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Mentre il quadro macroeconomico e geopolitico a livello globale si fa sempre più incandescente, con la guerra in Ucraina e Medioriente prima, ancora irrisolte, e ora l’annuncio dei dazi di Donal Trump che ha mandato in tilt i mercati, l’Italia è sotto esame.
Si attende in serata difatti la pagella di Fitch Ratings che darà il via al giro di giudizi delle varie agenzie sull’economia tricolore. S&P Global Ratings si esprimerà l’11 aprile, il 18 aprile sarà il turno di Dbrs e il 23 maggio chiuderanno Scope Ratings e Moody’s.
Cosa aspettarsi da questa nuova tornata di valutazioni?
Il giudizio di S&P sul rating dell’Italia: le previsioni
Nel suo ultimo giudizio, Fitch aveva alzato l’outlook dell’Italia a positivo, e a ruota avevano intrapreso la medesima strada le altre agenzie: S&P aveva mantenuto la tripla B e le prospettive stabili, Dbrs aveva confermato il rating BBB alzando il trend da stabile a positivo.
E ora? Non avendo la palla di cristallo possiamo fare delle supposizioni. Partendo in primis dalla situazione politica interna. Le agenzie di rating guardano con un certo favore alla stabilità del governo di Giorgia Meloni, il quinto esecutivo più longevo dal 1946. Questo è un punto apprezzato dalle agenzie di rating, che spesso penalizzano l’instabilità politica nei loro giudizi.
Guardando da vicino i dati, la crescita del PIL nel 2024 si attesta a +0,7%, sotto l’obiettivo del governo dell’1%. Sebbene non catastrofica, si segnala una certa debolezza della ripresa. Inoltre, il Fondo Monetario Internazionale, nell’aggiornamento del World Economic Outlook di gennaio, ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Italia dallo 0,8% allo 0,7% nel 2025, ma ha alzato quelle per l’anno prossimo dallo 0,7% allo 0,9%. Per dire in altre parole, l’Italia si trova in una situazione di equilibrio precario: non è in crisi, ma nemmeno in piena salute.
Venendo alle note dolenti, le agenzie di rating pongono particolare attenzione alla questione debito. “Abbiamo un outlook positivo per l’Italia, ma una delle sensibilità negative che abbiamo è un potenziale cambiamento nella nostra valutazione del trend del debito”, ha dichiarato Federico Barriga-Salazar, senior director di Fitch.
Il debito/Pil italiano è attualmente destinato a salire a quasi il 138% nel 2026 e sembrerebbe a causa dell’effetto ritardato dei cosiddetti “superbonus”, prima di diminuire costantemente a partire dal 2027. E considerando il piano di riarmo intrapreso dalla Commissione europea, il debito sembra destinato a salite. Calcoli alla mano, secondo Scope Ratings, l’aumento della spesa per la difesa in tutta l’Ue porterà un rialzo del debito pubblico fino a circa il 145% entro il 2029. Il mese scorso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato di essere contrario all’aumento del debito pubblico, mentre la premier Giorgia Meloni ha sottolineato l’importanza di tenere sotto controllo il debito.
I giudizi precedenti delle agenzie di rating sull’Italia
Non si prevedono comunque sorprese eclatanti dalle pagelle delle agenzie di rating. Lo scorso autunno, i giudizi erano stati in linea generale positivi. Fitch aveva confermato il rating ‘BBB’ e alzato l’outlook da ‘stabile’ a ‘positivo’, “spiegando che il recente rafforzamento dei risultati di bilancio e l’impegno a rispettare le regole di bilancio dell’Unione europea indicano una potenziale riduzione dei rischi di bilancio e di finanziamento a medio termine derivanti dai livelli eccezionalmente elevati del debito italiano”.
Sulla stessa lunghezza d’onda S&P che aveva confermato il rating dell’Italia a ‘BBB’ con outlook stabile, sottolineando all’epoca che “le prospettive di crescita del Pil italiano sono rosee”. A rimanere inerte era stata Moody’s che non aveva preso decisioni sull’economia italiana perché non aveva completato la revisione del suo giudizio.
Sicuramente il quadro economico è parecchio cambiato rispetto a qualche mese. L’avvio dell’amministrazione Trump e l’annuncio dei dazi globali pesano molto sulle prospettive finanziarie e avranno effetti significativi sull’economia europea e italiana, specie in termini di esportazioni e relazioni commerciali.