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Arrivano i Tartari, che facciamo?

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*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist Kairos Partners SGR. ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

Il giovane tenente Drogo arriva alla Fortezza Bastiani convinto di restarci pochi mesi. È un avamposto di confine tra alte montagne, la prima linea di difesa contro i temutissimi Tartari. Ammaliato dall’atmosfera del luogo, ipnotizzato dalla lenta routine miltare tutti i giorni uguale ed eccitato dall’idea di scontrarsi un giorno con gli invasori, Drogo resterà più di trent’anni in quel luogo irreale. Lo lascerà solo pochi giorni prima di morire e sarà proprio in quel momento che i Tartari, cogliendo completamente impreparati i soldati dell’avamposto ormai stanchi e disillusi, inizieranno la loro invasione.

Nel Deserto dei Tartari, un romanzo del 1940 che ha affascinato almeno due generazioni, Buzzati vola alto, parla delle illusioni della vita, del fluire sempre più veloce degli anni e della battaglia finale, che non è solo quella contro gli invasori, ma, ancora di più, quella contro la morte.

Il romanzo di Buzzati è anche un’eccellente illustrazione del tema del credersi preparati e del farsi in realtà sorprendere da ciò che a lungo si è atteso. I francesi spendono una fortuna, tra il 1928 e il 1940, per realizzare una complessa linea difensiva sul confine con la Germania, la Maginot. Si faranno poi cogliere totalmente impreparati quando i tedeschi, con la semplice astuzia di passare per il Belgio, si presenteranno davvero.Il tema dell’attesa e della sorpresa non vale solo nei confronti di ciò che è percepito come ostile. I messianismi, tipicamente, vivono nel tempo dell’attesa. Inizialmente si tratta di un futuro prossimo, ma gradualmente, impercettibilmente, questo tempo futuro diventa prima lontano e poi astratto. Al punto che il Grande Inquisitore, nella leggenda raccontata da Dostoevskij, non riesce a riconoscere il Salvatore ritornato tra gli uomini.

Molti investitori, dopo la crisi del 2008, hanno atteso con trepidazione il ritorno dei compratori. In Europa si è pensato più volte di averli individuati all’orizzonte, ma si trattava solo di incursioni temporanee. La delusione ha indotto a poco a poco molti investitori a costruire un sistema fortificato fatto di depositi vincolati, titoli di stato tedeschi, dollari di ogni tipo. In questa Fortezza Bastiani tutti hanno pensato di essere in grado, al momento giusto, di riconoscere i Tartari compratori. Non per combatterli, non per vendere loro Btp e Bonos (già venduti da tempo), ma per anticiparli e ricomprare prima di loro.

I barbari, tuttavia, non combattono guerre regolari. Non inviano ultimatum scritti, non annunciano il loro arrivo con squilli di tromba, non arrivano in formazione ordinata e con divise stirate, non si dispongono in file perfette, non stringono in un lungo assedio davanti alle nostre fortificazioni. Arrivano a cavallo, al galoppo, in ordine sparso. Non facciamo in tempo a dare l’allarme che, dietro ai cavalieri, vediamo comparire moltitudini agitate e ondeggianti. Non può essere vero, pensiamo, si ritireranno, non vengono per noi. Quando poi capiamo, subito pensiamo che è troppo tardi per precederli e troppo tardi anche per accodarci a loro. Ne deriva la sensazione di essere stati beffati, di avere aspettato per anni questo momento e di accorgercene quando è già passato.
Nella realtà storica, tuttavia, i barbari arrivarono a ondate e ci misero tre secoli a portare via tutto. Anche nel caso della periferia europea e dei suoi titoli dobbiamo pensare a ondate successive di compratori. Ne stiamo vedendo una in questi giorni, ci sarà prima o poi una pausa e poi si riprenderà.

Certo, in questi giorni la fame dei compratori sembra pantagruelica, non solo in Italia, ma in tutto il mondo obbligazionario ad alto rendimento. Rovistando a caso tra i bond sovrani, si scoprono rialzi formidabili di emittenti malfermi come l’Ucraina, di paesi proibiti come Belarus e di paesi, come il Pakistan, di cui è assai incerto il futuro a 12 mesi e di cui comunque si comprano allegramente titoli a 25 anni. Per non parlare di paesi con i fondamentali in costante deterioramento, come la Romania, che vedono i loro bond in costante rialzo.

Blackrock parla di una tremenda voglia di rendimento da parte di tutti gli investitori. Ed Yardeni parla dei FIBRS, i Fully Invested Bears, quelli che hanno portafogli al 100 per cento difensivi e che escono ora dal letargo, come gli orsi veri in primavera, con una fame insaziabile.

Molto è stato spazzato via, ma molto è ancora sul tavolo. Con un po’ di pazienza, neanche molta, si possono scoprire tesori ancora poco valorizzati. Ci si può chiedere, a questo punto, se sia meglio cercare rendimento allungandosi nelle scadenze o se non sia invece meglio scendere in profondità nelle discariche della bassa qualità.
Siamo in uno di quei rari momenti in cui si massimizza il ritorno combinando le due strategie, comprando cioè titoli scadenti di lunga durata. Non durerà in eterno, meglio approfittarne adesso.

I barbari, si diceva, arrivarono a ondate. La prima dei giorni nostri è questa e riguarda i rendimenti. In borsa si comprano le azioni con alto dividendo oppure le banche, che hanno in pancia obbligazioni che si stanno rivalutando.

La seconda ondata, se tutto va bene nella seconda metà del 2013, riguarderà tutto ciò che è ciclico e che viene oggi, nonostante l’ottimismo crescente, accuratamente evitato. Saranno sufficienti un’America che supera il fiscal cliff, una Cina che dà di nuovo un po’ di gas e un’Europa che rimette la testa sopra l’acqua per farci ricordare quello che abbiamo ormai dimenticato, ovvero che l’economia globale, un giorno, riprenderà a crescere.

Le prime ondate di barbari, tra il III e il VI secolo, crearono grande scompiglio, ma vennero gradualmente assorbite con la creazione degli stati nazionali europei. Quelli che portarono più lutti che energie nuove furono gli Unni, che stavano dietro le popolazioni germaniche e slave e le spingevano verso occidente.

La terza ondata dei giorni nostri sarà molto ostile, almeno potenzialmente, e sarà l’inflazione o, quanto meno, la sensazione che l’inflazione sia alle porte. Pochi se ne preoccuperanno nel 2013, qualcuno di più nel 2014 fino a che nel 2015, se l’edilizia americana in ripresa avrà riassorbito una buona parte dei disoccupati attuali, potremo cominciare a vedere una fuga dalle lunghe durate. La fuga comincerà prima per i titoli di alta qualità tedeschi e americani e si allargherà poi al resto. Per questo i titoli lunghi di qualità media e bassa, che oggi si possono tranquillamente comprare, andranno sostituiti fra uno o due anni (dopo essersi considerevolmente apprezzati) con emissioni più brevi.

Non c’è bisogno di ricordare che il percorso che abbiamo tracciato sarà pieno di trappole. La più vicina nel tempo è il fiscal cliff americano. È possibile che la politica ultraespansiva della Fed e la forza della borsa inducano i politici americani a rinviare ancora una volta la soluzione dei problemi fiscali o, peggio ancora, a mettersi a combattere duramente tra loro. Quanto all’Europa, dobbiamo collegare la grande benevolenza verso noi mediterranei di cui sta dando prova la Germania da qualche settimana con la fase opaca che sta attraversando l’economia tedesca.

Una riaccelerazione dell’economia europea, possibile verso la metà del 2013, coinciderà con la fase finale della campagna elettorale tedesca. La pazienza e la disponibilità verso di noi lasceranno allora il posto a una nuova severità.

Non va però perso di vista il quadro d’insieme. Politiche monetarie come quelle della Fed e della Bce, aggressive come sono, produrranno comunque una riaccelerazione dell’economia globale. Forse l’inflazione gelerà gli entusiasmi, ma non subito. I politici, a meno che non bombardino a tappeto i loro paesi con liti ed errori senza fine, riusciranno a rallentare il processo di ripresa, non a farlo abortire. Per questo la fine del 2012 e il 2013 saranno una fase in cui comprare su debolezza più che vendere su forza.

Chiudiamo con qualche nota sui Tartari, quelli veri. Oggi si fanno chiamare Tatari. Molti di loro vivono nel Tatarstan, una repubblica semi-indipendente a sud-est di Mosca, sul Volga. Sono islamici non fondamentalisti e vivono tranquillamente nella pancia della grande madre Russia. Sono tranquilli anche perché sono ricchi di risorse, vivaci imprenditori e contribuenti felici gravati da poche tasse. Il padre di Singapore, Lee Kwan Yeu, li trova seri e li ammira molto. Se ci invadessero non sarebbe una tragedia.

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