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AMERICA ANCORA IN COMA

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Questo articolo e’ tratto da IcebergFinanza, il blog di Andrea Mazzalai, che ringraziamo. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Tralasciando volutamente le vicende legate ai fantasmi che popolano i castelli diroccati di Fannie Mae e Freddie Mac, quei fantasmi che continuano ad aleggiare rigorosamente “fuori bilancio”, in attesa che le catene che circondano il sogno americano vengano distrutte da una spirale impressionante di perdite che continuano ininterrottamente a dirottare fondi dal contribuente americano a questi giganti di argilla, la Mortgage Bankers Association, MBA, segnala un nuovo record di insolvenze tra le famiglie americane, con il 14.4 % dei prestiti ipotecari in ritardo nei pagamenti o avviati ai vari processi di pignoramento

La statistica relativa ai prestiti avviati al processo di pignoramento, sottolinea come questi ultimi hanno registrato un aumento del 17 % rispetto al secondo trimestre del 2009 e del 150 % rispetto ad un anno fa.

Ormai sembrano cifre che non fanno più rumore, un silenzio assordante avvolge la depressione immobiliare. I mutui prime a tasso fisso ormai costituiscono il maggior numero di insolvenze e sono il principale driver della crescita dei pignoramenti con una percentuale del 33 % sino al 44 % per quanto riguarda l’aumento trimestrale. Essi inoltre costituiscono il 54 % dei mutui con pagamenti arretrati da circa 90 giorni.

E’ assolutamente devastante assistere ad una crescita sino al 18 % relativo a coloro che hanno sottoscritto un mutuo garantito dalla Federal Housing Administration FHA, percentuale riferita a coloro che hanno almeno una rata insoluta.

Forse Obama farebbe meglio a prendere in seria considerazione la ricapitalizzazione delle agenzie governative, anche se l’esplosione del debito inevitabilmente porterà ad una nuova pesante recessione, quella che lui oggi chiama “double dip recession” termine che i lettori di Icebergfinanza conoscono ormai da tempo, riferito non solo al ciclo economico, ma anche alla possibile futura dinamica del mercato immobiliare.

E’ inoltre agghiacciante e affascinante, ascoltare un certo, Timothy W.Long, capo esaminatore dell ‘ Office of the Comptroller of the Currency, sussurrare che con il senno di poi è facile dire cosa sarebbe stato meglio fare al culmine del boom economico, è più facile a dirsi che a farsi, il suggerire alla gente di smettere di ricorrere ai prestiti adottando un approccio di vigilanza aggressivo.

Sarebbe come dire al maestro di non disturbare i suoi alunni, mentre stanno facendo festa distruggendo la classe, travolti da un’irrefrenabile euforia collettiva.

Gli “options ARMs” dei mutui prime hanno ormai un tasso di pignoramento superiore ai mutui subprime a tasso fisso. Paradossalmente le insolvenze nei mutui subprime a tasso fisso o variabile, stanno lentamente declinando.

Inutile ricordare che i mutui a tasso fisso sono soggetti alla variabile della perdita del posto di lavoro e che questa dinamica aumenterà ancora prima di ritornare a scendere. La speranza è che l’emorragia di posti di lavoro si fermi entro i primi sei mesi del prossimo anno, ma la dinamica dei pignoramenti secondo la MBA non si arresterà prima del 2011.

Inutile ricordare ai lettori di Icebergfinanza, l’onda silenziosa in arrivo nel 2010, quella degli “Option ARMs”, un’onda in grado di triplicare gli effetti almeno sino al 2014. Nessun problema, se le norme contabili in discussione, supportate dalle lobbies bancarie, passeranno, avremo per lunghi anni una serie infinita di banche “zombies”, si amplificherà il rischio sistemico implicito nel sistema finanziario e verrà definitivamente sequestrata l’economia e la democrazia da un manipolo di avventurieri esaltati.

La proposta di dare alle autorità di regolamentazione bancaria la possibilità di bloccare gli standard contabili, ha sottolineato Paul Volcker, è un’idea terribile, ma in questa crisi, le idee demenziali e terribili, abbondano nell’oceano del conflitto di interesse

Nel frattempo non passa giorno nel quale i vari governatori delle Federal Reserve regionali americane non urluno o sussurrino che i tassi resteranno fermi per lungo e lungo tempo, chi parla del 2012, chi addirittura va oltre, oltre le chiacchere del mercato.

Come dice Paul Krugman, la disoccupazione è alle stelle, l’inflazione è bassa e la Federal reserve non ha nulla per poter aumentare i tassi in qualsiasi momento presto. Anche il mercato che venerdi scorso scontava un aumento entro settembre del prossimo anno dei Fed Funds del 45 % ora si è ridotto al 5 % di anime che aspettano invano ….Godot!

Se proprio vogliamo scomodare uno strumento accademico come la regola di Taylor, utilizzata in passato dalla Fed, il tasso previsto da tale regola, rispetto all’attuale tasso a tre mesi dei TBills, allora il tasso effettivo dei fed funds dovrebbe essere negativo di un 6,7% come sostiene Krugman.

Per quale motivo quindi la Fed dovrebbe aumentare i tassi, se, come abbiamo già visto all’inizio della settimana, passeranno almeno una decina di anni prima di vedere tornare il tasso di disoccupazione in una zona tale da evidenziare eventuali pressioni salariali, e quando ciò avverrà, probabilmente, come abbiamo più volte visto nei post “dedicati”, l’inflazione sarà ancora più bassa di oggi. La settimana prossima vedremo insieme alcune importanti nuove evidenze empiriche che testimoniano come le aspettative di deflazione in fondo sono facili a crearsi nella madre di tutte le crisi.

Piano, piano una nuova specie animale è a rischio di estinzione, i falchi accademici dell’inflazione stanno scomparendo, da Fisher a Plosser, si assiste lentamente ed inesorabilmente alla loro nuova consapevolezza, in fondo è difficile continuare a sorvolare le aspettative di un fenomeno che già nell’epoca della Grande Moderazione aveva dimostrato di essere sulla strada dell’estinzione, estinzione dei grandi numeri, mentre nella realtà, giorno dopo giorno, i cartelli e gli interessi corporativi continuano ad aumentare prezzi e servizi essenziali, succhiando il sangue dell’economia.