Economia

Tecnologie: tempi corti, scienza e troppe emozioni

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Tecnologie: tempi corti, scienza e troppe emozioni

di Paolo Legrenzi

La vicenda della recente scarsità di circuiti integrati è illuminante delle conseguenze dell’interazione di due errori nei modi di vedere il mondo.
Primo: la sottovalutazione della forza di innovazione della scienza.
Secondo: i tempi corti presi in considerazione nel dare giudizi, come avviene nel campo degli investimenti soprattutto nei momenti di crisi.

Quando scoppiò la pandemia e cominciammo a renderci conto delle sue conseguenze, molte aziende e organizzazioni cominciarono a valutare i nuovi modi di vita e i loro effetti nel campo dei consumi dei beni durevoli. Per esempio, affrontarono un crollo improvviso degli ordini dato che moltitudini di persone lavoravano e passavano il tempo libero a casa.

Di conseguenza si servivano meno dei mezzi di trasporto e le case produttrici ridussero gli ordini ai fornitori per fabbricarne di meno e non trovarsi con eccessivi stock di vetture invendute nei magazzini. Si domandarono: quanto durerà questa pandemia? Nessuno lo sapeva quando sarebbe stato trovato il vaccino: i più si regolavano sui tempi che si erano avuti nelle pandemie del passato.
Invece ci volle meno di un anno perché si capitalizzò sugli studi che avvenivano da decenni a insaputa del grande pubblico (che ha continuato talvolta a considerare il vaccino “sperimentale” ignorando il significato scientifico di questo termine).

E siccome la scienza non ha confini, furono i figli di due immigrati turchi in Germania a scoprire il vaccino che è stato inoculato alla maggior parte degli italiani. Qui abbiamo avuto il primo ostacolo: le società produttrici per prudenza hanno sottostimato il tempo della ripresa. Quando la ripresa è giunta prima del previsto, e con più forza di quella immaginata, le scorte di materie prime, per esempio il rame impiegato nella transizione ecologica, e quelle di componenti scarseggiavano entrambe.

Ecco la prima lezione di questa storia: cercare di traguardare i fenomeni sui tempi lunghi, cogliere i cambiamenti strutturali, e non farsi prendere dall’emotività dei tempi corti. Nella trappola dei tempi corti sono cadute non solo molte aziende ma anche gli esperti di investimenti e, soprattutto, i singoli risparmiatori/investitori. Ci si sarebbe potuti aspettare che le persone chiuse in casa avrebbero potuto minimamente riflettere sulle conseguenze dei cambiamenti nei diffusi modi di vita.

Nel mio piccolo (sempre scettico delle previsioni a breve e medio termine), un anno e mezzo fa avevo pubblicamente avvisato in un blog e, da tempi ben precedenti alla crisi, nelle mie lezioni GAM, avevo suggerito sempre la stessa scelta: comprare il Nasdaq. La supremazia dell’intangibile è un trend lungo che si è solo accelerato con la pandemia: non era poi così difficile da immaginare che i più, costretti in casa, avrebbero ordinato le apparecchiature e le connessioni mancanti o deficitarie visto che servivano ai figli per continuare gli studi, ai genitori per lavorare, e a entrambi per il tempo libero.

Anche l’immateriale ha bisogno di una base materiale, il sistema computer-rete non è fatto di puro spirito. Per esempio, l’intangibile digitale si avvale del supporto di circuiti integrati. La crescita in Borsa del valore delle poche case produttrici dei beni e dei servizi per far funzionare tale sistema era prevedibile perché la tecnologia digitale è un ambito dove è sempre stato facile riversare sui clienti finali l’aumento dei prezzi.

Per questo le società dell’immateriale e quelle del lusso, che creano oggetti tangibili ma valori immateriali, sono quelle che meno risentiranno dell’inflazione crescente proprio perché agiscono in un ambito dove il valore prevale sui prezzi il cui aumento è accettato, tollerato, o addirittura non percepito dai clienti finali. Ecco un altro curioso paradosso: le persone così impaurite sui tempi corti non hanno colto le conseguenze del cambiamento dei loro stessi modi di vita.
Un caso di cecità interessante: il visibile era invisibile perché ci si era troppo in mezzo. (Ricordate la vecchia freddura del pesce anziano che chiede ai giovani: “Oggi com’è l’acqua?”. E loro perplessi: “Che cosa è l’acqua?”).

Da allora il Nasdaq è salito del 40%, ed è salito anche l’indice generale S&P 500 perché le aziende tecnologiche hanno progressivamente assunto un gran peso al suo interno (cinque aziende dello stesso comparto pesano per un quarto dell’indice: mai successo prima!).
Per ironia della sorte venne tralasciato un altro pilastro della saggezza, e non solo di quella economica visto che è saggio appoggiarsi su di esso in molte vicende della vita se non vogliamo diventare vulnerabili: la diversificazione. Solo gli esperti del settore, almeno all’inizio della crisi pandemica, si erano accorti che i circuiti integrati più preziosi, quelli la cui dimensione è pari o inferiore a 5nm, venivano prodotti nel mondo solo da due case.

Delle due l’una, TSMC, aveva quasi il monopolio visto che produceva più di quattro quinti di questi preziosi e indispensabili micro-circuiti. Sono fabbriche sofisticate e produzioni non facili da potenziare in breve tempo come, per esempio, quelle tessili. Ricordo che nel dopo guerra mio padre, e tanti altri fabbricanti, erano a caccia di telai: ma molti li producevano nel mondo ed era facile riuscire a rispondere alla domanda di tessuti di lana per rivestire gli europei usciti da guerre che avevano depauperato anche i civili in modi mai visti in precedenza.

I risparmiatori/investitori italiani sono quelli che più hanno sofferto di queste deviazioni sistematiche nei pensieri e di questi eccessi di emozioni innescati dal timore di perdite e che, quindi, meno hanno approfittato della rivoluzione in corso. La tendenza a non vedere i “punti di non ritorno”, la scissione tra paure e pericoli, e l’assenza di diversificazione negli investimenti, sono mali antichi.

Ma sono diventati molto più dannosi quando i più non sono riusciti a cogliere la natura di questo mondo nuovo. Le persone erano sì immerse in questa nuova realtà, ma la vedevano con occhi antichi. Purtroppo è sempre successo nei momenti di pervasivo e profondo cambiamento.

Si pensi al film The New World di Terrence Malick, che narra i rapporti tra i marinai della Gran Bretagna e i nativi dei futuri Stati Uniti dopo che i primi inglesi erano appena approdati. O anche, per restare nei pressi di casa nostra, al film Nuovo mondo di Emanuele Crialese, dove il sogno dell’America è immaginato con le categorie impiegate nella vita quotidiana dai contadini provenienti nel secolo scorso dalla Sicilia. Vino vecchio in botti nuove: la combinazione più micidiale perché l’abitudine al gusto del vino nasconde la forma nuova delle botti.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia.