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Finanza e Big data, il linguaggio dei Millennials

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Il mondo degli investimenti è oggetto di un cambiamento epocale. Oggi si vedono i primi effetti ma Fintech, Big data e Intelligenza artificiale saranno il linguaggio universale per capire, e soddisfare, le esigenze dei risparmiatori Millennials

Nel 2030 le filiali bancarie spariranno dalle strade delle nostre città mentre l’Intelligenza artificiale e i Big data saranno alla base di tutte le decisioni e le previsioni della consulenza finanziaria. A immaginare questo futuristico scenario sono, rispettivamente, il 54% e oltre l’80% del campione di professionisti intervistato in una recente ricerca di Hays, società attiva nel campo della ricerca del personale.

Le fondamenta di questo sviluppo vengono poste oggi e già impattano sull’attività finanziaria e sui risparmiatori. Sul tema, Wall Street Italia ha rivolto alcune domande a Hazel Pitchers, global head of marketing di AXA Investment Managers.

Come sta impattando sul mondo degli investimenti la possibilità di analizzare enormi quantità di dati in tempo reale (Big data)?

Da una prospettiva di gestione degli investimenti oggi è sempre più necessario focalizzarsi sulle esigenze del cliente. Quest’ultimo è oggi sempre più guidato dalla tecnologia: utilizza spesso internet per effettuare ricerche, informarsi, scegliere. Le informazioni disponibili sono di più e più facilmente raggiungibili. È quindi ineludibile, per chi offre servizi di investimento, seguirlo su questa strada. Questo è il primo tema proposto dall’evoluzione digitale del mondo degli investimenti: l’impatto delle nuove tecnologie sulla customer experience impone un cambiamento nel modo in cui noi serviamo il cliente. Allo stesso tempo, la tecnologia ci permette di osservare, analizzare e comprendere meglio il comportamento del cliente. Sono due facce di una stessa medaglia. Un secondo tema, non meno importante, è l’analisi dei Big data per permettere ai nostri gestori di fondi di creare Alpha per i nostri clienti, per offrire un rendimento superiore a quello del mercato. C’è infine un terzo aspetto: l’incremento dell’efficienza operativa che le nuove tecnologie permettono nella fornitura del servizio.

Gli sviluppi tecnologici hanno già cambiato il modo in cui il cliente si interfaccia con il consulente?

Molto dipende dal Paese in cui ci si trova. Per esempio nel Regno Unito l’avvento delle società di robo-advisory è stato molto più forte rispetto a quanto avvenuto finora in Italia. Il che non significa che l’Italia sia più arretrata. È semplicemente una differenza culturale. Penso che altri paesi si stiano muovendo con un passo differente per la diversa natura del mercato dei fondi comuni e la penetrazione di internet e delle ultime tecnologie. Oggi, per quanto riguarda il settore finanziario, c’è ancora tanta gente che non ha la comprensione dei servizi online o che vuole avere a disposizione una seconda via di comunicazione e controllo. Vuole parlare con un professionista nel quale ha fiducia. Il sistema è ancora molto basato sulla fiducia e sul rapporto personale.

Questo oggi, ma guardando al futuro?

Se pensiamo a dove potremmo essere tra dieci anni rispetto a dove siamo oggi, siamo obbligati a prendere in considerazione la generazione dei Millennials. Per loro l’online, il real-time, sono pane quotidiano. Non necessariamente vogliono parlare in prima persona con un consulente. Pertanto, con il passare del tempo, la possibilità di avere tutte le informazioni a portata di digitazione e poi essere in grado di acquistare quell’informazione diventerà molto importante. Con questo non voglio dire che l’intelligenza artificiale e i robo-advisor prenderanno il posto di gestori di fondi e consulenti in carne e ossa. Il ruolo della persona sarà ancora molto importante e, soprattutto, sarà importante il modo con cui si giocherà il rapporto con il cliente: chatbox, personalizzazione del rapporto senza per forza essere seduti in un ufficio.

Come si sta muovendo AXA IM nell’utilizzo di queste tecnologie?

Dal punto di vista degli investimenti siamo molto impegnati nel Fintech per cercare di capire dove e come i Big data ci possono aiutare. Siamo stati tra i primi a muoverci, siamo partiti ormai due anni fa. Stiamo seguendo tanti progetti, molti in fase di sviluppo. Il punto focale è che stiamo cercando di riorganizzarci verso piattaforme di investimento che imparano da sole. L’anno scorso abbiamo organizzato una competizione per compagnie Fintech per permettere loro di mostrarci e mettere alla prova le loro idee. I partecipanti sono arrivati da tutto il mondo, in particolare dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dalla Cina.