Economia

Redditometro non verrà abolito: cosa cambia e come

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Il redditometro non viola la privacy. A stabilirlo la Corte di Cassazione rigettando così il ricorso presentato da un contribuente napoletano che si era rivolto al tribunale per chiedere che gli venisse riconosciuta la gravità dei pregiudizi e dei danni della privacy che potevano derivare dall’applicazione delle regole relative al redditometro.

In primo grado i giudici gli hanno dato ragione ordinando all’Agenzia delle Entrate  “di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati”, nonché di “cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente“. Poi il giudizio è arrivato fino alla Cassazione che ha rovesciato la sentenza di primo grado. Come si legge nell’ordinanza degli Ermellini:

“I diritti previsti dall’articolo 7 del codice della privacy, concernono il trattamento illegittimo di dati specificamente individuati e non genericamente il trattamento di tutti i dati riguardanti un interessato e indistintamente indicati.  Altrimenti ‘iniziativa si tradurrebbe in una non consentita opposizione da parte del contribuente all’azione di accertamento dell’Amministrazione, fondata su disposizioni di legge, così da impedire all’Amministrazione di esercitare le potestà ad essa attribuite dalla legge”.

Il redditometro, strumento di lotta all’evasione fiscale che serve  a capire, incrociando una serie di dati , se si è acquistato beni quali case, auto, barche, gioielli ecc per un valore superiore di oltre il 20% rispetto alle proprie possibilità, da cui scatta l’allarme. Sul redditometro il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva parlato di una sua abolizione ora invece si scopre nel recente decreto dignità che più che abolirlo, il redditometro viene modificato.

Cosa significa? Nel decreto dignità sono introdotte una serie di misure tese alla semplificazione fiscale, tra cui proprio quella riguardante il redditometro per cui si prevede una modifica mediante l’introduzione di una disposizione secondo cui il decreto ministeriale attualmente vigente, che elenca gli elementi indicativi di capacità contributiva (Dm 16 settembre 2015), non ha più effetto per i controlli ancora da eseguire relativi al 2016 e agli anni successivi. Inoltre, si legge ancora, si stabilisce l’adozione da parte del Mef di un nuovo decreto in materia, dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori. Non resta che attendere tale decreto per capire come cambierà.