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ANDREOTTI PARLA
AL TELEFONO CON LO SPIRITO SANTO

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(WSI) – Nostradamus e Malachia stavolta non ci hanno azzeccato. Anzi, no. Come ci documenteranno prossimamente gli esperti, sbatacchiando qualche centuria più disponibile, avranno indovinato senz’altro il nome del Papa, ma fuori tempo massimo per sbancare i book-makers di Londra e di Dublino: l’unica cosa per cui in fondo le profezie sono interessanti. Scommetterci.

Invece ha fatto centro, e alla grande, il mago Giulio. Ah, se l’avessi ascoltato. Sarei ricco. Parlo di Andreotti. Lui ci avrà puntato? Non si sa. Conoscendo il suo amore per le corse dei cavalli non lo escludo. Forse per questo non s’è vantato del favoloso presagio. Egli infatti sapeva, lo ha scritto, che chiunque fosse diventato Papa segnando l’inizio del terzo millennio, si sarebbe chiamato Benedetto XVI.

Come fa a saperlo? Evidentemente è meglio di Nostradamus: lui parla al telefono con lo Spirito Santo ma il numero non lo dà a nessuno. Anni fa, al Castello Sforzesco, c’era stata la presentazione di un volume per bibliofili maniaci. Carlo Scognamiglio aveva raccolto una serie di racconti scritti dai golosi di edizioni rare, per il gusto di stamparli – come da documento notarile – un secondo dopo lo scoccare del 2000 (edizioni Rovello). Insomma: uno sfizio. Ad Andreotti il raccontino venne bene, e diventò un volumetto impalpabile curato dall’Avvocato Benincasa e corredato da un ritratto del Senatore a vita in abiti cardinalizi, opera di Gianelli.

Mi è ricapitato in mano ieri. Troppo tardi. Trascrivo: «Diario romano. I gennaio 2025. La scommessa è riuscita. Benedetto XVI aveva assicurato che l’Anno Santo avrebbe superato come importanza il grande Giubileo dell’inizio del secolo ed è ormai certo di aver vinto. La notte di Natale con un pulsante ha aperto simultaneamente da San Pietro le porte delle quattro basiliche maggiori. Ci sono rimasti male i tre cardinali ai quali spettava per tradizione; ma si devono inchinare alla modernità.

“Sono fermi ai tempi di Internet” ha detto il Papa in una dichiarazione fatta ai seimila inviati speciali della stampa estera, ai quali ha anticipato alcune riforme elaborate dalla Curia, su sue precise istr uzioni». Comincia così il libro. Fa impressione. Benedetto XVI è visto come il primo Papa del millennio. E’ casuale poi che papa Ratzinger abbia radunato davvero seimila giornalisti a Roma? Oltretutto li incontra (non tutti, solo una rappresentanza) nei prossimi giorni per illustrare le idee sul suo pontificato.

Adesso vediamo come immagina queste riforme Andreotti. Ripristino del latino come lingua veicolare nella Chiesa, mantenendo però gli idiomi locali per le messe. (Anche qui: è nota la predilezione per il rosa-rosae del novello Santo Padre, il suo primo discorso è sgorgato purissimo nel solco di Cicerone). Subito dopo, il profeta Giulio mostra di sapere il mestiere di Benedetto XVI prima della sua carriera ecclesiastica: il professore. Lo si ricava dai nuovi metodi preconizzati per la selezione dei prelati: «Un collegio di docenti della Sapienza sottoporrà i candidati vescovi ad un esame scritto e orale».

Naturalmente il racconto è spiritoso e surreale. Benedetto cambierà l’abito dei cardinali, i quali dovranno vestire «secondo le raffigurazioni raffaellesche» (è risaputo quanto Ratzinger prediliga questo pittore). Il Benedetto andreottiano usa poi ironia teutonica di fronte all’arte di tirar tardi dei romani. Così: «Il Sommo Pontefice ha proseguito le sue dichiarazioni lodando il Comune di Roma per aver quasi completato i lavori urgenti programmati per il 2000 (salvo alcuni rinvii al 2050). Il giorno dell’Epifania riceverà, per ringraziarli, i rappresentanti dei 62 partiti che dopo le recenti semplificazioni sono approdati in Campidoglio«.

Il più famoso papalino del mondo descrive questi motteggi come «una garbata presa per il bavero», ed è un garbo assolutamente ratzingeriano. Il racconto immagina la fondazione di una squadra di calcio vaticana (non sarebbe un’idea malvagia visti i successoni della Roma) con sede («tra un conclave e l’altro») nel palazzetto di Santa Marta. Non manca un concerto a Castelgandolfo, con brani d’opera tratti dalla Tosca, intonati da «celeberrimo tenore Luciano Pavarotti, che in questi giorni ha festeggiato il suo novantesimo compleanno ». Sì, nel 2025, Pavarotti avrà 90 anni. E Benedetto XVI? Andreotti non lo scrive, ma ne avrebbe 98. Che sarà mai? Nei giorni scorsi Andreotti si è complimentato a “Porta a Porta” con il cardinal Ersilio Tonini, il quale ne ha 91 ed è fresco come una primula a marzo.

In realtà, il mago Giulio fa un po’ gli auguri a se stesso. Nei giorni scorsi Andreotti, alla notizia dell’elezione di Ratzinger, aveva commentato: «Sono nato (nel 1919) sotto un Benedetto, il XV. Morirò, spero non molto presto, sotto un altro Benedetto». Campi cent’anni, Benedetto. Per lui vanno bene anche 106.

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