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ARGENTINA
LA SFIDA VA BEN OLTRE IL 18 MAGGIO

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Carlos Menem o Nestor Kirchner? Dopo il voto di domenica scorsa,
caratterizzato da un’estrema frammentazione del mondo politico argentino,
sono questi i due nomi tra cui l’elettorato del Paese latinoamericano dovrà
scegliere nel ballottaggio del 18 maggio.

Nonostante la gravissima crisi
economica (oltre il 50 per cento della popolazione vive sotto la soglia della
povertà, mentre il debito nei confronti della comunità internazionale ha
raggiunto livelli record) e la diffusa diffidenza nei confronti della classe
politica locale, l’altro ieri alle urne non vi è stata la temuta diserzione
di massa. Segno di responsabilità dell’elettorato che nonostante tutto ha
cercato di dare un proprio contributo al rilancio del Paese.

Il risultato
però, come previsto, è stato un voto in ordine sparso che ha finito per
premiare due candidati poco apprezzati dal mondo economico (la Borsa argentina
ha reagito con una vistosa flessione). Né Kirchner, né tantomeno Menem,
sembrano poter incarnare il ruolo di «presidente della svolta». Il primo in
quanto delfino del presidente uscente Eduardo Duhalde rappresenta la linea
della continuità con un passato recente poco esaltante, il secondo cerca un
ritorno al potere dopo aver governato per un decennio (tra il 1989 e il 1999)
all’insegna di un diffuso clientelismo che ha fatto lievitare nei suoi
confronti numerose accuse di corruzione.

Solo un anno fa i sondaggi dicevano
chiaramente che gli argentini non avrebbero mai più votato per Menem.
L’improvviso ritorno di fiamma dell’elettorato argentino nei confronti di
questo ex presidente è poco comprensibile alle nostre latitudini. Bisogna
però capire che in America latina, dove spesso la popolazione è confrontata
con crisi politico-economiche ben più gravi di quelle conosciute in Europa,
di fronte a una schiera di candidati non in grado di convincere al cento per
cento, spesso vi è chi si lascia guidare dall’istinto, e attribuisce il
proprio voto magari a un candidato come Menem, nella speranza che nonostante
gli errori commessi in passato sia ora in grado di governare meglio grazie
alla maggiore esperienza di governo.

Del resto si può capire che di fronte
alla recente «volatilità» dei governi argentini (nel tragico dicembre del
2001 si sono succeduti alla guida del Paese 5 leader in sole due settimane)
qualche elettore guardi con nostalgia ai 10 anni di stabilità politica
durante l’era Menem. Ad ogni modo, se è vero che la grande maggioranza
degli argentini mira ad una netta svolta politica (tutti i sondaggi degli
scorsi giorni davano Menem perdente al ballottaggio, chiunque fosse il suo
avversario) il ritorno al potere del carismatico leader peronista sembra più
che mai improbabile.

Molto dipenderà ora dal gioco delle alleanze e dal
tenore della campagna elettorale che saprà condurre da qui al 18 maggio il
peronista di sinistra Nestor Kirchner, che parte in svantaggio nei confronti
di Menem per quanto concerne il carisma. Neppure Kirchner, come detto,
rappresenta un volto nuovo della politica argentina. Anzi, parte del suo
successo elettorale lo deve al presidente uscente Duhalde, che lo ha fin qui
sostenuto nella campagna elettorale mobilitando il potente apparato peronista
di Buenos Aires.

Votare Kirchner vorrebbe quindi dire, per gli argentini,
votare per la continuità. Difficile dire se la strada tracciata fin qui dal
presidente uscente Duhalde rappresenti la più rapida via d’uscita alla
paurosa crisi degli ultimi anni. Commentatori argentini riconoscono a Kirchner
il merito di non essersi sempre piegato al volere e alle posizioni di Duhalde.
Ciò ne rafforza la sua credibilità ma pone degli interrogativi sul dopo
elezioni.

Che ruolo vorrà giocare Duhalde nel nuovo esecutivo, dopo essersi
fatto da parte alle presidenziali? Kirchner riuscirà a formare una solida
coalizione con chi lo sosterrà nel decisivo ballottaggio del 18 maggio? Ma
ancora prima di quella data i due candidati alla presidenza sono chiamati a
dare risposte anche alla comunità internazionale nei confronti della quale
l’Argentina è pesantemente indebitata.

Proprio in questi giorni una delegazione del Fmi
(Fondo monetario internazionale) si è recata a Buenos Aires per capire che
posizioni intenderanno assumere Menem o Kirchner una volta conquistata la
presidenza. Per i due sfidanti, ma anche per tutta l’Argentina, le sfide da
superare vanno quindi ben oltre il 18 maggio.

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