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AMERICA: IL MINI-DOLLARO NON AIUTA L’ EXPORT

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Il deficit commerciale Usa ha raggiunto a gennaio il record storico mensile
di 43,10Mld$. Sono risultate in calo sia le esportazioni (-1,2%) che le
importazioni (-0,5%).

Nell’ambito delle esportazioni è stato particolarmente marcato il calo
della componente alimentare (-7,9%), in seguito soprattutto al calo delle
esportazioni di carne e pollame (-40,2%) come conseguenza della scoperta
del primo caso di “mucca pazza” negli Usa.

Nell’ambito delle importazioni la componente energetica ha avuto un impatto
rilevante: al netto di quest’ultima infatti la variazione delle
importazioni passa da -0,5% a -1,4% m/m. Nel mese di gennaio il prezzo del
petrolio avreva raggiunto il livello massimo dal mese di marzo 2003. Tra le
importazioni segnaliamo anche il sensibile calo della componente auto
(-5,4%).

Dal confronto rispetto ai principali partner commerciali, emerge che il
deficit con la Cina si è allargato passando a 11,5Mld$ dal precedente 9,9,
mentre invece si è quasi dimezzato il disavanzo verso l’unione europea
rispetto al mese di dicembre (da -10,29 Mld$ a -5,94Mld$).

In sintesi le informazioni desumibili dal dato pubblicato oggi sono le
seguenti:

  • la politica del Dollaro debole non sta portando effetti positivi in
    termini di bilancia commerciale. Infatti la fase di deprezzamento del
    Dollaro può considerarsi iniziata agli inizi del 2002, quando il deficit
    commerciale si aggirava intorno ai 30Mld$ su base mensile rispetto agli
    oltre40 Mld$ mensili dall’inizio del 2003;
  • le importazioni sono state sostenute dal forte incremento del prezzo
    del petrolio senza il quale, come accennato in precedenza, avrebbero
    registrato una variazione negativa dell’1,5%.

Pertanto i segnali in termini
di tenuta della domanda interna evidenziano come al momento, in assenza del
supporto della politica fiscale, la domanda non è ancora in grado di
autosostenersi: nei prossimi mesi arriveranno i rimborsi fiscali nelle
tasche dei consumatori, per cui è lecito attendersi un recupero dei
consumi.

Occorrerà però verificare l’effetto composto consumi/risparmi. In
ogni caso, rimane l’interrogativo sulla strutturalità della ripresa in
atto. I prossimi dati macro saranno monitorati per cercare di dare una
risposta più chiara a tale interrogativo. In tale ambito i dati sul mercato
del lavoro saranno tra i più rilevanti.

L’assenza di effetti concreti sul fronte delle esportazioni potrebbe
portare l’amministrazione Bush ad un atteggiamento meno propenso nei fatti
ad una politica del dollaro debole. In tal caso riteniamo che sarà
importante verificare nei prossimi mesi la reazione dell’economia dopo
l’ultima forte fase espansiva della manovra Bush approvata negli scorsi
anni.

Nel frattempo emerge ancora un atteggiamento di prudenza dal lato business
dove le scorte all’ingrosso hanno segnato a gennaio un incremento inferiore
alle attese(+0,1% vs. 0,4%).

L’elemento che lascia però maggiormente
riflettere è rappresentato dalla permanenza dei rapporti scorte/vendite su
livelli minimi storici (1,17 nel caso delle scorte all’ingrosso). In
sostanza, ancora una volta il quesito aperto è il seguente: perchè mai i
produttori continuano ad essere così esitanti ad aumentare il livello delle
scorte, pur in presenza di una domanda in ripresa?

* Antonio Cesarano e’ il Responsabile Desk Market Research di MPS Finance.