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2010: L’ECONOMIA RICADRA’. E PETROLIO A $15 NEL 2013

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(WSI) – «La crisi è più grave di come la si dipinge. E nonostante i primi sintomi di una ripresa, ben poco in realtà è cambiato negli ultimi mesi». Rimane decisamente pessimista sull’economia mondiale Simon Hunt, uno fra i più noti e rispettati analisti minerari, comparto in cui opera da quasi 50 anni.

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Fondatore della società di consulenza Simon Hunt Strategic Services, è stato ribattezzato «Mr. Copper» proprio per la sua profonda esperienza nel settore. A giugno 2008, con metalli e petrolio sui massimi storici aveva pronosticato ai lettori di B&F (vedere Borsa & Finanza n.736 del 21 giugno 2008) che il prezzo del petrolio si sarebbe più che dimezzato entro un anno e che analogo trend avrebbe avuto anche il rame. Allora erano bastati cinque mesi per dargli ragione. Vivendo fra Londra e l’Asia, Hunt ha continuamente sotto gli occhi quello che sta succedendo in giro per il mondo. E, dato che le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime dipendono dai trend di domanda e offerta, e, a loro volta, queste componenti dalla congiuntura economica, ecco che il suo è un osservatorio privilegiato da cui scrutare quel che sta succedendo.

Eppure i dati macroeconomici sembrano darle torto Mr. Hunt, visto che si inizia a parlare di ripresa economica…

Vero. Ma, ripeto, ben poco è cambiato realmente. I consumatori del Vecchio Mondo – cioè Europa, Nord America e Giappone – alle prese con i propri debiti sono ai primi stadi del delevereging: in pratica stanno cercando di ricostituire i propri risparmi. Prendiamo il caso degli Stati Uniti: qui la disoccupazione reale è al 16% e il reddito disponibile sta scendendo a tassi che non si vedevano dagli anni ’30. Quindi al banchetto di questa ripresa tanto decantata da banchieri ed economisti vedo una sedia vuota.

Quella del consumatore statunitense?

Esatto. E sono consumi che valgono il 20% del Pil globale. Stiamo parlando cioè di una cifra che è il doppio dell’intera economia giapponese. E da cui dipende in buona misura anche la Cina per le proprie esportazioni.

Ci sono altri fattori che supportano questa tesi così pessimista?

Assolutamente. Si parla tanto di scorte da ricostruire dopo la fase di smaltimento durante la crisi. Certo, vi saranno degli acquisti, ma avverranno in misura modesta, dato che anche le vendite sono crollate. Un caso è quello dei cash for clunkers (gli incentivi alla rottamazione negli Usa terminati nell’ultima settimana, ndr): hanno rilanciato vendite di veicoli ed entusiasmi degli economisti, ma si è trattato sostanzialmente di un’operazione di anticipo dei ricavi. In pratica chi avrebbe dovuto cambiare l’auto l’anno prossimo ha anticipato l’acquisto, ma non è che per questo nel 2010 sostituirà di nuovo il proprio veicolo. Inoltre vedo troppo ottimismo sulla capacità cinese di trainare l’economia globale: mi pare già difficile che riescano a «tirare a campare» loro stessi, ritardando un declino che potrebbe già iniziare il prossimo anno, figuriamoci se salvano il mondo.

Insomma, la ripresa a «V» dell’economia è solo una chimera…

Ma no, la ripresa, pur modesta, c’è. E potrebbe arrivare fino a metà 2010. Ma poi mi attendo una nuova caduta. E arriveremo a un fatto strano sul versante intermarket. La nuova crisi dell’economia sarà accompagnata da tassi di interesse crescenti, dato che i governi saranno obbligati a far fronte all’enorme indebitamento lievitato in questi anni. E così avremo l’asset del reddito fisso che rimpiazzerà le azioni in termini di rendimenti reali più elevati.

In questo scenario come si comporteranno dollaro e commodity?

Negli ultimi anni uno dei trade preferiti dalle grandi case è stato quello di andare long sulle materie prime e short sul dollaro. E ha funzionato molto bene. Ma ora il vento sta girando. Sul lungo termine rimango negativo sul greenback, ma se stringiamo l’orizzonte temporale ai prossimi due anni, personalmente sono rialzista sul dollaro, che sta tornando a emergere come valuta di riferimento.

E per quanto riguarda le commodity?

Le materie di base rimarranno in un ampio trading range compreso fra 3.000 e 6.500 dollari per il rame e fra 35 e 75 dollari per il petrolio. E per la fine dell’anno mi aspetto che i prezzi saranno più vicini alla parte bassa della forchetta che a quella alta.

Ma tutti gli acquisti cinesi di rame di cui tanto si parla e che hanno fatto lievitare i prezzi?

I consumi cinesi, ora, non sono tanto forti quanto si dice. In una lunga visita nel Paese in giugno abbiamo visto come vi siano quasi 1,1 milioni di tonnellate di rame in surplus detenuti al di fuori dei magazzini ufficiali. Si tratta di acquisti fatti dai più diversi speculatori, dagli hedge fund ad altre istituzioni finanziarie; ma anche semplici aziende che non lavorano e non utilizzano il metallo, ma lo hanno comprato come riserva di valore. È una bolla che potrà scoppiare solo quando avremo una nuova caduta dell’economia. Quindi a mio parere verso la fine del prossimo anno.

Nessun dubbio sulla ricaduta quindi?

Direi proprio di no. Ricordiamoci che negli anni ’30 furono registrate ben sei false partenze dell’economia prima di quella «buona». E per il 2013 mi aspetto che il petrolio sia più vicino ai 15 dollari che ai 67 attuali e il rame ai 1.500 piuttosto che ai 6.000 di questi tempi.

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