scesa su base annua del 4%, il settimo calo consecutivo.

“Nonostante il Pil reale abbia continuato a essere negativo a luglio-settembre e il Giappone sia in recessione tecnica, la domanda di lavoro tra le aziende è ancora robusta probabilmente grazie al calante effetto dell’aumento della tassa sui consumi”, ha spiegato da parte sua Marcel Thielant di Capital Economics.

Tuttavia, “nonostante il mercato del lavoro ben messo, l’inflazione continua a essere moderata…la pressione dei prezzi si modererà ulteriormente nel breve termine, mentre il recente calo dei prezzi del greggio deve ancora avere un riflesso sul costo delle importazioni di energia”.

L’aumento della tassa di aprile, che doveva aiutare ad alleggerire il peso del debito pubblico, è diventato invece un boomberang che Abe e il popolo giapponese rischiano di pagare caro.

Dopo gli stimoli monetari, alle riforme dell’Abeconomics mancano ancora le riforme strutturali. Bisognerà vedere se i giapponesi avranno la pazienza per lasciarlo proseguire.

(DaC)