Società

Ex ministro Letta: progetto era “portare famiglie su soglia povertà”

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È polemica sui social media per le frasi pronunciate dall’ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali sotto Enrico Letta, Enrico Giovannini, sul reddito di inclusione, misura che era stata creata per prima dal suo esecutivo nel 2013, ma che soltanto ora è stata estesa a tutta Italia, dopo una prima sperimentazione nelle grandi città.

Nel commentare la misura sul reddito di inclusione da poco varata dal governo Gentiloni, il cui obiettivo è fornire un’entrata minima alle persone sotto la soglia di povertà, l’economista ex presidente dell’Istat, ha “confessato” in diretta televisiva quale era il reale progetto del suo governo, salito a Palazzo Chigi dopo le elezioni del 2013 in seguito a due anni di austerity per mettere in sicurezza le finanze pubbliche italiane all’apice della crisi del debito sovrano europeo, ossia quello di “portare le persone e le famiglie alla soglia di povertà”.

Le sue parole, con le quali rivendicava il tentativo del governo di portare persone sotto la soglia di povertà al minimo indispensabile per sostentare, sono state travisate e il video del suo intervento su Sky Tg 24 è stato rilanciato su Twitter e Facebook (vedi sotto). Giovannini, autore del Bes, un indice del benessere economico e sociale che serve a fotografare lo stato di salute della società e a indirizzare le politiche pubbliche, ha voluto inoltre indicare qual è secondo le autorità la soglia dei consumi sotto la quale ritiene scatti la soglia di povertà.

Giovannini, che è stato anche Chief Statistician dell’Ocse, ha dichiarato che “una grossa differenza tra quello che avevamo immaginato e quello che si dice sarà il reddito di inclusione (…) è che nel nostro schema la persona veniva portata alla soglia di povertà, la famiglia veniva portata alla soglia di povertà, circa 1000 euro di consumi per una coppia di due persone ad esempio”.

Il professore di Economia Statistica all’università romana di Tor Vergata intendeva probabilmente dire che nel loro schema per combattere l’indigenza, che doveva prendere il posto del Sia (Sostegno per l’inclusione attiva), i nuclei familiari più indigenti dovevano essere portati sul livello di soglia di povertà.

Reddito di inclusione: le novità contro la povertà

L’esperimento del reddito di inclusione, avviato quattro anni fa dal governo Letta, è partito come una sorta di Social Card messa a disposizione dei cittadini che prevedeva l’impiego da parte delle autorità di 600 milioni di euro in tre anni. Giovannini è stato titolare del Welfare dal 28 aprile del 2013 al 22 febbraio del 2014.

Il reddito di inclusione varato dal governo, che i critici definiscono una mancetta o una risposta popolare per rispondere solo in parte agli appelli di chi chiede un reddito di base o un reddito di cittadinanza, vista anche la crisi economica e del mercato del lavoro tuttora molto acuta in Italia, interessa 1,8 milioni di persone. In un primo momento spetterà ai soggetti ritenuti prioritari dal governo, ossia famiglie con figli che si trovano in uno stato di povertà assoluta e ai lavoratori che hanno perso il posto dopo i 55 anni.

Con il nuovo piano nazionale anti povertà, l’assegno sarà fatto salire da 400 a 480 euro mensili, e si dice sia possibile che i soldi vengano fatti recapitare ai destinatari servendosi di na carta prepagata. La misura è diventata legge grazie al via libera definitivo del Senato al disegno di legge delega, passato con 138 voti a favore, 71 contrari e 21 astenuti.

Con l’approvazione del disegno di legge delega sul contrasto alla povertà si compie oggi un passo storico: per la prima volta il nostro Paese si dota di uno strumento nazionale e strutturale di contrasto alla povertà – il Reddito di inclusione (REI) – che ci consente di introdurre progressivamente una misura universale fondata sull’esistenza di una condizione di bisogno economico e non più sull’appartenenza a particolari categorie (anziani, disoccupati, disabili, genitori soli, ecc.)“, ha spiegato l’uomo che ha preso il posto di Giovannini, Giuliano Poletti.

Mentre il Senato varava la legge di contrasto alla povertà, le associazioni sindacali si sono lamentate del fatto che concretamente “non contrasterà proprio nulla, visto che si tratterà di un’elemosina di cui potrà beneficiare non più di un terzo dei cittadini poverissimi, si procede ad un taglio gravissimo al già irrisorio fondo delle politiche sociali (-211milioni) e a quelle per la Non autosufficienza (-50 milioni)” denuncia in una nota Viviana Ruggeri del Coordinamento per la Federazione Sociale della USB.