Società

ATTENTI
AL CETO MEDIO

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All’inizio degli anni Novanta una serie di circostanze determinò una radicalizzazione dei ceti medi, che si sentivano taglieggiati da uno Stato centralista e partitocratico. E’ in quel clima che le inchieste milanesi sulla corruzione assunsero, man mano che il fronte politico crollava, il carattere di una tentata rivoluzione giustizialista. Fu fermata perché nacque una proposta di sbocco politico della radicalizzazione, e questo fu l’inizio della fase berlusconiana.

Oggi, a dieci anni di distanza, sembrano ripresentarsi molti degli elementi che caratterizzarono quella stagione. I ceti medi si sentono nuovamente aggrediti su più fronti, da quello della garanzia del risparmio, messa in discussione dalle vicende Cirio e Parmalat, dall’effetto euro, avvertito, più o meno a ragione, come fonte di un taglieggiamento speculativo che colpisce soprattutto i redditi fissi, dall’estendersi di agitazioni sindacali incontrollate nei servizi pubblici e di trasporto, che ledono diritti fondamentali, come quello alla mobilità.

Ancora una volta a questa tensione si possono dare risposte diverse, compresa quella giustizialista, che ricomincia ad affacciarsi. In ogni caso una risposta è necessaria e il sistema politico, se non sarà in grado di fornirla tempestivamente, rischia di essere scavalcato. La maggioranza corre il pericolo di dividersi tra chi intende assecondare le spinte “rivoltose” del ceto medio produttivo e chi si erge a difesa di equilibri istituzionali più formali che reali, contrapponendo i suoi caratteri moderati e riformatori, ambedue indispensabili.

L’opposizione, se continuerà a schierarsi in difesa statica dei tradizionali poteri forti, finirà col pagare anche responsabilità non sue. E’ in discussione la capacità del sistema politico di reggere, nell’ovvia articolazione delle posizioni e delle responsabilità, a una sfida sulla sua capacità di mantenere la guida. C’è da sperare che sia stata appresa la lezione di dieci anni fa e che non si ripetano gli errori che portarono alla decapitazione di una classe non abbastanza dirigente.

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