Economia

Stretta npl, Ue sfida la Bce: “rimanga nei suoi limiti”

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ROMA (WSI) – Tesi i rapporti all’interno dell’Unione europea tra la Bce da una parte e Commissione e parlamento dall’altra. Oggetto del contendere la proposta della vigilanza della banca centrale guidata da Daniele Nouy sul nuovo sistema di calcolo delle sofferenze bancarie.

“Sono fiducioso che ogni azione della vigilanza terrà conto dei feedback che ha ricevuto, e che resterà all’interno delle competenze legali della Bce”.

Così il premier lettone Valdis Dombrovskis, numero due della Commissione in merito ai nuovi requisiti di copertura dei crediti deteriorati decisi da Francoforte che prevedono piena copertura in due anni ai crediti non garantiti, in sette a quelli garantiti. L’Italia è preoccupata visto che si tratti di tempi molto lunghi e il presidente del Parlamento Ue, l’italiano Antonio Tajani la scorsa settimana aveva chiesto a Draghi di non eccedere i limiti del suo mandato. Ma a decidere tale proposta non è stato Draghi, bensì la Nouy a capo della vigilanza Bce che da 3 anni è un’entità staccata dalla stessa banca centrale, anche se le loro opinioni, come ovvio che sia, convergono.

Il problema per l’Italia è che non si conosce il destino di 200 miliardi di crediti arretrati che pesano sui bilanci delle banche e per ora Francoforte rinvia qualsiasi decisione a marzo 2018. E se la Bce tenta di rassicurare gli animi affermando, tramite il membro del board Yves Mersch, che tali misure non sono rivolte ad uno solo paese – “intenzione non è limitare la capacità di credito ma avere un sistema bancario sano” – un rapporto pubblicato ieri dalla stessa Bce lancia un allarme sulla redditività delle grandi banche sistemiche europee.

Nello studio “On zombie firms and stressed banks in Europe”  la Bce afferma che le imprese zombie dell’area euro legate a banche deboli nei paesi periferici aumentano ulteriormente il loro indebitamento, smontando così la convinzione, come sottolinea un articolo de La Stampa, che il rafforzamento patrimoniale delle banche provochi di per sé un calo dell’offerta di credito. L’esempio fra tutte Unicredit il cui giudizio è basato sul bilancio 2016, prima dell’aumento di capitale da 13 miliardi.