Società

Arriva al Senato il pareggio di bilancio: costituzione stravolta

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Roma – C’e’ chi gia’ lo chiama un golpe silenzioso. Sicuramente e’ un atto che va contro il primo comandamento della stessa legge che si propone di cambiare. Come recita il primo articolo della Costituzione, “l’Italia e’ una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranita’ appartiene al popolo”. Oggi il Senato e’ atteso da un voto il cui esito appare scontato e che stravolgera’ il testo costitutivo italiano. In tutto questo i cittadini non sono stati interpellati.

Sara’ votato in seconda lettura il si definitivo all’inserimento del pareggio di bilancio nella legge madre d’Italia, che ne stravolgera’ l’articolo 81. Per l’approvazione e’ necessario il parere favorevole di due terzi dei senatori votanti. Sebbene solitamente le questioni in materia costituzionale vengono decise negli scranni parlamentari, stavolta, trattandosi di una materia delicata ma comprensibile a tutti che decide il futuro dei cittadini, sarebbe auspicabile indire un referendum popolare.

Il 6 marzo scorso il testo e’ stato approvato dalla Camera senza modifiche rispetto al documento gia’ approvato in prima lettura il 30 novembre 2011. La proposta di legge costituzionale ha l’obiettivo di “introdurre nella Costituzione, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, il principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese, il cosiddetto pareggio di bilancio”, si legge sul sito del governo.

Si tratta della seconda lettura del provvedimento, gia’ approvato in prima deliberazione da entrambe le Camere. Il testo ora si trova davanti all’ultimo scoglio prima dell’approvazione definitiva, come previsto dall’art. 138 della Costituzione.

In questo modo, tuttavia, si sta di fatto scavalcando la sovranita’ dei cittadini. I politici cambiano la costituzione e lo fanno seguendo i dettami delle autorita’ europee e assecondando le politiche neoliberiste imposte dall’esterno, che d’ora in avanti rappresenteranno le basi dell’azione dei governi.

Per fare un esempio, con una norma di questo tipo Roosevelt non avrebbe mai potuto fare il New Deal e le politiche keynesiane – che piacciano o meno – vengono messe al bando. Il tutto avviene nel nome della moneta unica. Un esperimento nato con tutti i buoni propositi del caso, ma anche con tanti dubbi. Che in un secondo momento si sono rivelati quanto mai giustificati.

Mettendo indietro le lancette del tempo agli anni precedenti la nascita dell’euro, quando le maggiori potenze d’Europa stavano studiando un modo per forgiare una forza economica in grado di competere con Usa, Cina e altri paesi emergenti, i piu’ grandi economisti monetari del mondo si dividevano in due filoni.

Alcuni reputavano l’unione monetaria una scelta assurda, altri erano possibilisti, ma pur sempre scettici, come si ha il diritto di essere quando ci si affaccia a una porta che da’ l’accesso a un mondo nuovo. Una cosa e’ certa: nessun analista era veramente entusiasta all’idea.

Ma la Germania, all’indomani della sconfitta bruciante di Francia e Inghilterra nel conflitto per riconquistare il Canale di Suez, riusci’ a convincere i paesi vicini del fatto che congiungere le forze era l’unica strada da percorrere se si voleva continuare ad esercitare ancora un certo peso in un mondo in rapido cambiamento dopo la Seconda Guerra Mondiale. Da li’ il passo fu breve.

Dallo scoppio della crisi di Suez nel 1956 si arrivo’ in poco tempo (meno di un anno) al Trattato di Roma e alla nascita della Cee, che sin dal suo acronomico chiarisce le intenzioni: Comunita’ Economica Europea. La cooperazione economica venne in seguito “approfondita” con l’Atto unico europeo nel 1986.

Il 1992 segna l’anno della firma del Trattato di Maastrich, che ha dato il la all’ingresso in circolazione della moneta unica (1999-2002). Lo scopo dichiarato: quello di rinsaldare l’economia dei suoi membri e assicurare la convergenza delle azioni, promuovendo il progresso economico. Un obiettivo che a conti fatti si puo’ dire completamente mancato e che non puo’ dirsi conseguito da nessuno degli stati membri. Tranne uno.

Gli squilibri della bilancia commerciale e dei pagamenti a favore della Germania e a sfavore dei Piigs sono oggi da tutti imputati all’euro. D’altra parte, i problemi in questione sono cominciati fin da quando e’ nata l’unione monetaria. Per eliminare questi cavilli, professori e tecnici vogliono imporre liberalizzazioni, flessibilita’ e deflazione salariale.

Il premier Mario Monti ha asserito che la Grecia e’ la prova del successo dell’euro (VEDI VIDEO SOTTO). Gli economisti piu’ critici vorrebbero invece vedere un’Unione Europea diversa, che ricordi almeno nelle intenzioni il sogno iniziale – oggi utopico – di un’Europa forte e unita nelle intenzioni, per ritrovare anche quel tocco di romanticismo che caratterizzava il progetto alle sue origini e che e’ andato perso per strada.