Romano Prodi, sul Messaggero del 10 luglio scorso, ha affrontato il tema delle famiglie in difficoltà con i mutui. Prodi proponeva la costituzione di un fondo di natura pubblica o mista che acquisti i crediti ipotecari insoluti dalle banche per circa 10 miliardi (il doppio del loro valore di mercato prezzato dai fondi speculativi), si intesti gli immobili e li dia in affitto di lungo termine agli ex mutuatari “ad un canone molto basso e con l’eventuale possibilità di riscatto nel caso la situazione migliori” .
Non è peregrina l’idea di Prodi, anche se non mi pare che abbia riscosso un particolare successo finora, ed è un peccato. Vale però la pena confrontarla con un’altra idea messa in pratica da alcune banche già diversi anni fa.
Si era agli inizi della furibonda crisi che fatica a spegnersi. La disoccupazione falcidiava i redditi delle famiglie che, fino al 2008 , erano state facilitate nell’indebitarsi per comprare casa dalla disponibilità delle banche a finanziare ad un LTV (Loan to Value, rapporto tra il prestito e il valore dell’immobile ) molto alto, a volte anche prossimo, se non superiore al 100%, sulla scia dello scellerato fenomeno dei Subprime americani.
Nella tradizione italiana il LTV non superava l’80% , ma se risaliamo alla vigenza della legge del ’36 (tanto vituperata negli anni 80 e difatti sostituita nel 93 dal TUB, Testo unico bancario,ma oggi in parte rimpianta ) il LTV era raramente oltre il 50%; cioè per comprare casa dovevi avere la disponibilità del 50 o 20% del valore dell’immobile; il resto te lo dava la banca che aveva così buoni margini di recupero in caso di insolvenza del debitore.
Tra la fine degli anni 90 e la metà del primo decennio di questo secolo, le banche avevano allentato i cordoni della borsa favorendo il ricorso ai mutui per l’acquisto della casa. I valori mobiliari , dopo l’introduzione dell’euro , erano cresciuti a dismisura rendendo più difficile per le famiglie comprare, ma le banche si sentivano tranquille perché quei valori continuavano a crescere e quindi in prospettiva il LTV poteva tornare sostenibile.
Senonché arrivò la crisi del 2008 e poi quella del 2011. Il reddito delle famiglie diminuiva, la disoccupazione aumentava, molti da allora hanno smesso di pagare le rate dei mutui che sono andati in sofferenza.
Le banche si sono trovate in difficoltà perché contemporaneamente il mercato immobiliare era crollato e quindi le loro garanzie si erano e si sono rarefatte. Cosa fa una banca quando il mutuatario smette di pagare? Avvia la procedura esecutiva che si conclude con la vendita del bene all’asta. Prima conseguenza , il mutuatario perde la casa.
Ma le banche si sono trovate in difficoltà anche perché la crisi del mercato immobiliare ha depresso i prezzi delle aste ed anzi ha reso diffusissimo il fenomeno delle aste deserte. L’immobile non viene venduto nemmeno all’asta , se non a prezzi miserrimi, per cui la banca perde gran parte del proprio credito ed il mutuatario , oltre a perdere la casa , non si trova nemmeno liberato dal debito e quindi dall’azione aggressiva della banca. Insomma un disastro per decine di migliaia di famiglie e danni enormi per i conti delle banche.
Qualche banca aveva tentato la soluzione di far comprare all’asta gli immobili in garanzia a proprie società immobiliari (Reoco) nella speranza di rivenderli a prezzi migliori a crisi finita. Ma Il mercato immobiliare solo ora da’ qualche cenno di ripresa , che rischia di essere soffocata sul nascere se i tassi dovessero rialzarsi . Altra conseguenza del cosiddetto Reposses delle banche è che gli immobili divenuti di proprietà costano anche fiscalmente, vanno mantenuti, sono spesso oggetto di occupazioni abusive. Insomma questa soluzione non è mai stata e non sarà la panacea della crisi dei mutui casa.
Mutui insoluti: Reposses parziale e Patto marciano
Una soluzione innovativa fu quella di ristrutturare il mutuo acquisendo pro quota , da parte delle banche , la nuda proprietà dell’immobile e lasciando il mutuatario a godere dell’abitazione , facendosi carico di una rata ridotta, compatibile con il suo reddito diminuito, ma anche di tutte le spese di manutenzione e degli oneri fiscali. È il cosiddetto “Repossess parziale“.
Suggellava questa soluzione l impegno formale della banca a rivendere al mutuatario, dopo un certo numero di anni, la propria quota di nuda proprietà , sperando che nel frattempo il suo reddito fosse tornato a crescere .
Questa operazione, benedetta da molte associazioni di consumatori , peraltro tiepide nel promuoverla, ha alcune controindicazioni:
- Può essere fatta solo se il numero di rate morose e’ modesto. Se si interviene dopo che si sono accumulate rate e interessi di mora , è difficile che i conti tornino e la banca non ha interesse a prendersi un rischio troppo grande come quota di nuda proprietà a fronte di una rata ridotta troppo piccola pagata dal mutuatario.
- La nuda proprietà è un diritto non facilmente liquidabile in caso di inadempimento del debitore ed alla banca costa caro in termini di capitale impegnato;più del mutuo stesso.
- Il costo fiscale delle compravendite che si susseguono nell’iter (prima vendita della quota di nuda proprietà alla banca, seconda rivendita al mutuatario ) è elevato.
Nessuna di queste controindicazioni e ‘ insuperabile:
- Le banche dovrebbero promuovere questa soluzione sin dalle prime difficoltà del cliente, così come le associazioni dei consumatori dovrebbero farsi carico della diffusione fra i loro associati. Ne’ le une ne’ le altre si sono impegnate più di tanto. Evidentemente il contenzioso ha i suoi radicati sostenitori.
- Il fabbisogno di capitale a fronte di questa formula di Reposses parziale è questione di regole. Un po’ di sensibilità da parte dei Regolatori nazionali ed europei , ma anche della Politica, avrebbe facilmente risolto il problema.
- La questione fiscale è la più facile da risolvere, volendo, perché basterebbe assoggettare queste transazioni a tassa fissa piuttosto che proporzionale. L’ affermazione del MEF che questo riduce il gettito e ‘ risibile: senza questo accorgimento fiscale (peraltro diffuso nella nostra legislazione speciale) queste operazioni semplicemente non si fanno e quindi il gettito non c’è e non ci sarà . Favorire il Reposses parziale crea un incremento del gettito.
Naturalmente questa soluzione non sarebbe stata capace di risolvere tutti i casi di mutui morosi, ma una granparte si. Se si fosse voluto diffondere questo strumento avrebbe avuto la natura di provvedimento congiunturale anticiclico. Un bridge verso il superamento della crisi. Compito della Politica.
C’è però una novità che le banche farebbero bene a tener presente. Con la legge n. 72/ 2016 sui finanziamenti ai Consumatori, e ‘ stato regolamentato nel nostro ordinamento il “patto marciano”, figura finora di natura giurisprudenziale. La banca ora ha il vantaggio di impossessarsi dell’immobile oggetto di garanzia in caso di insolvenza del mutuatario.
Utilizzando il Reposses parziale di cui sopra e introducendo nel contratto di mutuo rinegoziato le regole del Patto marciano , le banche non correrebbero più nemmeno il rischio di trovarsi titolari di tante quote di nuda proprietà illiquide , perché acquisirebbero l ‘ intera piena proprietà se il debitore non pagasse le rate ridotte o il prezzo di riscatto/riacquisto. Speriamo che qualcuno ci ragioni subito e faccio il passo.
Questa formula , rispetto alla proposta di Prodi, ha il vantaggio di non dover costituire un fondo con relativa questua di capitali anche pubblici e di non dover affrontare il non agevole negoziato con le banche per l’acquisto dei crediti insoluti al fine di acquisire l’immobile da dare poi in affitto a canone sociale.
Le banche potrebbero operare direttamente con procedure semplici ed efficaci. I crediti non verrebbero svenduti ai fondi, le famiglie resterebbero a casa loro. Non trascurabile l’effetto di riduzione delle esecuzioni immobiliari con beneficio sul mercato degli immobili. Ma c’è questa volontà?