L’emotività influenza le nostre scelte finanziarie

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L’emotività è il vero nemico di un piano finanziario. 

di Simone Funghi, consulente finanziario di Roma

La storia di Francesco: la lettera

Francesco. Così avevamo deciso di chiamarlo. Ci avevamo pensato molto, avevamo discusso, valutato tutte le possibilità, le implicazioni, i pro e i contro e alla fine avevamo deciso di intraprendere questo percorso. Non sapevamo come sarebbe andata, ma la ragione e, se vogliamo, la necessità, di iniziare ebbero il sopravvento rispetto alle paure e ai dubbi. Non andò tutto in maniera lineare. Momenti in cui tutto filava liscio si alternarono a momenti di discesa, alcuni davvero da capogiro.

Arrivavano così, all’improvviso, alcuni con una sorta di preavviso, altri come fulmini a ciel sereno. In ogni caso, ad ogni discesa, ci si incontrava e si ricordavano due cose fondamentali: perché si era dato il via al tutto e, soprattutto, il nostro patto allenatore-giocatore. Li avevo scritti proprio per averli sotto gli occhi nel momento in cui la paura di lasciar perdere, di tornare indietro avrebbe fatto capolino. In quei momenti, e ne ho vissuti tanti, in cui l’emotività ti fa perdere la bussola e vuoi solo scappare senza saperne più di niente e di nessuno.

Le linee guida del consulente finanziario

Nei momenti di panico o sfiducia, le regole d’oro erano:

  1. Non farsi prendere dall’emotività
  2. Adottare i “Giusti Comportamenti”
  3. Affidarsi a chi ne sa più di Te quando pensi di non essere in grado

Questo era scritto con la penna blu, in caratteri ben chiari. In quel momento io ne sapevo di più. La mia esperienza, le crisi passate alle quali ero “sopravvissuto” erano il marchio della mia tranquillità, di quell’atteggiamento che ormai mi contraddistingueva ogni qual volta c’era quella voce che veniva presa a mo’ di oracolo e che preannunciava la crisi:

“Oggi bruciati in borsa XXX miliardi di Euro”

La gestione del capitale

In quel momento la sopravvivenza del “nostro” Francesco veniva messa in discussione ed era richiesto il mio intervento per chiarire al meglio cosa fare. Il nome era lo stesso del figlio del cliente: così avevamo chiamato il Piano di Accumulo perché il capitale che ne sarebbe scaturito sarebbe stato destinato ai suoi studi. Francesco, il bimbo, il figlio di Andrea, aveva 4 anni all’epoca della prima operazione finanziaria e trotterellava in giro per la casa quando. Andavo da Andrea per rivedere la sua situazione finanziaria. Aveva un buon lavoro, un ottimo contratto a tempo indeterminato ed alcuni risparmi. Laura, la moglie, partiva da una situazione finanziaria similare, ed entrambi, come ogni genitore al mondo si preoccupavano per il futuro dell’ultimo arrivato.

Risparmiavano con il “fai-da-te” e l’idea di vederlo andare a studiare nelle migliori scuole del mondo faceva sognare entrambi. Sapere che gli sforzi sarebbero stati finalizzati per il bene di Francesco li rendeva felici e, soprattutto, fieri. Il capitale, dicevo, sarebbe servito almeno tra 15 anni e quindi era stato messo, con la massima diversificazione possibile, su degli strumenti di lungo periodo. Quando ne parlammo tutti e tre insieme gli dissi con grande chiarezza che ci sarebbero state delle correzioni, delle discese, ma fui altrettanto chiaro su come avremmo (avrebbero) dovuto leggerle: come un’opportunità. Una possibilità di far rendere di più i soldi di Francesco. Lo avevamo scritto ben chiaro sulla loro copia del contratto:

Se i mercati correggono:

  1. Non farsi prendere dall’emotività
  2. Adottare “Comportamenti Virtuosi” ovvero “Comprare di più”
  3. Affidarsi a chi ne sa più di Te

E lo hanno fatto. Hanno seguito “le regole”, anche quando…sarebbe stato più tranquillizzante per loro chiudere tutto, quando l’emotività stava per prendere il sopravvento, quando vedevano la volatilità far ballare, a volte di tanto, il loro capitale.

Il traguardo

Ora però siamo nel loro appartamento a festeggiare. Si festeggia la partenza di Francesco: va in America a studiare. Diventerà medico. E mentre addento un tramezzino al tonno e carciofini penso che una piccola parte del viaggio di Francesco è anche un po’ merito mio, o meglio, è frutto dei comportamenti che hanno seguito Andrea e Laura. Quando alla fine li saluto Andrea, nello stringermi la mano mi sussurra un: “Grazie”. E mi riempio di soddisfazione per aver fatto bene il mio lavoro. Vado giù per le scale, l’agenda del telefono mi ricorda che tra 15 minuti ho appuntamento con Sandro. Si parlerà di previdenza.

 

America

 

E mentre faccio mente locale addento un altro tramezzino…eh che volete: Laura ha insistito tanto!

 

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