Economia

Volkswagen peggio di Enron. Italia: vietata vendita Audi, Seat e Skoda

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BERLINO (WSI) – Continua ad arricchirsi di colpi di scena il dieselgate, lo scandalo che ha investito la Volkswagen in merito al software truffaldino sulle emissioni installato sulle vetture destinate al mercato americano ma che sarebbero in circolazione anche in Europa. È notizia di oggi che anche l’Unione Europea era a conoscenza del programma contraffatto fino dal 2013.

Dopo la nomina di Matthias Muller a nuovo amministratore delegato, la casa tedesca al centro dello scandalo, tenta di ricorre ai ripari preparando un piano di richiamo di 11 milioni di auto, contattando i propri clienti, con un intervento totalmente gratuito. Anche i concessionari italiani sono stati contattati dalla casa di Wolfsburg, con una lettera in cui si è chiesto di sospendere le vendite, immatricolazioni e le consegne di modelli equipaggiati con motori diesel EA 189 omologati Euro 5.

Una misura essenzialmente precauzionale, un provvedimento cautelativo che ha come scopo quello di fare chiarezza nel più breve tempo possibile sulla reale conseguenza del problema, come si legge nella lettera che riguarda circa 2500 veicoli nel gruppo Volkswagen, in cui si trovano anche i modelli Audi, Seat e Skoda.

Nel frattempo anche Daimler avrebbe effettuato una comunicazione a circa 11mila proprietari di van Mercedes Sprinter per un controllo del software relativo ai test sulle emissioni in modo però precauzionale. La società però, non avrebbe nessun collegamento con i recenti problemi di Volkswagen.
La Svizzera intanto ha vietato le vendite di 180 mila auto Volkswagen con sistemi di emissione obsoleti, estendendo tale divieto a tutte le auto con motori diesel della categoria Euro 5.

E anche il nostro paese potrebbe seguire l’esempio della Svizzera. A sottolinearlo il viceministro dei Trasporti, Riccardo Nencini che però si dimostra cauto, affermando di voler aspettare i dati ufficiali da parte del Ministro tedesco sui modelli coinvolti per poi prendere le opportune decisioni al riguardo. Sarebbe di circa 1 milione il parco auto coinvolto nello scandalo nel nostro Pese contro i 2,5 in terra tedesca.

L’autorità Usa per l’ambiente (Epa) nel frattempo ha fatto sapere che vuole rendere piu’ duro il gioco. L’organismo sta infatti inviando una lettera a tutti i produttori di auto avvertendo che sta potenziando i test sulle emissioni dopo lo scandalo che ha travolto la Volkswagen.

Volkswagen, che potrebbe dover pagare una multa da 18 miliardi di dollari dopo aver ammesso di aver sabotato i test, ha scelto il suo nuovo Ceo dopo le dimissioni di Winterkorn. Sarà Muller, ex top manager di Porsche, a prendere temporaneamente le redini del cavallo impazzito. In contemporanea, in vista di un’assemblea straordinaria convocata per il prossimo 9 novembre, il consiglio ha proposto di sospendere parecchi dipendenti sino a quando saranno stati chiariti i fatti.

Il tutto mentre l’ex Ceo dimissionario Martin Winterkorn è finito sotto indagine in Germania. La procura di
Braunschweig esaminerà le accuse di frode nella vendita di auto a motore diesel in cui sono stati manipolati i dati sulle emissioni.

E’ insomma partita la caccia ai responsabili, anche sul piano politico di uno scandalo che sta assumendo dimensioni gigantesche. Winterkorn ha lasciato cinque giorni fa, dicendo di essere rimasto scioccato dagli ultimi sviluppi e negando qualsiasi coinvolgimento personale.

Intanto il Financial Times scrive che il Dieselgate tedesco sarebbe ben più grave di quello clamoroso di Enron per ben sette motivi tra i quali l’ampiezza e gravità del fenomeno. Innanzitutto perché Enron ha visto coinvolte un migliaio di persone, mentre qui ad essere messa a rischio è la salute di migliaia di cittadini. Se dal canto suo il Ceo di Enron ha spinto i propri dipendenti a comprare azioni della compagnia, l’industria automobilistica europea “guidata da Volkswagen” ha invece spinto i governi a favorire con appositi incentivi l’adozione del diesel al posto della benzina. Inoltre le multe rischiano di essere superiori nel caso di Volkswagen.

Secondo il quotidiano britannico, poi, “Volkswagen rischia di essere spazzata via anche se finanziariamente sana”. Un’altra ragione è che l’impatto della crisi sull’immagine della Germania rischia di essere enorme, visto il rapporto indissolubile tra il paese e la sua industria dell’auto.

In sesto luogo, anche se si dovesse scoprire che case automobilistiche europee e asiatiche che hanno investito pesantemente nella tecnologia diesel non hanno commesso alcuna frode, lo scandalo riporterà a galla la percezione dei motori diesel come sporchi e inquinanti. Infine, “forse la ragione più importante”, la frode di Volkswagen peserà per lungo tempo su chi crederà nella tecnologia e nell’ingegneria come mezzi per raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale.

Non stupisce vedere come sui mercati il settore automobilistico sia ancora sotto pressione. Il comparto cede circa il 2,2% in Europa. La casa automobilistica tedesca perde nell’occhio del ciclone cede il 2,8%. In calo di oltre il 2% anche BMW e Daimler, mentre Porsche, che ha rilevato da Suzuki l’1,5% di Volkswagen salendo al 52,2% del capitale ordinario, scende del 3,6%.

A Milano Fiat Chrysler cede il 2,5% circa come Renault a Parigi.

(Aca-DaC)