Economia

Veneto Banca, a giudizio ex AD Consoli e gli ex vertici

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Gli ex vertici di Veneto Banca andranno a processo. Dietro “l’operazione straordinaria di aumento del capitale sociale”, nelle comunicazioni “sull’ammontare del patrimonio di vigilanza” nonché nelle informative periodiche al pubblico, i dirigenti, tra cui l’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli, avrebbero infatti commesso i reati di ostacolo alla funzione di vigilanza e aggiotaggio.

La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio anche per l’ex presidente Flavio Trinca e per altri nove tra amministratori e manager con vari titoli: le ipotesi sono quelle di aver svolto presunte irregolarità nella gestione della banca tra il 2012 ed il 2014. Il reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità pubbliche di vigilanza viene contestato dai pm Maria Sabina Calabretta e Stefano Pesci.

Tra gli indagati figurano inoltre Stefano Bertolo, responsabile della direzione centrale amministrazione dal 2008 al 2014, Flavio Marcolin, ex responsabile degli affari societari e legali, Pietro D’Aguì, un lungo periodo al vertice di Banca Intermobiliare, Gianclaudio Giovannone, titolare della Mava SS, Mosè Fagiani, responsabile commerciale dal 2010 al dicembre 2014, e Massimo Lembo, all’epoca capo della Direzione Compliance.

Anni di mala gestione ai limiti della truffa hanno portato sul lastrico Pop Vicenza e Veneto Banca, tanto da richiedere l’intervento dei privati (Intesa Sanpaolo) e dello Stato (che dovrà sborsare fino a 17 miliardi di euro) per impedirne il fallimento e salvaguardare i correntisti, i risparmiatori e gli obbligazionisti di bond senior. A pagare saranno quindi azionisti, obbligazionisti di titoli meno sicuri e i contribuenti.

Il Tesoro offre a Pop Vicenza e Veneto Banca aiuti per almeno 5,2 miliardi di euro e garanzie sui prestiti da 12 miliardi. Si tratta di una somma ingente. Il premier Paolo Gentiloni ha affermato che l’intervento era assolutamente necessario per evitare il dilagare del panico. Una simile affermazione, come sottolinea oggi Alfonso Gianni sul Manifesto, “contraddice clamorosamente tutte quelle precedenti sulla solidità del sistema bancario italiano”.

In una sorta di liquidazione ‘accompagnata’, Intesa Sanpaolo, la prima banca per capitalizzazione d’Italia, ingloberà le parti ‘sane’ delle due banche regionali alla somma simbolica di un euro mentre il governo si occuperà di smaltire le parti ‘tossiche’. Anche in Spagna Santander aveva salvato dal fallimento Banco Popular sborsando un euro ma a differenza fondamentale è che in quel caso l’istituto in crisi patrimoniale è stato rilevato in toto, compresa la parte a rischio, con l’idea di varare un aumento di capitale da 7 miliardi.

A essere salvati con i soldi di tutti sono dunque i detentori di bond senior. Un’analisti di Bloomberg rivela come non si tratta di poveretti che avrebbero perso i risparmi di una vita: i detentori di obbligazioni bancarie nel 2014 avevano un patrimonio superiore al doppio di quello dell’italiano medio. Allora, si chiede Il Manifesto, “era proprio necessario intervenire al posto dei detentori di bond senior?”