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Prodi, doccia fredda dalla Cina. Censurato un suo articolo

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ROMA (WSI) – Dagli «amici» cinesi Romano Prodi non si aspettava di essere censurato. È dal 1982, quando fu nominato presidente dell’Iri – il maggiore ente di controllo pubblico di imprese italiane negli anni delle Partecipazioni Statali – che con la Cina del dopo Deng Xiaoping ha rapporti stretti. Secondo i critici sin troppo. Sul Quotidiano del Popolo ha scritto più volte e mai era successo che un suo articolo fosse modificato o tagliato.

Ora, invece, un pezzo scritto con attenzione e con toni prudenti «è stato massacrato», ha raccontato ieri Alberto Forchielli, nel corso di un convegno sulla Cina organizzato a Milano da Osservatorio Asia (del quale è presidente). Forchielli – che è anche amministratore delegato di Mandarin Capital Partners, un fondo di investimenti – è amico e collaboratore di Prodi da anni: vive in Cina ed è a conoscenza delle relazioni dell’ex presidente del Consiglio italiano con le autorità di Pechino.

Dice che l’articolo era stato chiesto dal Quotidiano del Popolo e che «è stato completamente censurato» nelle parti in cui «auspicava una maggiore integrazione tra Stati Uniti, Europa e Cina su temi come l’energia, l’ambiente, il commercio: è stato tolto tutto ciò che riguardava Stati Uniti ed Europa».

Forchielli attribuisce la vicenda a una sempre maggiore «arroganza» dei funzionari cinesi: qualcosa che cresce via via che il Paese diventa più forte in economia e nei rapporti diplomatici e via via che abbandona, come ha teorizzato il presidente Xi Jinping, la strada indicata da Deng di tenere un basso profilo mentre la Cina si fa i muscoli economici.

Forchielli – che è uno dei maggiori blogger stranieri in Cina, sul portale Caixin – ha detto che anche il suo blog viene regolarmente censurato. Il convegno dell’Osservatorio Asia ha analizzato le prospettive cinesi dopo la riunione del Terzo Plenum del Comitato centrale finito due giorni fa.

Deludenti, è stato detto da molti. Martin Jacques, autore di un libro su “Quando la Cina dominerà il mondo”, ha però spiegato che a Pechino le riforme non arrivano mai con un Big Bang ma prima sono testate per vedere se funzionano, solo dopo diventano legge.

Gao Jian – uno dei maggiori banchieri cinesi, rango di vice ministro – ha sostenuto che le riforme e l’urbanizzazione dei prossimi anni consentiranno alla Cina di crescere dell’8% l’anno per l’intero decennio a venire.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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