Società

Renzi: “ci sono due Italie: una che ci prova e una che si lamenta solo”

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ROMA (WSI) – In poche ore il premier Matteo Renzi, in visita in Giappone, ha lanciato diversi messaggi all’Italia e agli italiani. Lo ha fatto ieri – dicendo basta piagnistei sul Sud – i sindaci lavorino di più -, ed è tornato a farlo oggi.

“Le polemiche quotidiane della minoranza, che è una parte della minoranza di un anno fa non hanno impedito di approvare le riforme. Il parlamento sta lavorando come mai dal ’48. Basta vedere dove stavamo un anno fa, con l’economia in discesa, e dove siamo ora”.

Ancora: “Ci sono due Italie: una che ci prova e una che si lamenta solo. Certo c’è tanto da cambiare al sud come al nord, ci sono tanti problemi ma c’è tanto che funziona. E a me pagano per provarci”.

Il Sud, ha precisato il presidente del Consiglio “è l’accordo su Carinaro, Reggio Calabria dove abbiamo convinto Hitachi a tenere aperto lo stabilimento, l’Ilva con il decreto per ripartire”.

“Il mio non è uno sfogo ma un richiamo alla realtà: intorno a me ci sono i migliori con qualità e risultati sotto gli occhi di tutti, alla faccia del cerchio stretto dei soliti noti e nomine appartenenti al club dei renziani inventati tra Scandicci e Pontassieve, come dicono per sostenere che nomino solo i miei”.

Botta e risposta sul sud tra Renzi e lo scrittore Roberto Saviano: dopo aver scritto una lettera a Renzi e dopo il “basta ai piagnistei” del premier, Saviano ha scritto su Twitter: “Mi addolora che raccontare la tragica situazione del sud Italia sia così facilmente definito ‘piagnisteo'”. E poi, con un post su Facebook: “Mi addolora molto che sia definito ‘piagnisteo’ ricordare che al Sud il numero degli occupati è al livello più basso dal 1977, la natalità ai minimi storici dai tempi dell’unità d’italia. I meridionali fuggono al Nord e all’estero, i migranti stranieri che arrivano sulle nostre coste mirano a trasferirsi in altri paesi. Il tutto nella totale assenza di progetti e investimenti. Questo è un urlo di dolore, non un piagnisteo che sembra invece somigliare di più alla cantilena del ‘va tutto bene'”.

Ieri, dal Giappone, Renzi aveva detto senza mezzi termini: “Sul Sud basta piagnistei: rimbocchiamoci le maniche. L’Italia, lo dicono i dati, è ripartita. E’ vero che il Sud cresce di meno e sicuramente il governo deve fare di più ma basta piangersi addosso”, ha detto parlando alla comunità italiana in Giappone, dalla residenza dell’ambasciatore a Tokyo: “Io e Abe (Shinzo Abe, il premier giapponese) siamo colleghi e anche lui è impegnato in una riforma costituzionale. Certo lui è più fortunato perché ha solo due passaggi, ma noi andremo fino in fondo e faremo il referendum in cui i cittadini diranno sì o no”.

“Sono due milioni e settecentomila i giapponesi che vengono in visita in Italia. Chi fa un viaggio di diecimila chilometri deve essere accolto con la massima attenzione e quindi dobbiamo mettere a posto di più le nostre città”.

L’appello ai sindaci affinché “lavorino di più” e la precisazione: “Mercoledì, al massimo giovedì, approviamo la riforma della P.a”.

Poi intervenendo all’università di Belle Arti di Tokyo, ha aggiunto: “Mai come nella fase storica che stiamo vivendo c’è bisogno di riscoprire dentro la nostra cultura il senso di quello che siamo e che stiamo vivendo”.

“Sia Italia che Giappone hanno una storia culturale così grande, così importante che mette quasi i brividi, che fa venire le vertigini. Vorrei sfidare la mia gente, il mio Paese e me stesso nel sottolineare che in Italia come in Giappone la cultura non è soltanto passato”.

“Leonardo da Vinci diceva: ‘tristo è quel discepolo che non sorpassa il suo maestro’. E’ la storia della pittura italiana, Cimabue e Giotto per esempio. E’ un momento anche difficile di passaggio, ma è la spinta del cuore dell’artista quella a fare meglio di chi ti ha insegnato. Vorrei dire agli studenti che noi contiamo molto su questa capacità della nuova generazione di considerare la cultura non solo materia di studio ma come qualcosa da far vivere”.

Intanto in Italia il presidente del Pd Matteo Orfini su Twitter scriveva: “Che alcuni senatori del mio partito minaccino il ‘vietnam parlamentare’ contro il nostro governo a me pare incredibile. Ma forse sono strano io”.

Nel fine settimana la Corte dei Conti, che già aveva lanciato un allarme sulle risorse delle Province, ha parlato della situazione in cui versano i Comuni italiani, caratterizzata da aumenti tasse e tagli.

Nell’ultimo triennio c’è stato un “incremento progressivo della pressione fiscale” comunale, passata dai 505,5 euro 2011 ai 618,4 euro pro capite 2014.

Nella relazione sulla finanza locale, la Corte dei Conti ha sottolineato: “I livelli massimi di riscossione tributaria” si registrano nei Comuni con più di 250mila abitanti, dove arriva a 881,94 euro a testa.

Due i fenomeni alla base dell’aumento delle entrate: “il deterioramento del quadro economico, con effetti penalizzanti soprattutto sul gettito risultante dalle più ridotte basi imponibili” e le “numerose manovre di risanamento della finanza pubblica, i cui effetti prodotti dal disorganico e talvolta convulso succedersi di interventi sulle fonti di finanziamento degli enti locali hanno determinato forti incertezze nella gestione dei bilanci e nella formulazione delle politiche tributarie territoriali”.

A rimetterci, sono sempre i cittadini, in particolare quelli che vivono nei Comuni più grandi, da un lato, e nei Comuni piccoli o piccolissimi, sotto i duemila abitanti. I comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti complessivamente sono dodici (e da soli rappresentano il 23% della spesa complessiva dei comuni italiani). Nei Comuni tra 60mila e 249mila abitanti la riscossione procapite si attesta a 649,69 euro.

Seguono i Comuni della fascia più bassa (da 1 a 1999 abitanti) con 628 euro per abitante, dato “indicativo di come il livello penalizzante della pressione fiscale nei piccoli centri sconti le differenze di base imponibile (e quindi la minore capacità fiscale) che, a fronte delle più che incisive misure correttive sui livelli di disponibilità finanziarie indispensabili a garantire servizi essenziali, hanno determinato una ‘rincorsa’ all’esercizio del massimo sforzo fiscale”.

“Gli anni 2012 e 2014 segnano, in generale, livelli molto elevati di incassi da tributi, con punte particolarmente accentuate nelle Isole, dove il livello raggiunto nel 2014 risulta quasi doppio rispetto al 2011, con un incremento del 93,62%”.

Inoltre, lancia l’allarme la Corte dei Conti, tra il 2010 e il 2014, i Comuni hanno subito tagli per circa “8 miliardi”, compensati da “aumenti molto accentuati” delle tasse locali “per conservare l’equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo”.