Economia

Cancellare il debito con la Bce, due idee a confronto

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“Ci attiveremo in sede europea per proporre che i titoli di stato di tutti i Paesi dell’area euro già acquistati dalla banca centrale europea con l’operazione del Quantitative Easing siano esclusi pro quota dal calcolo del rapporto debito-Pil”: con queste parole, secondo la bozza definitiva del contratto Lega-M5s, sarebbe stata superata la precedente proposta di cancellazione dei titoli di stato acquistati dalla Bce.

La proposta della alienazione dei 250 miliardi di debito pubblico italiano, finito nella pancia della Bce in seguito al programma di acquisti noto come Quantitative Easing, resta però un argomento d’interesse sul quale giornali e analisti sono intervenuti ampiamente. Facendo un passo indietro, però, è bene chiarire quale sarebbe la logica alla base di questa operazione. In breve, viene riconosciuta una differenza sostanziale tra il titolo pubblico acquistato da un soggetto privato (una banca commerciale, un risparmiatore) rispetto a quello acquisito da una banca centrale.

A monte la distinzione tra le due categorie è il fatto che i soggetti privati non possono creare moneta (o meglio, base monetaria), mentre la banca centrale ha proprio questa prerogativa. Il debito finanziato dalla banca centrale, pertanto, assume una funzione diversa: permette l’emissione di liquidità, come suggerisce il nome stesso di “allentamento quantitativo”.

Come spiega la stessa Bce sul suo sito ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni di politica monetaria, la banca centrale può realizzare degli utili: ciò avviene naturalmente man mano che il debito che ha acquistato viene rimborsato dagli stati. Tali utili vengono dunque redistribuiti alle banche centrali nazionali e, al netto delle spese di queste ultime, agli stati.

La grande domanda delle ultime ore è se la Bce possa rinunciare o meno a incassare dagli stati (o da un singolo stato) il proprio credito nei loro confronti, senza fallire (posto che sia possibile) o creare effetti collaterali per l’economia.

Bce non può fallire, ma non può permettersi di condonare debito

Secondo l’analisi del Sole 24 Ore, “l’insieme delle banche centrali di Eurolandia ha un patrimonio consolidato di 102 miliardi. Insufficiente” ad ammortizzare una perdita di 250 miliardi. Siccome nel bilancio della banca centrale le passività sono costituite dalla moneta emessa, l’altra strada, sempre secondo il quotidiano, sarebbe quella di distruggere 250 miliardi di base monetaria “oppure cancellare i debiti – i depositi – che la Bce ha nei confronti delle banche commerciali (come? con quali poteri?), trasferendo così la perdita alle imprese creditizie pubbliche e private”.

Molto prima dei rustici appelli di Lega e M5s, uno stimato professore di politica monetaria, Paul de Grauwe (London School of Economics) aveva sollevato il problema della possibile cancellazione dei debiti acquistati dalla Bce, offrendo una prospettiva diametralmente opposta. In un articolo d’analisi comparso sul sito del Cepr, de Grauwe sostiene che una banca centrale (se non ha passività in valuta estera) non può fallire, in quanto “può emettere qualsiasi ammontare di denaro necessario a ‘pagare i suoi creditori’”. In secondo luogo, la passività principale della banca centrale è del tutto particolare: la moneta emessa.

“Le passività monetarie”, spiega il professore, “non portano con sé rischio di default”; a differenza dei titoli di stato, infatti, le banconote non debbono essere rimborsate. Secondo De Grauwe il vero limite della Bce è un altro: “La banca centrale può ripianare qualsiasi perdita [emettendo denaro Ndr.] a condizione che non comprometta la sua promessa di mantenere la stabilità dei prezzi”.

L’altro vincolo che ci sentiamo di aggiungere non è di carattere tecnico, ma politico: sostenere la “cancellazione” del solo debito italiano, infatti, costituirebbe un privilegio di cui l’Italia si varrebbe al contrario degli altri partner europei. Nemmeno la Grecia, che si trovava in una situazione ben più drammatica di quella italiana, osò tanto.