Mercati

Trump cambia tono: niente licenziamento per Powell e apertura sui dazi con la Cina

In una sorprendente inversione di marcia, il presidente Donald Trump ha annunciato che non intende licenziare Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, dopo mesi di critiche e pressioni pubbliche per una politica monetaria più accomodante. Un cambio di tono che arriva proprio mentre si aprono spiragli di distensione anche sul fronte del commercio con la Cina.

Il passo indietro sulla FED

Fino a pochi giorni fa, la posizione dell’inquilino della Casa Bianca era ben diversa. Solo la scorsa settimana, Trump aveva dichiarato in merito a Powell: “Se voglio che se ne vada, se ne andrà molto in fretta”, alimentando timori concreti su una possibile rottura istituzionale senza precedenti. Inoltre, lunedì aveva sferrato uno dei suoi attacchi più duri, definendo Powell un “grande perdente” e sollecitando un taglio immediato dei tassi d’interesse.

Anche Kevin Hassett, consigliere economico della Casa Bianca, aveva confermato venerdì che Trump e i suoi collaboratori stavano valutando attivamente la possibilità di rimuovere Powell dal suo incarico. Il presidente della Fed, nominato proprio da Trump durante il suo primo mandato, è previsto resti in carica fino a maggio 2026. Tuttavia, Powell ha sempre ribadito che il presidente non ha, secondo la legge, il potere di licenziarlo.

Il clima teso ha avuto riflessi anche sui mercati: le borse statunitensi avevano chiuso in netto ribasso lunedì, in parte a causa dei timori legati a un possibile scontro istituzionale. Tuttavia, martedì pomeriggio, dopo aver partecipato alla cerimonia di insediamento di Paul Atkins come presidente della U.S. Securities and Exchange Commission, Trump ha corretto il tiro:

La stampa esaspera tutto”, ha detto ai giornalisti. “No, non ho intenzione di licenziarlo“. E ha poi aggiunto: “Vorrei solo che fosse un po’ più attivo nel voler abbassare i tassi d’interesse. Questo è un momento perfetto per farlo”.

Schiarite anche nelle relazioni con la Cina

Ma le sorprese non finiscono qui. Parallelamente, sul fronte internazionale, Trump ha lasciato intendere un ammorbidimento della sua linea verso la Cina, dichiarando che le tariffe imposte a Pechino potrebbero essere “significativamente” ridotte nel quadro delle trattative commerciali in corso.  Un messaggio rafforzato martedì anche dal Segretario del Tesoro, Scott Bessent.

Secondo la Cnbc, che cita una fonte presente a un vertice privato a Washington organizzato da JPMorgan Chase, Bessent avrebbe dichiarato di aspettarsi una “de-escalation molto prossima” nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.

“Nessuno pensa che l’attuale status quo sia sostenibile con le tariffe ai livelli attuali”.

Immediata la reazione di Pechino, che ha fatto sapere che le porte sono “spalancate” ai colloqui con Washington. “Se dobbiamo combattere, andremo fino in fondo, ma le porte del dialogo restano spalancate”, ha affermato Guo Jiakun, portavoce del ministero degli Esteri cinese, durante una conferenza stampa

In un momento di incertezza globale, il doppio segnale lanciato da Trump – stabilità interna con la Fed e apertura diplomatica con Pechino – sembra voler riportare calma e fiducia sui mercati finanziari. Resta da vedere se alle parole seguiranno azioni concrete, ma per ora le Borse approvano. Dopo il rimbalzo di ieri di Wall Street, anche le Borse europee hanno aperto la seduta di slancio.  Nelle prime battute, in progresso dell’1,1% il Ftse Mib di Milano, come il Dax di Francoforte (+2,15%), il Cac di Parigi (+1,5%), l’Ibex di Madrid (+1,2%) e il Ftse 100 di Londra (+1,15%).

Commentando gli ultimi sviluppi, Mark Haefele, Chief Investment Officer di UBS Global Wealth Management, ha messo in evidenza in una nota che il tono più conciliatorio della Casa Bianca nei confronti dei negoziati commerciali riflette la convinzione che si possa evitare uno scenario negativo legato ai dazi.  Lo scenario di base prevede che il tasso effettivo dei dazi statunitensi, esclusi quelli verso la Cina, si collochi nella fascia 10-15%, con Canada e Messico che resteranno perlopiù esenti.

Sebbene le evoluzioni nei negoziati commerciali continuino a comportare un rischio elevato di volatilità, Haefele si è detto convinto che segnali recenti suggeriscono un approccio più costruttivo alla risoluzione delle controversie. Anche se la volatilità è destinata a perdurare fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza sui dazi, le azioni statunitensi sono attese in rialzo entro la fine dell’anno. Nel frattempo, l’oro, i bond di qualità e gli hedge fund vengono ancora considerati strumenti interessanti per gestire le oscillazioni di mercato nel breve periodo.